Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 14-11-2011, n. 824

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il ricorso introduttivo l’odierno appellato, premesso di appartenere al Corpo della Guardia di Finanza, adiva il T.A.R. di Palermo onde vedersi riconosciuto il diritto a percepire il corrispettivo per l’attività prestata a titolo di lavoro straordinario, non previamente autorizzata ed oltre il limite per il quale sussisteva la necessaria copertura finanziaria (c.d. monte ore), con particolare riguardo al periodo novembre 2003 – maggio 2004.

2. Con la sentenza gravata, l’adito Tribunale accoglieva il ricorso, condannando l’Amministrazione al pagamento del compenso per le prestazioni straordinarie svolte dal ricorrente nel periodo sopraindicato.

3. La sentenza è stata impugnata dall’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze e dal Comando Generale della Guardia di Finanza, i quali ne hanno chiesto l’integrale riforma, previa sospensione dell’esecutività, deducendo un unico motivo di appello.

4. L’appellato si è costituito in giudizio per resistere all’appello ed ha controdedotto.

Le parti hanno depositato memoria.

Con ordinanza n. 1046/2010, la domanda cautelare è stata accolta.

Alla pubblica udienza dell’8 giugno 2011, il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.

Motivi della decisione

1. L’appello è fondato e va pertanto accolto, con integrale riforma della gravata sentenza.

Come chiarito in premessa, con la sentenza impugnata il T.A.R. Palermo ha condannato l’Amministrazione finanziaria al pagamento delle prestazioni straordinarie svolte – in eccedenza rispetto al monte ore prefissato e senza specifica autorizzazione – dall’originario ricorrente, appartenente al Corpo della Guardia di Finanza.

A sostegno della propria decisione, in contrasto consapevole con la prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato, il Tribunale ha rilevato:

a) che gli effetti della eventuale mancanza della autorizzazione preventiva non possono ricadere sul personale militare;

b) che la concessione di un riposo compensativo in alternativa al pagamento ha senso solo se attuata in prossimità della prestazione lavorativa;

c) che in ogni caso il decorso di anni dalla prestazione straordinaria stessa consolida il diritto dell’istante al pagamento del compenso in denaro.

2. Come efficacemente dedotto dall’Amministrazione, con l’unico motivo d’appello, le argomentazioni sopra riportate non sono condivisibili e contrastano irrimediabilmente con la giurisprudenza di questo Consiglio di Giustizia (cfr., tra le altre, sentenze nn. 930 e 937 del 2007, e, da ultimo, nn. 439, 440, 495, 496 e 497 del 2011) e del Consiglio di Stato (cfr. fra le tante sez. IV, nn. 2170 e 2173 del 2008), come ampiamente consolidatasi dopo iniziali oscillazioni.

Sulla scorta di tale indirizzo giurisprudenziale, dal quale questo Collegio continua a ritenere di non doversi discostare, deve escludersi che l’Amministrazione sia di norma tenuta a pagare le ore di lavoro straordinario prestate in eccedenza al limite massimo previsto dal monte ore autorizzato e senza che risulti comprovata l’effettiva autorizzazione preventiva a svolgere il lavoro extra orario: per questo genere di prestazioni eccedenti, infatti, il militare ha solo il diritto a fruire di corrispondenti riposi compensativi.

3. Come è noto, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, la circostanza che il dipendente abbia effettuato prestazioni eccedenti l’orario d’obbligo, non è da sola sufficiente a radicare il suo diritto alla relativa retribuzione, in quanto la retribuibilità del lavoro straordinario è, in via di principio, condizionata all’esistenza di una formale autorizzazione allo svolgimento di prestazioni di lavoro eccedenti l’ordinario orario di lavoro: detta autorizzazione svolge, infatti, una pluralità di funzioni, tutte riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento cui, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, deve essere improntata l’azione della pubblica Amministrazione, oltre che del principio di tutela delle pubbliche finanze e di copertura della spesa.

Come chiarito dalla giurisprudenza, tali principi devono trovare applicazione, pur nel quadro di opportuni bilanciamenti, anche per il rapporto di pubblico impiego dei militari.

Se è vero, infatti, che il particolare status di questi ultimi non solo non consente loro, in via generale, di contestare l’organizzazione degli uffici e dei servizi cui sono addetti e le concrete modalità di svolgimento delle loro prestazioni, ma in sostanza li obbliga all’effettiva e completa prestazione lavorativa loro ordinata, non può però ammettersi che mediante gli ordini di servizio (vale a dire quei peculiari provvedimenti dell’Amministrazione militare attraverso i quali viene, anche quotidianamente, organizzato il lavoro d’ufficio, fissando le puntuali modalità di esecuzione) siano di fatto frustrate le finalità di garanzia del buon andamento dell’Amministrazione (come sopra delineate, che interessano necessariamente anche l’Amministrazione militare) e di contenimento e controllo della spesa pubblica, cui indubbiamente risponde il provvedimento di previa autorizzazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 602 del 2007).

Ciò non significa, naturalmente, che il militare – tenuto in base ad ordine a prestare servizio straordinario pur avendo raggiunto il tetto orario prefissato – non abbia oggi diritto ad una reintegrazione; se, infatti, in tale ipotesi, per le ragioni anzidette, non può operare il sinallagma retributivo, la tutela dell’integrità psico-fisica del dipendente può essere assicurata dall’istituto del riposo compensativo, a cui però il militare deve accedere mediante apposita e tempestiva domanda, in modo dunque da poterne fruire in tempo utile, circostanza che nel caso di specie non risulta realizzatasi.

4. Del resto, proprio per la peculiarità dello status di militare e per l’esigenza di assicurare l’effettivo svolgimento di funzioni e compiti che non ammettono in alcun modo un’interruzione, l’Amministrazione appellante ha effettivamente provveduto a disciplinare l’ipotesi di prestazioni orarie aggiuntive non retribuite ed il relativo riposo compensativo (cfr. art. 44 del D.M. 30 novembre 1991 concernente "Nuovo regolamento di Servizio Interno della Guardia di Finanza", come modificato alla luce del D.P.R. n. 170/2007) prevedendo, in particolare, che per le prestazioni di lavoro straordinario non retribuibili in quanto eccedenti il monte ore finanziato il dipendente ha diritto a corrispondenti ore di riposo compensativo, di cui può fruire, previa apposita richiesta da formulare all’ufficio di appartenenza e secondo le esigenze di servizio, entro il 31 dicembre dell’anno successivo.

A ciò va aggiunto, per completezza di informazione, che in base all’art. 37, comma 7, del D.P.R. n. 51/2009 (recante il recepimento dell’accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento militare, relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007) le ore non recuperate mediante riposo compensativo devono essere retribuite se la relativa richiesta sia stata respinta dall’Amministrazione per esigenze di servizio, a conferma che, corroborando l’opzione interpretativa accolta dalla giurisprudenza di questo Consiglio, nel tempo sono sopravvenute, in via amministrativa, ulteriori e significative misure di tutela volte a garantire, nei limiti del possibile e nel rispetto del bilanciamento degli interessi coinvolti, una tutela comunque ripianatoria per le forze di polizia ad ordinamento militare impiegate in prestazioni aggiuntive non retribuite con compenso straordinario.

5. Alla stregua di tali considerazioni, l’appello, in definitiva, deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

Ritiene, altresì, il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possano essere assorbiti in quanto ininfluenti ed irrilevanti ai fini della decisione.

Sussistono tuttavia, in ragione anche delle richiamate iniziali oscillazioni giurisprudenziali, nonché della tipologia delle pretese e del loro riferimento a periodo oramai datato, giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto, riformando integralmente la sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Le spese e gli onorari dei due gradi di giudizio devono integralmente compensarsi tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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