Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-03-2012, n. 4511 Dazi doganali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alla s.r.l. SAVIO, l’AGENZIA delle DOGANE – premesso che il 4 febbraio 2005 il suo ufficio di Aosta aveva emesso nei confronti di detta società "avviso di pagamento … a titolo di accise dovute" ("per un importo complessivo di L.. recte, Euro: vedi sentenza impugnata e controricorso 260.657,23") avendo l’"Ufficio Tecnico di Finanza di Torino" accertato che la stessa aveva "immesso al consumo", "in … esenzione fiscale" ("usufruendo … dell’esenzione fiscale di cui alla L. n. 623 del 1949, mediante lo scarico, per un pari quantitativo, di un buono di prelevamento regionale "alcol per la trasformazione in liquori""), (a) "nell’anno 2003 … complessivi litri anidri 36.304,27, previa riduzione della gradazione alcolica a 95 mediante semplice diluizione di acqua" e, "nel periodo … dal 2001 al 2004", (b) "bevande alcoliche prodotte ed acquistate da altre ditte, italiane ed estere" -, in forza di tre motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 53/01/07 della Commissione Tributaria Regionale della Valle di Aosta (depositata il 19 febbraio 2008 notificata il 17 marzo 2008) che aveva respinto l’appello dell’Ufficio avverso la sfavorevole decisione (31/01/06) della Commissione Tributaria, provinciale di Aosta.

La società intimata instava per il rigetto del gravame e depositava (a ministero del nuovo difensore) memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

p. 1. Del "difetto di procura dell’Agenzia".

In via preliminare va disattesa l’"eccezione" di "difetto di procura dell’Agenzia … nei confronti dell’Avvocatura Generale dello Stato", sollevata dalla società, dovendosi applicare il condivisibile principio – da ribadire per carenza di qualsivoglia convincente argomentazione contraria (neppure adombrata) – secondo cui (Cass., un., 15 novembre 2005 n. 23020, che richiama "Cass.. un., 484/1999, 10894/2001; 14564/2003", cui adde, ex multis: Cass., trib., 16 maggio 2007 n. 11227 e 12 febbraio 2010 n. 3427) "in ipotesi di rappresentanza processuale facoltativa degli enti pubblici da parte dell’Avvocatura dello Stato" – quale quella "stabilita, per le agenzie fiscali, nel D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 72" – "non è necessaria una specifica procura, risultando applicabile anche a tale ipotesi (R.D. n. 1611 del 1933, art. 45) la disposizione dell’art. 1 comma 2 R.D. cit., secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato". p. 2. La sentenza impugnata.

La Commissione Tributaria Regionale – affermato aver proceduto ad "attento esame del ricorso" dell’Agenzia nonchè "delle controdeduzioni" della contribuente; esposto "aver scrupolosamente scrutinato la sentenza impugnata" – ha disatteso l’appello dell’Ufficio ritenendo il "ricorso" dello stesso "non meritevole di accoglimento per i motivi enunciati nella gravata sentenza": la medesima Commissione, quindi, ha dichiarato di assumere "come proprie le statuizioni" di detta sentenza, della quale ha integralmente trascritto ("che … si trascrivono") le "statuizioni".

Specificamente (in sintesi) ha osservato: – "l’operazione … di immissione in consumo … di alcol a 95, previa diluizione con acqua dell’alcol di gradazione superiore" integra "un’operazione di trasformazione della materia prima in prodotto finito diverso, atteso che è stata aggiunta dell’acqua, si è proceduto alla filtrazione del prodotto cosi lavorato e si è provveduto ad imbottigliarlo e ad etichettarlo" ("a conforto … sopravvengono sia il D.L. n. 1200 del 1948…, il quale all’art. 21 prevede che "è considerato fabbricante anche chiunque non avendo fabbricato lo spirito … lo metta in commercio in recipienti …" … sia la circolare del Ministero delle Finanze … n. 129 del 1949, la quale consente agli imbottigliatori di effettuare la riduzione a gradazione non inferiore a 95 gradi, mediante la semplice aggiunta di acqua, dello spirito riportante una gradazione superiore, permettendo, in tal caso, agli imbottigliatori- trasformatori di indicare sui recipienti "alcol rilavoralo o trasformato");

– con l’"immissione in consumo … di bevande alcoliche prodotte ed acquistate da altre ditte italiane ed estere" la "srl SAVIO", non avendo "fatto altro che commercializzare prodotti finiti" ("senza" effettuare "alcuna operazione rilevante del ciclo produttivo", "in assenza di ogni … intervento nella fase successiva di preparazione del prodotto"), ha violato soltanto "il regolamento regionale del 23 gennaio 1973" perchè "dall’esame combinato della L. 3 agosto 1949, n. 623 e del D.Lgs. n. 504 del 1995" (il cui "art. 21" indica "i cosiddetti usi esenti …, senza accennare all’esenzione prevista per il consumo nel territorio della Valle dr Aosta dei generi contingentati") "si evince … che solo nel caso in cui l’alcol contingentato non venga immesso in consumo nel territorio della Valle … l’accisa diventa esigibile perchè non si sono verificate le condizioni di consumo previste dalla L. n. 623 del 1949 per … beneficiare dell’esenzione". p. 3. Il ricorso dell’Agenzia.

Questa censura la decisione con tre motivi.

A. Con il primo la ricorrente denunzia "violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1 (recte: 2), n. 4" ("nullità della sentenza"), conclusa con il "quesito" (art. 366 bis c.p.c.);

"se costituisca motivazione inesistente o apparente, tale da rendere la sentenza nulla ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1 (recte: 2), n. 4 … l’affermazione del giudice di appello che esaurisca la motivazione in tal senso: il ricorso non è meritevole di accoglimento per i motivi enunciati nella gravata sentenza …

Conseguentemente questo Collegio assume come proprie le statuizioni dell’appellata sentenza … che … si trascrivono".

B. Con la successiva doglianza l’Agenzia – affermato che "l’alcol etilico a 95 commercializzato dalla SAVIO rientra nella classificazione della voce tariffaria 22.07" ("alcoletilico non denaturato con titolo alcolometrico volumico uguale e superiore a 80% vol.; alcol etilico ed acquaviti denaturati di qualsiasi titolo") – denunzia "falsa applicazione della L. n. 623 del 1949, art. 1 e dell’art. 15 del Regolamento Regione Valle d’Aosta 29 gennaio 1973" ("recante norme per l’applicazione della L. n. 623 del 1949") nonchè "violazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 3, comma 1", riassunte nel "quesito" "se per l’accezione della trasformazione in liquori contenuta nell’art. 15, par. 6 del Reg. Reg. 29 gennaio 1973, in attuazione della L. n. 623 del 1949, art. 1" ("al cui fine viene assegnato in esenzione di accise alle industrie locali dalla Regione Valle d’Aosta il contingente di alcol") "debba farsi riferimento ai capitoli ed ai codici della nomenclatura combinata della tariffa doganale comunitaria cui rinvia recettiziamente il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 3, comma 1, per la classificazione dei prodotti soggetti ad accisa, con conseguente non operatività del regime di esenzione di accisa nel caso di attività di riduzione della gradazione alcolica a 95 mediante semplice diluizione con acqua, giuste le nomenclature combinate NC 22.07 e 22.08 della predetta tariffa" .

C. Nella terza (ultima) doglianza la ricorrente lamenta ("quanto alla … contestazione … relativa all’avere la società commercializzato … in esenzione di accise bevande alcoliche prodotte ed acquistate da altre ditte italiane ed estere") "falsa applicazione della L. n. 623 del 1949, art. 1 e dell’art. 15 del Regolamento Regione Valle d’Aosta 29 gennaio 1973" ("recante norme per l’applicazione della L. n. 623 del 1949") nonchè "violazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 2, comma 3", sintetizzate nel "quesito":

"se l’accertato utilizzo di buoni di prelevamento autorizzati dalla Regione Valle d’Aosta per la trasformazione in liquori per uso diverso, quale l’immissione in consumo in esenzione di bevande alcoliche prodotte ed acquistate da altre ditte, italiane ed estere, indipendentemente dalla circostanza che il consumo sia avvenuto nel territorio regionale, determini l’esigibilità dell’accisa". p. 4. Le osservazioni della società.

A. In ordine all’immissione "al consumo" ("in … esenzione fiscale") di "complessivi litri anidri 36.304-,27, previa riduzione della gradazione alcolica a 95 mediante semplice diluizione di acqua" la contribuente sostiene che "il termine liquore che si rinviene nel regolamento deve qualificarsi alla stregua di un termine generico e non tecnico" e che la "sovrapposizione effettuabile a posteriori" ("ad esclusivo fine ermeneutico") della "normativa tecnica sopravvenuta" ("Tariffa Doganale dell’Unione Europea ed art. 1, comma 4, lett. r, del Regolamento CEE n. 1576/89") "conduce ad aberrazioni interpretative" perchè "i cd. buoni da fabbricazione non potrebbero essere utilizzati per la produzione della grappa, nè di altri distillati, perchè non corrispondono alla definizione di liquori utilizzati dal legislatore comunitario del 1989, il quale, addirittura, definisce all’art. 1, comma 4, tutte le bevande spiritose. Invece è pacifico che i buoni alcol destinati alle industrie locali per la trasformazione in liquori sono impiegati per la produzione anche di grappe, distillati, ecc.".

Per la contribuente "una specificazione definitoria sotto l’aspetto … tecnico e merceologico risulta … appannaggio solo della recente normativa comunitaria in materia" mentre "la ratio giustificatrice dell’adozione della disposizione regolamentare non poteva che essere quella di escludere dal pagamento del diritto erariale sugli alcol … il contingente di alcol destinato alle industrie locali …, destinato ad essere trasformato per la produzione di bevande alcoliche intese nella loro accezione omnicomprensiva" atteso che "al momento dell’azione forse: adozione del citato regolamento regionale non poteva esistere altra fonte normativa" ("solo successivamente mediante l’introduzione della tariffa doganale sono state introdotte nel nostro ordinamento le rammentate distinzioni merceologiche"): "le condizioni di consumo legittimanti l’esenzione dell’accisa", quindi, "non possono … essere interpretate a posteriori, alla luce di normativa … influenzata dal continuo progresso ed evoluzione delle tecniche di distillazione e di individuazione della capacità organolettica di ciascuna sostanza".

B. Circa l’immissione "al consumo" (sempre "in … esenzione fiscale") di "bevande alcoliche prodotte ed acquistate da altre ditte, italiane ed estere" la SAVIO srl – ricordato che "l’accezione "immissione in consumo" vale … a significare l’utilizzo dell’alcol nel processo produttivo" -, assunto essersi "limitata ad immettere in consumo bevande frutto della trasformazione dell’alcol puro assegnatole dalla Regione" ("di fatto il consumo di alcol in regime di esenzione fiscale è stato mantenuto all’interno del territorio regionale, mediante immissione in consumo pro residenti di prodotto lavorato, la cui circolazione infra territoriale deve considerarsi libera") osserva che, essendo "il contingente di alcol incorporato in liquori nazionali o esteri … soggetto ad esenzione fiscale senza alcun vincolo", "la vendita di prodotto alcolico derivante da trasformazione di alcol puro deve considerarsi libera".

La contribuente sostiene, inoltre, (1) che ad essa "non può essere richiesto il pagamento di accisa" perchè "la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 2 non è configurabile nell’ipotesi di mera commercializzazione, difettando il presupposto di vizio che affligga il consumo del bene in regime di esenzione" e, comunque:

(2) che la "violazione … è da annoverarsi esclusivamente nell’ambito dell’inosservanza alle prescrizioni amministrative di cui al regolamento regionale 29 gennaio 1913, non essendo … annoverabile nell’ambito delle violazioni tributarie di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995": "nella … fattispecie la Regione Autonoma Valle d’Aosta non ha eccepito alcunchè in relazione alla gestione dei beni contingentati in assegnazione alla SAVIO srl" per cui "devesi ritenere che il controllo, pur effettuato in sede tributaria, non avrebbe comunque potuto prescindere da eventuali accertamenti … effettuati in sede regionale". p. 5. Le ragioni della decisione.

Il ricorso dell’Agenzia – nella complessiva economia valutativa del quale non incide assolutamente l’infondatezza del primo motivo – deve essere accolto.

A. La violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma (recte) 2, n. 4 (per il quale "la sentenza" del giudice tributario "deve contenere … la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto") denunziata con la doglianza iniziale – tenuto conto che nella stessa non si adombra nemmeno il mancato esame di una qualche peculiare ragione posta a sostegno dell’appello – è insussistente perchè la Commissione Tributaria Regionale, integralmente trascrivendo le "statuizioni dell’appellata sentenza", ha univocamente espresso il proprio convincimento sulle questioni sottoposte al suo esame con il gravame, in ordine alle quali ha dichiarato di "assume(re) come proprie" quelle "statuizioni" (più propriamente, le osservazioni poste a fondamento delle stesse): la decisione di appello, pertanto, non difetta affatto (nè materialmente nè giuridicamente) di "motivazione".

B. Prima dello scrutinio degli ulteriori due motivi di ricorso dell’Agenzia – i cui "quesiti" di diritto risultano correttamente formulati – è opportuno ricordare che per la Legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, art. 2, comma 1 ("Statuto speciale per la Valle d’Aosta") la "potestà legislativa" della Regione Valle d’Aosta deve essere esercitata, tra l’altro, "col rispetto degli obblighi internazionali", tra i quali (pertanto) gli "obblighi" posti dalle norme del diritto comunitario.

Ancor di recente, inoltre, la Corte Costituzionale (sentenza 24 giugno 2010 n. 227, che richiama, in specie, le sue precedenti "sentenze n. 284 del 2007 e n. 170 del 1984") ha riaffermato "il potere-dovere del giudice comune, e prima ancora dell’amministrazione, di dare immediata applicazione alle norme comunitarie provviste di effetto diretto in luogo di norme nazionali che siano con esse in contrasto insanabile in via interpretativa" ("ovvero di sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione di quel parametro costituzionale quando il contrasto fosse con norme comunitarie prive di effetto diretto").

Il riscontro dell’effettivo "rispetto" anche "degli obblighi internazionali", pertanto, costituisce regola ermeneutica generale discendente dalla primazia del diritto comunitario.

B.2. Per effetto di questa primazia, quindi, è necessario verificare la conformità alle norme europee di quella nazionale (anche solo regionale) e, ove possibile, di interpretare la stessa (quand’anche anteriore) alla luce delle prime, imponendosi altrimenti la sua disapplicazione: la "normativa tecnica sopravvenuta" (comprendendo in tale espressione della contribuente anche la normativa doganale comunitaria invocata dall’Agenzia), di conseguenza, non ha valore esclusivamente "ermeneutico" della nozione di "liquori" riscontrabile nella disposizione regolamentare regionale ma, per la sua forza vincolante (siccome di rango europeo), deve trovare immediata applicazione, pena il contrasto di quella regionale con le norme comunitarie.

Non si tratta, quindi, di mera "sovrapposizione … a posteriori", ad "esclusivo fine ermeneutico", ma di applicazione diretta ed immediata delle cogenti regole comunitarie (siccome "provviste di effetto diretto") , come di quelle nazionale recettiva delle medesime, in particolare della norma dettata dal D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 3, comma 1, per il cui testo originario (in vigore all’epoca cui si riferiscono i fatti oggetto della controversia) "la classificazione dei prodotti soggetti ad accisa è quella stabilita dalla tariffa doganale dell’Unione europea con riferimento ai capitoli ed ai codici della nomenclatura combinata delle merci (NC)".

B.3. Peraltro e comunque, dall’espressione normativa "trasformazione in liquori" contenuta nell’art. 15 del regolamento regionale non si trae affatto la nozione di "liquori" (pretesa dalla contribuente ed avallata dal giudice di appello) come comprensiva della mera diluizione con il 5% di acqua dell’alcol etilico (od etanolo) – comunemente ritenuto ancora "puro" in siffatta diluizione – perchè una tale operazione non rende il prodotto ottenuto idoneo al commercio per il consumo umano senza ulteriori aggiunte e trasformazioni e/o manipolazioni cfr. il "regolamento" del Consiglio della Comunità Europea "29 maggio 1989 n. 1576 89/1576ICEE" (abrogato dall’art. 29 del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 110 del 15 gennaio 2008 ma vigente ratione temporis), il quale stabiliva "le norme generali", valide anche per la Regione Valle d’Aosta, "relative alla definizione", oltre che "alla designazione e alla presentazione", "delle bevande spiritose", nonchè il "regolamento" approvato con il D.P.R. 16 luglio 1997, n. 297, "recante norme in materia di produzione e commercializzazione di acquaviti, grappa, brandy italiano e liquori".

Sulla questione, va, inoltre ed infine, evidenziata l’assoluta irrilevanza del richiamo (operato anche dalla Commissione Tributaria Regionale) al (minor contenuto alcolico del) prodotto (di diretto consumo umano) denominato "grappa" atteso che questo prodotto fa parte propriamente delle "acqueviti" (appartenenti al genere dei "distillati") le quali, proprio per la loro ontologica diversità, sono espressamente contemplate dal regolamento regionale accanto ai "liquori" ed alle "profumerie alcootiche" ai fini dell’"assegnazione" e della "distribuzione al consumo dei generi ricontingentati" ad evidente dimostrazione della incomparabilità dei due prodotti.

C. La corretta esegesi dell’art. 15 del Regolamento Regionale, di poi ed infine, non consente affatto di affermare – come sostiene la contribuente – che "il contingente di alcol incorporato in liquori nazionali o esteri è soggetto ad esenzione fiscale senza alcun vincolo" perchè, secondo quella norma, "il contingente di alcool … incorporato nei liquori" che residua ("contingente residuo") dopo l’assegnazione (primaria) (a) "ai residenti ed ai turisti- villeggianti, che abbiano compiuto il ventunesimo anno di età entro il 31 dicembre dello anno precedente" e (b) "ai proprietari di alambicchi per la distillazione di vinacce per uso familiare" è "assegnato … alle industrie locali" (e, quindi, può essere assegnato alle stesse unicamente) "per la trasformazione in liquori", mai per la diretta immissione al consumo da parte delle stesse:

l’"esenzione fiscale" del "consumo di alcol … all’interno del territorio regionale" ("consumo pro residenti di prodotto lavorato") vale soltanto per i "residenti", per i "turisti-villeggianti" e per i "proprietari di alambicchi" e non anche per le "industrie locali" della Valle d’Aosta.

Nel caso la contribuente non ha contestato il concreto accertamento fattuale del giudice di merito secondo cui essa "srl SAVIO … non ha fatto altro che commercializzare prodotti finiti", "senza" effettuare "alcuna operazione rilevante del ciclo produttivo" ed "in assenza di ogni … intervento nella fase successiva di preparazione del prodotto", per cui risulta ormai irreversibilmente accertato che lo specifico "contingente residuo" di "alcool… incorporato nei liquori" di cui ha chiesto l’assegnazione non è stato affatto utilizzato, come la norma regionale impone, per la sua (ulteriore) "trasformazione in liquori".

L’accertata mera commercializzazione (per "assenza di ogni … intervento nella fase successiva di preparazione") dei prodotti alcoolici di terzi in contestazione costituisce violazione della norma nazionale sull’"esenzione" dettata dalla L. 3 agosto 1949, n. 623, art. 1 ("limiti dei contingenti annui" dei "prodotti… in esenzione dal dazio, dalle imposte di fabbricazione ed erariali di consumo e dalle corrispondenti sovrimposte di confine, dal diritto erariale sugli alcoli nonchè dai prelievi stabiliti dai competenti organi della Comunità economica europea in base alle disposizioni di cui al titolo 2^ del trattato firmato a Roma il 25 marzo 1957 e ratificato con L. 14 ottobre 1957, n. 1203") e non inosservanza delle disposizioni regionali (incidenti, queste, soltanto sulla distribuzione tra gli aventi diritto dei "contingenti annui" dei "prodotti" esentati) perchè ogni utilizzo di prodotto esentato è illegittimo siccome al di fuori delle specifiche e tassative ipotesi di esenzione fiscale e riporta lo stesso nell’ambito generale della imponibilità fiscale anche se consumato nella Regione Valle d’Aosta:

il "Consiglio" di tal Regione, infatti, per l’art. 4 della medesima legge del 1949, ha solo il potere di amministrare e di gestire ("amministra e gestisce i contingenti"), "avvalendosi degli organi competenti previsti dalla vigente legislazione", "le esenzioni" di cui al precedente art. 1 (oltre che quelle dell’art. 2), ovverosia i "limiti dei contingenti annui" dei "prodotti… in esenzione".

D. L’applicazione alle concrete fattispecie dedotte in giudizio degli esposti principi impone di cassare la sentenza impugnata perchè fondata su una errata esegesi delle conferenti norme.

La causa non necessità di nessun ulteriore accertamento fattuale e, pertanto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., deve essere decisa nel merito da questa Corte con la reiezione del ricorso di primo grado della contribuente. p. 4. Delle spese del giudizio.

Per la sua totale soccombenza la contribuente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., è tenuta a rifondere all’Agenzia le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate – assumendo a parametro di riferimento le vigenti tariffe professionali forensi in osservanza del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, comma 2 ("Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita", in Supplemento ordinario n. 18 alla GURI n. 19 del 24 gennaio 2012, in vigore dal 24 gennaio 2012, il cui comma 1 ha espressamente abrogato "le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico") secondo cui "nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante" – nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa.

Le spese di entrambi i giudizi di merito, invece, possono essere integralmente compensate tra le parti ai sensi del secondo comma dell’art. 92 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso di primo grado della contribuente; compensa integralmente tra le parti le spese dei giudizi di merito e condanna la società a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 9.000,00 (novemila/00), oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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