T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 14-11-2011, n. 1831

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 13102010 e depositato il successivo 11112010 la Comunità Montana Bussento Lambro e Mingardo impugnava dinanzi a questo Tribunale Amministrativo i provvedimenti in epigrafe specificati, con i quali era stata disposta la revoca dei finanziamenti a suo tempo concessi per la realizzazione dell’intervento di riqualificazione e recupero ambientale della fascia costiera in località Oliveto dei Comuni di Vibonati e di Sapri.

Con unico ed articolato motivo di ricorso lamentava: eccesso di potere e violazione di legge per errore sui presupposti, carenza di istruttoria, erronea rappresentazione dei fattie degli atti, travisamento, mancata considerazione di elementi decisivi, difetto di motivazione, violazione dei principi generali in materia di autorutela, carenza dell’interesse pubblico e violazione dell’affidamento.

Instauratosi il contraddittorio, si costituivano in giudizio la Regione Campania, l’intimata autorità ministeriale ed il Comune di Vibonati.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 3112011.

Motivi della decisione

Deve preliminarmente essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal resistente ente regionale.

Essa, a giudizio del Collegio, è infondata, dovendosi nella specie ritenere la giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che la presente controversia coinvolge posizioni giuridicosoggettive di interesse legittimo.

Costituisce costante affermazione giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, V, 10112010, n. 7994; Vi, 2412011, n. 465; TAR Piemonte; II, 1122011, n. 142) che, in tema di riparto di giurisdizione in materia di sovvenzioni, contributi pubblici ed aiuti comunitari, rilevano i normali criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione sulla scorta di un addotto adempimento del destinatario, la giurisdizione spettaal giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca, decadenza, risoluzione, purchè essi si fondino sull’asserito inadempimento, da parte del beneficiario, alle obbligazioni assunte a fronte del contributo; il privato vanta, invece, una situazione soggettiva di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, se la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, o se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto con l’interesse pubblico.

Orbene, ritiene il Tribunale che nella specie, pur vertendosi nella fase successiva alla erogazione del contributo, il disposto ritiro sia stato pronunziato non semplicemente sulla scorta di un addotto adempimento del destinatario, ma sulla base di una sopravvenuta valutazione di non rispondenza dello stesso all’interesse pubblico fondante la erogazione del finanziamento.

Invero, il provvedimento impugnato precisa che, in sede istruttoria, è stata richiesta alla Comunità Montana una dettagliata relazione "circa lo stato di attuazione dell’intervento, le criticità riscontratesi e sulle eventuali azioni messe in atto allo scopo di superarle", evidenziandosi poi che l’ente "non ha fornito esaustivi chiarimenti" e che, di conseguenza, la Regione ha proposto la revoca integrale dei fondi "motivata dalle criticità attuative rilevate, tali da impedirne ormai la realizzazione" (nel Resoconto del tavolo dei Sottoscrittori del 222010 si parla di interventi "caratterizzati da perduranti criticità ormai non più risolvibili e tali da determinarne la sopravvenuta irrealizzabilità").

Non vi è, dunque, alla base dell’atto una valutazione di inadempimento del soggetto attuatore, quanto piuttosto il rilievo della non realizzabilità allo stato dell’intervento in relazione alle criticità attuative rilevate.

Pertanto, la determinazione di ritiro si sostanzia in una valutazione di sopravvenuta (e, dunque, attuale) non corrispondenza del finanziamento all’interesse pubblico, atteso che quest’ultimo non potrebbe venir soddisfatto dalla ormai acclarata irrealizzabilità dell’opera.

Come è ben evidente, trattasi di esercizio del potere amministrativo di autotutela sub specie di "revoca impropria" o "abrogazione", che impinge su situazioni giuridicosoggettive di interesse legittimo.

Tanto è avvalorato dalla circostanza che non in presenza di ogni ritardo o rallentamento la Regione ha proceduto alla revoca del contributo (circostanza questa che avrebbe deposto per il rilievo di una mera situazione di inadempimento a fondare il provvedimento di secondo grado).

Essa, invece, ha distinto (si veda la proposta regionale prot. 2009.0964828 del 9112009) in due categorie i progetti esaminati: "interventi mai avviati a causa di problemi che ne impediscono la realizzazione…" ed interventi per i quali " è stato riscontrato l’impegno dell’ente beneficiario per il superamento delle problematiche manifestatesi, proponendo la revoca solo per il primo gruppo ed, invece, la concessione di un ulteriore termine per il secondo.

Tutto ciò a riprova della esistenza nella specie dell’esercizio di un potere amministrativo i cui esiti sono stati foindati su di una valutazione dell’interesse pubblico.

Ritenuta per le ragioni sopra esposte la giurisdizione del giudice amministrativo, il ricorso nel merito è meritevole di accoglimento, risultando fondate ed assorbenti, a giudizio del Tribunale, le censure di difetto di motivazione e di istruttoria.

Come si è in precedenza evidenziato, l’impugnato decreto dirigenziale fonda la determinazione di ritiro sulla circostanza che la Comunità Montana non ha fornito "esaustivi chiarimenti" "sullo stato di attuazione dell’intervento, sulle criticità riscontratesi e sulle eventuali azioni messe in atto allo scopo di superarle", desumendosi conseguentemente che " le criticità attuative rilevate siano tali da impedire ormai la realizzazione dell’intervento".

Osserva al riguardo il Collegio che la esternazione delle ragioni della decisione, così come ricavabili dagli atti oggetto del giudizio, risultano certamente insufficienti, tali, cioè, da non soddisfarre il canone dell’obbligo di motivazione sancito dall’articolo 3 della legge n. 241/1990, non evincendosi affatto l’iter logicogiuridico seguito dall’amministrazione.

Si rivelano, invero, apodittiche le affermazioni secondo cui la Comunità non avrebbe "fornito esaustivi chiarimenti" e le criticità attuative rilevate sono "tali da impedirne ormai la realizzazione".

Quanto al primo inciso, si osserva che, a seguito delle richieste di relazioni illustrative e degli avvisi di avvio del procedimento di revoca formulati dalla Regione (in date 322009, 1452009 e 1652009), il RUP della Comunità Montana ha sempre risposto, evidenziando le criticità che avevano ritardato la realizzazione dell’opera (modificazioni soggettive dell’ente comunitario, peculiare ubicazione dell’intervento, molteplicità dei proprietari dell’area privata da ablare, problematiche relative al procedimento espropriativo tra cui la decadenza di un primo provvedimento di esproprio e del vincolo preordinato all’esproprio da rinnovare, esistenza di contenziosi giurisdizionali amministrativi) ed esponendo le attività poste in essere per il superamento delle stesse.

In particolare, da ultimo, nelle note prot. 5069 e 5070 del 2592009, si è dato atto della adozione di variante urbanistica finalizzata alla proseguibilità dell’intervento espropriativo, mentre, in relazione ai contenziosi già avviati dai privati, si è ipotizzata la possibilità di modifiche progettuali che, mantenendo la funzionalità dell’intervento, possano comunque soddisfare le esigenze dei privati.

Con nota del 3152010, precedentemente alla adozione dell’atto di autotutela, il predetto RUP ha pure comunicato l’approvazione provinciale della variante urbanistica con conseguente prosecuzione della procedura espropriativa.

Risultano, poi, allegati in giudizio atti e provvedimenti dai quali è desumibile lo svolgimento di attività amministrativa finalizzata alla realizzazione dell’intervento finanziato (delibere consiliari n. 9/2009 e n. 17/2009 di approvazione del progetto definitivo ed adozione della variante, parere favorevole BAP Salerno del 1322009, decreto del Presidente della Provincia di Salerno n. 90 del 1452010, di approvazione della variante).

Orbene, non vi è chi non veda che, a fronte dei chiarimenti resi, della documentazione trasmessa e degli adempimenti assunti, si presenti del tutto insufficiente la affermata "non esaustività" dei chiarimenti, non risultandone assolutamente specificate le ragioni fondanti in relazione alle argomentazioni rese all’ente regionale.

Allo stesso modo, con riferimento all’ affermato giudizio di "esistenza di criticità tali da impedire la piena realizzazione dell’intervento", non risulta offerta esplicitazione alcuna delle ragioni che hanno indotto l’amministrazione a tale conclusione, esternazione questa indispensabile in presenza di rappresentazione delle difficoltà incontrate e prospettazione delle attività svolte e da svolgere per il loro superamento da parte dell’ente interessato.

I motivi della ritenuta non esaustività dei chiarimenti e della valutazione di non realizzabilità dell’opera non risultano ricavabili, neppure per relationem, dalla proposta formulata dalla Regione al Ministero in data 9112009 (si veda il contenuto di essa e l’allegato elenco) e dal verbale di riunione del Tavolo dei sottoscrittori del febbraio 2010, laddove ci si limita ad evidenziare genericamente, senza ulteriori specificazioni, che "la Regione riassume preliminarmente le motivazion i sottese all’istanza di annullamento e contestuale revoca dei fondi statali…per alcuni interventi….caratterizzati da perduranti criticità ormai non più risolvibili e tali da determinarne la sopravvenuta irrealizzabilità", tra l’altro aggiungendo erroneamente, quanto all’intervento oggetto del presente giudizio, "che i soggetti attuatori degli interventi in questione non hanno sollevato a tutt’oggi alcuna eccezione".

La mancata esplicitazione delle ragioni delle assunte determinazioni, in presenza della introduzione di elementi ed interessi da parte della Comunità Montana nella fase istruttoria del procedimento di autotutela, lascia pure ritenere, da un punto di vista sostanziale, l’esistenza di un difetto di istruttoria.

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, pertanto, il ricorso risulta fondato e deve essere accolto, con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Resta assorbito l’esame degli altri motivi di ricorso.

Le spese del presente giudizio, in relazione alla peculiarità della controversia, possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, sussistendone giusti motivi.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla, per le ragioni indicate in motivazione, i decreti dirigenziali regionali n. 333 e n. 334 del 762010.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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