T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 14-11-2011, n. 1830 Controversie in materia elettorale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 1662001 la signora E.D., nella qualità di cittadina elettrice del Comune di Lauro, impugnava dinanzi a questo Tribunale Amministrativo gli atti in epigrafe specificati, relativi alla consultazione elettorale del 1516/5/2011 per il rinnovo del Consiglio comunale di Lauro e la elezione diretta del Sindaco.

Ne chiedeva l’annullamento, instando per la conseguente rinnovazione delle operazioni di voto.

Con articolata prospettazione, lamentava: 1) Violazione degli artt. 4, 31, 32 e 32 bis del dpr n. 223/1967 in riferimento all’art. 27 del dpr n. 570/1960 – violazione degli artt. 9 e 13 del d.lgs. n. 30/2007 – violazione degli artt. 1, 2 e 4 del d.lgs. n. 197/1996 – Violazione del giusto procedimento – Eccesso di potere sotto molteplici profili; 2) Violazione degli artt. 4, 29 e 32 del dpr n. 223/1967 in relazione all’art. 27 del dpr n. 570/1960 – violazione del principio di personalità del voto e del giusto procedimento – eccesso di potere; 3) Violazione dell’art. 41 del dpr n. 570/1960 – violazione del principio di personalità del voto e del giusto procedimento – eccesso di potere; 4) Violazione dell’art. 48 del dpr n. 570/1960 – violazione del giusto procedimento – eccesso di potere; 5) Violazione dell’art. 49 del dpr n. 570/1960 – violazione del giusto procedimento – eccesso di potere; 6) Violazione dell’art. 66 del dpr n. 570/1960 – violazione dell’art. 1 del d.lgs. n. 197/1996- violazione del giusto procedimento – eccesso di potere.

Fissata la data di discussione del ricorso, questo veniva notificato l’872011 e successivamente depositato il 2172011.

Instauratosi il contraddittorio, si costituivano in giudizio la Commissione Elettorale Circondariale di Avellino ed il Comune di Lauro, chiedendo il rigetto del ricorso.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 3112011.

Motivi della decisione

Il ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile nei sensi di seguito precisati.

Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta violazione degli artt. 4, 29 e 32 del dpr n. 223/1967, con riferimento all’art. 27 del dpr n. 570/1960, nonché violazione del principio di personalità del voto, del giusto procedimento ed eccesso di potere, rilevandosi che la Commissione Elettorale Circondariale avrebbe omesso di cancellare dalle liste elettorali ben 25 cittadini che notoriamente non posseggono più i requisiti della dimora abituale nel Comune di Lauro.

Deducono in proposito che, a seguito della richiesta verifica da parte della Prefettura di Avellino, con nota prot. 11 012 del 10122010, la mancanza della dimora abituale sarebbe stata acclarata dalla Polizia Municipale con tre comunicazioni (del 10 febbraio, del 21 febbraio e del 4 marzo 2011).

La doglianza non può trovare accoglimento.

A parte il rilievo, pure sottolineato dalla difesa dell’ente, che la richiamata nota prefettizia opera riferimento al provvedere alla "eventuale cancellazione…dai registri della popolazione residente" "previe necessarie verifiche opportunamente intervallate" e che tale procedimento di verifica non si era ancora concluso alla data della consultazione elettorale, giova evidenziare che, ai sensi dell’articolo 4 del dpr n. 223/1967, sono iscritti nelle liste elettorali i cittadini che sono compresi nell’anagrafe della popolazione residente e che, a mente degli artt. 18 e 19 del dpr n. 223/1989, è il Comune che procede alla cancellazione anagrafica (in particolare, "quando, a seguito di ripetuti accertamenti, opportunamente intervallati,la persona sia risultata irreperibile.." ex art. 11 del citato dpr n. 223/1989).

Pertanto, le Commissioni elettorali avrebbero potuto (e dovuto) procedere alla cancellazione dalle liste elettorali dei predetti 25 cittadini solo ove ne fosse previamente intervenuta la cancellazione dalla anagrafe della popolazione residente.

Spettando tale adempimento al Comune e non avendo questi a ciò provveduto, l’organo elettorale non avrebbe potuto procedere alla cancellazione di soggetti per i quali ancora sussisteva il requisito della residenza.

Con il terzo motivo parte ricorrente deduce violazione dell’articolo 41 del dpr n. 570/1960, violazione dei principi di personalità del voto e del giusto procedimento, nonché eccesso di potere, lamentando che:

in base alle patologie espressamente richiamate dalla citata norma, non sono suscettibili di ammissione al voto assistito "patologie genericamente individuate come quelle asseritamente indicate con l’acronimo AVD nel verbale della sezione elettorale n.1";

non risulta esservi stata da parte del presidente di seggio una accurata verbalizzazione delle operazioni svolte, in particolare attestanti il giudizio del Presidente di seggio sulla sussistenza delle condizioni di impossibilità di esprimere il voto personalmente;

non risulta che i presidenti di seggio abbiano accertato, con apposita interpellazione, se gli elettori abbiano scelto liberamente l’accompagnatore e ne conoscano nome e cognome;

non risulta allegato a verbale alcun certificato medico.

Anche tale doglianza, a giudizio del Tribunale non è meritevole di favorevole considerazione.

Rileva il Collegio che l’articolo 41, comma 2, del dpr n. 570/1960 prevede il diritto al voto "assistito" per i ciechi, gli amputati delle mani, gli affetti da paralisi " o da altro impedimento di analoga gravità".

Tale ultimo inciso configura nella norma una formula aperta, consentendo la possibilità, oltre che per le specifiche infermità espressamente indicate, dell’assistenza di altro elettore anche in presenza di altre patologie, le quali, in quanto di "analoga gravità" e, dunque, qualitativamente assimilabili, impediscono l’esercizio personale del voto.

Va, di poi, rilevato, che la originaria formulazione della norma ha subito nel tempo rilevanti modifiche ed integrazioni.

I commi 7 e 8 risultano essere stati così formulati dalla legge n. 271/1991: " I certificati medici possono essere rilasciati soltanto da funzionari medici designati dai competenti organi dell’unità sanitaria locale…..

Detti certificati debbono attestare che la infermità fisica impedisce all’elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di un altro elettore….."

Con la successiva legge n. 17/2003 è stato, infine, aggiunto un ultimo comma al predetto articolo, del seguente tenore: " L’annotazione del diritto al voto assistito, di cui al secondo comma, è inserita, su richiesta dell’interessato, corredata dalla relativa documentazione, a cura del Comune di iscrizione elettorale, mediante apposizione di un corrispondente simbolo o codice, nella tessera elettorale personale, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di riservatezza personale ed in particolare della legge 31 dicembre 1996, n. 665 e successive modificazioni".

Dalla suddetta evoluzione normativa (previsione di una certificazione medica che attesti non la mera esistenza di una infermità ma altresì la sussistenza dell’impedimento all’esercizio personale del voto, possibilità di annotazione del diritto al voto assistito direttamente sulla tessera personale, richiamo al rispetto delle disposizioni vigenti in materia di riservatezza personale) deriva, a giudizio del Collegio, che, in presenza di certificazione medica ovvero di annotazione sulla tessera elettorale del diritto al voto assistito (adempimento che avviene evidentemente sulla base di specifici accertamenti medici al riguardo) non vi sia alcun obbligo di ulteriore verifica né di relativa verbalizzazione da parte del Presidente di Seggio, prevalendo chiaramente la valutazione tecnicodiscrezionale compiuta dall’ organo tecnico, appartenente alla pubblica amministrazione ed avente specifiche cognizioni in materia, ovvero l’accertamento effettuato a priori ed in generale, riportato sulla tessera elettorale. L’ eseguito (e certificato) accertamento, pertanto, non è contestabile dal Presidente di seggio, salve le ipotesi in cui questo risulti ictu oculi falso o non veritiero.

Ciò posto, ritiene il Tribunale che nella fattispecie in esame non sussistano violazioni invalidanti, così come denunziato dalla ricorrente.

Ed, invero, dei complessivi sei elettori che hanno votato con l’accompagnatore, cinque di loro risultano aver votato ai sensi dell’ultimo comma del citato articolo 41, in quanto il diritto al voto assistito risultava annotato sulla tessera elettorale. Difatti, la sigla "AVD", riportata a pagina 25 del verbale della I Sezione nella indicazione del "motivo specifico per cui l’elettore è stato autorizzato a votare mediante accompagnatore", costituisce proprio il "simbolo o codice" attestante il diritto al voto assistito riportato sulla tessera elettorale.

Quanto al sesto elettore, va evidenziato che la lettura del verbale rileva, quale motivo specifico, la patologia di " cieco totale", in relazione alla quale non può dubitarsi del diritto all’accompagnatore, sia perché attestata da apposita certificazione medica rilasciata da sanitario dell’ASL (dr. Dalia) sia perché trattasi di patologia, per la sua peculiarità ed evidenza, direttamente rilevabile anche dal Presidente di seggio e rientrante in quelle, che danno diritto all’accompagnatore, espressamente indicate dal richiamato articolo 41.

E’, di conseguenza, privo di pregio il rilievo secondo cui non sarebbe stato allegato agli atti il certificato medico.

Premesso che in verbale (v. pag. 24) tale certificazione risulta espressamente richiamata (con indicazione del medico attestante e della patologia invalidante) dandosi pure atto che la stessa è allegata al verbale (onde deve ritenersi che, essendo stata prodotta in unica copia, essa sia stata allegata all’altro esemplare del verbale, trasmesso all’Ufficio centrale, e non anche a quello inviato al Comune, dal quale risulta estratta la copia depositata in giudizio), le considerazioni sopra svolte – relative al motivo di impedimento ed alla sua oggettiva rilevabilità – escludono comunque la fondatezza della prospettata censura, tenuto pure conto del fatto che, a mente del richiamato articolo 41, l’esibizione del certificato medico non è obbligatoria, ma "eventuale".

Neppure può essere condiviso il rilievo secondo cui "…in violazione dell’art. 41, comma 5, non risulta che i Presidenti dei seggi elettorali abbiano accertato, con apposita interpellazione, se l’elettore abbia scelto liberamente il suo accompagnatore e ne conosca il nome ed il cognome".

L’omessa menzione di tale adempimento in verbale è, invero, irrilevante, atteso che il richiamato articolo 41 non ne impone la verbalizzazione, prescrivendosi unicamente l’accertamento con apposita interpellazione, mentre la registrazione in verbale è è riservata unicamente al " modo di votazione, indicando il motivo specifico di questa assistenza…, il nome dell’autorità sanitaria che abbia eventualmente accertato l’impedimento ed il nome e cognome dell’accompagnatore".

Indicative a tal proposito sono le prescrizioni contenute nel modello di verbale predisposto dal Ministero, il quale non riserva spazio alcuno, nella verbalizzazione, all’adempimento oggetto di contestazione.

Esso, dunque, in assenza di prescrizione normativa di obbligatoria verbalizzazione, deve ritenersi essere stato effettuato e, comunque, deve ritenersi che gli adempimenti e le verifiche pubbliche imposte al Presidente di seggio sugli accompagnatori (richiesta del certificato elettorale, accertamento ed annotazione dell’identità) fungano da sufficiente garanzia di tutela della volontà dell’elettore, il quale, affetto da mero impedimento fisico che non ne oblitera la volontà e la capacità di discernimento, ben è posto in condizione di contestare l’imposizione dell’accompagnatore ovvero la sua mancata conoscenza e di rifiutarne l’assistenza anche in ipotesi di difetto di interpello.

Non essendo al riguardo essere stata mossa alcuna contestazione in verbale, deve ritenersi realizzato comunque lo scopo della norma e salvaguardata la volontà dell’elettore.

A questo proposito è utile richiamare i contenuti del fondamentale principio di "strumentalità delle forme", regolatore della materia elettorale e del quale va fatta applicazione anche nella disamina degli ulteriori motivi di ricorso.

Costituisce, invero, costante affermazione giurisprudenziale che la nullità delle operazioni elettorali è determinata solo dalla mancanza di quegli elementi o requisiti che impediscono il raggiungimento dello scopo al quale l’atto è prefigurato e, quindi, qualora siano riscontrabili vizi tali da pregiudicare le garanzie o da comprimere la libera espressione del voto, considerato il preminente rilievo attribuito in materia alla stabilità del risultato finale (cfr. Cons. Stato, V, 572005, n. 3716; TAR Lazio, Roma, II, 1342010, n. 6709; TAR Trentino Alto Adige, I, 4112010, n. 209), dandosi, altresì, al riguardo rilievo alla prescrizione dettagliata di legge ed alla espressa sanzione di nullità da questa disposta (cfr. Cons. Stato, V, 2642011, n. 2453).

Di conseguenza, differenti anormalità costituiscono mere irregolarità tutte le volte in cui esse non incidano negativamente sulla finalità che il procedimento persegue, id est l’autenticità, la genuinità e la correttezza degli eseguiti adempimenti; dunque, quando da esse non derivi alcun pregiudizio di livello garantistico o alcuna compressione della libera espressione di voto, senza compromissione dell’accertamento della reale volontà del corpo elettorale (cfr. sentt. cit., nonché, ex multis, TAR Puglia, Bari, III, 10112010, n. 3894; TAR Molise Campobasso, 14122006, n. 1012).

Ciò posto, può passarsi all’esame del quarto motivo di ricorso, con il quale viene sostanzialmente lamentata la violazione delle prescrizioni normative relative alla identificazione degli elettori, deducendosi violazione dell’articolo 48 del dpr n. 570/1960, violazione del giusto procedimento ed eccesso di potere.

In primo luogo, con riferimento alla lista elettorale maschile della II Sezione, viene evidenziato che " salvo rarissime annotazioni, non è stato mai indicato, in violazione di quanto previsto dall’art. 48, né il documento di riconoscimento, né è stata apposta la firma del componente del seggio né si è ricorso alla identificazione attraverso altro cittadino elettore del Comune".

La censura non può essere accolta.

L’esame della lista sezionale "incriminata" rivela che nella colonna riservata alla indicazione degli "estremi del documento di identificazione o firma di chi attesta l’identità dell’elettore" è contenuta la semplice indicazione "per conoscenza", " per conoscenza diretta" o " conoscenza diretta". La successiva colonna, riservata alla " firma di uno dei membri dell’ufficio elettorale attestante che l’elettore ha votato" risulta, invece, regolarmente apposta.

Dunque, vi è mancata osservanza del disposto dell’articolo 48 nel senso che l’attestazione di identità dell’elettore personalmente conosciuto dal componente del seggio non è formalizzata con la firma di quest’ultimo ma con la mera annotazione della conoscenza diretta.

La suddetta violazione, peraltro, in relazione alle sue peculiarità, costituisce mera irregolarità non invalidante in virtù del richiamato principio di strumentalità delle forme.

E valga il vero.

L’esame della lista sezionale rivela la presenza di due colonne poste in immediata successione: una riferita all’accertamento della identità dell’elettore (da riempire con la sottoscrizione del componente del seggio in caso di conoscenza personale) e l’altra destinata (sempre mediante sottoscrizione del componente del seggio) all’attestazione di avvenuto voto.

Orbene, tale peculiare conformazione del documento e dei suoi contenuti induce ragionevolmente a ritenere – come è avvenuto nella fattispecie oggetto del presente giudizio – che la sottoscrizione apposta nella colonna di avvenuta votazione possa riferirsi anche alla operazione di identificazione, ove nel relativo spazio sia presente una annotazione di " conoscenza diretta" seguita, come in un continuum fisico e senza soluzione di continuità, da sottoscrizione del componente dell’ufficio (anche se in diversa colonna) e si rilevi ictu oculi nei due suddetti elementi il medesimo tratto grafico, a corroborarne la riferibilità alla medesima persona, la quale, con unica sottoscrizione, ha voluto evidentemente attestare, senza possibilità di dubbio alcuno, sia l’identificazione per conoscenza personale che l’avvenuta espressione del voto.

Di poi, si contesta che nella lista elettorale femminile della sezione n. 2 e nella relativa lista elettorale aggiunta non sia presente la sottoscrizione del componente del seggio che attesta l’identità, bensì "uno strano acronimo composto da due lettere ovvero da un unico segno grafico" non riconducibile alle firme di alcuno del membri dell’ufficio.

La doglianza è priva di pregio.

Costituisce affermazione giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, V, 2332000, n. 1593) che, ai fini della corretta identificazione dell’elettore sulla base diu conoscenza personale da parte di uno dei componenti dell’ufficio elettorale di sezione ai sensi degli artt. 48 e 49 del dpr n. 570/1960, è sufficiente l’apposizione della sigla, a tutti gli effetti assimilabile alla firma, nell’apposita colonna del verbale.

Orbene, l’esame delle suddette liste sezionali ed il confronto delle annotazioni appostevi con i contenuti del verbale delle operazioni elettorali (in particolare, delle firme rinvenibili per esteso) evidenzia senza ombra di dubbio che il riferito "acronimo" RA" è la sigla del componente del seggio R.A. (segretario dell’Ufficio di sezione) e "l’unico segno grafico" è riferibile alla sottoscrizione dello scrutatore M.A.M.

Da ultimo, si lamenta che " per n. 6 elettrici, inserite " a penna" nella lista elettorale femminile della sezione n. 3, e per n. 2 elettori, inseriti "a penna" nella lista elettorale maschile della sezione n. 3, non vi è alcuna identificazione di riconoscimento.

Anche tale censura non può essere condivisa.

L’esame del verbale elettorale della Sezione n. 3 (pag. 25) rivela che l’inserimento a penna dei predetti elettori nelle liste sezionali deriva dalla circostanza che trattasi di soggetti che hanno votato in base ad attestazione del sindaco e, dunque, "aggiunti" alle liste successivamente alla loro formazione da parte della commissione.

Orbene, a prescindere dal mancato utilizzo del modello usuale suddiviso in colonne, emerge comunque che l’identificazione è avvenuta con le forme richieste dalla norma, atteso che in calce ad ogni nominativo vengono riportati gli estremi del documento di identità.

L’irregolarità è, dunque, meramente formale ed irrilevante per il richiamato principio di strumentalità delle forme.

Con riferimento, poi, ad uno degli elettori maschi (G.P.M.), la posizione appare del tutto regolare, rinvenendosi, oltre al nominativo dell’elettore, sia l’indicazione del documento di identità (ad attestarne l’avvenuto riconoscimento) sia la sottoscrizione di un componente di seggio (Luisa de Angelis) ad acclarare, sulla lista sezionale, l’avvenuta votazione.

Le considerazioni sopra svolte, a confutazione della bontà del quarto motivo di ricorso, valgono a ritenere infondato anche il quinto motivo, con il quale si lamenta la inosservanza delle prescrizioni di legge relative alla avvenuta espressione del voto, deducendosi violazione dell’articolo 49 del t.u. n. 570/1960 ed eccesso di potere.

Quanto alla mancata attestazione, con firma del componente del seggio, degli elettori, maschi e femmine, " aggiunti a penna" nelle liste elettorali della sezione n. 3 (e fermo restando quanto già detto in relazione all’elettore G.P.M.), è sufficiente rilevare che, se pur l’attestazione di avvenuta votazione non è rinvenibile nelle liste elettorali, questa è comunque ricavabile dal verbale di sezione, il quale, a pagina 25, testualizza, con accertamento del Presidente, i nominativi degli elettori che hanno votato nella sezione in base ad attestazione del sindaco; nominativi corrispondenti a quelli dei quali in questa sede si controverte.

Quanto, poi, alla presenza dell’"acronimo" o dell’ "unico segno grafico" in luogo della sottoscrizione del componente del seggio, valgono le considerazioni in precedenza svolte con riferimento alla sufficienza della sigla ed alla sua riconoscibilità.

Con il sesto motivo di ricorso viene dedotta violazione dell’articolo 66 del dpr n. 570/1960, violazione dell’art. 1 del d.lgs. n. 197/1996, violazione del principio del giusto procedimento ed eccesso di potere, rilevandosi, in particolare, nei verbali la presenza di cancellature, aggiustamenti ed abrasioni prive di segnalazioni o annotazioni a margine.

Il motivo è infondato.

Quanto alla mancanza di firme sul verbale, basti qui richiamare la costante giurisprudenza per la quale la mancanza delle firme a margine di qualche pagina del verbale ovvero la mancata sottoscrizione della formula di chiusura non costituiscono irregolarità decisive per determinare la nullità delle operazioni elettorali giacchè in tal caso l’omissione non riguarda la verbalizzazione delle operazioni sostanziali incidenti sulla proclamazione degli eletti (cfr. TAR Campania, Salerno, sentt. n. 898/2005 e n. 8/2003; TAR Campania, Napoli, II, sent. N. 4804/2001).

Per ciò che concerne la presenza di " cancellature, abrasioni o aggiustamenti", soccorre l’orientamento, applicativo del richiamato principio di strumentalità delle forme, secondo il quale la correzione di errori materiali riscontrati nel verbale di una sezione elettorale si impone ove il seggio si avveda degli stessi, con la conseguenza che le rettifiche operate costituiscono mera irregolarità non inficiante il risultato elettorale, non promanando ragionevolmente da esse una non affidabilità del risultato del relativo procedimento.

Orbene, nella fattispecie in esame, a parte il rilievo che il ricorrente non precisa puntualmente le anomalie denunziate e la loro rilevanza, va osservato che non viene assolutamente dedotto che le correzioni apportate hanno inciso sulla bontà, genuinità ed affidabilità del risultato elettorale, prospettandosi unicamente la questione formale della mancata apposizione di una sigla alla correzione.

L’applicazione del principio di strumentalità delle forme induce, pertanto, alla reiezione del motivo di gravame.

Resta a questo punto da dire in ordine al primo motivo di ricorso.

Con esso viene dedotta violazione degli artt. 4, 31, 32 e 32 bis del dpr n. 223/1967 con riferimento all’articolo 27 del dpr n. 570/1960, violazione degli artt. 7, 9 e 13 del d.lgs. n. 30/2007, violazione degli artt. 1, 2 e 4 del d.lgs. n. 197/1996, nonché violazione del giusto procedimento ed eccesso di potere.

Viene, in particolare, contestata la regolarità dell’ammissione al voto di n. 11 cittadini comunitari, effettuata, in applicazione dell’art. 32 bis del dpr n. 223/1967, oltre il termine del 30° giorno antecedente la data delle elezioni.

In relazione ad essi, viene dedotta la violazione del termine perentorio fissato dall’articolo 3 del d.lgs. n. 197/1996 per la presentazione della domanda di iscrizione nelle liste elettorali, normato in "non oltre il quinto giorno successivo all’affissione di convocazione dei comizi elettorali".

Viene, poi, dedotto che non sarebbero state provate le condizioni minime per conservare il diritto di soggiorno in Italia nonché il godimento dei diritti politici e di elettorato attivo nel loro paese di origine.

Di poi, lamenta l’illegittima ammissione al voto anche per "i cittadini comunitari già inseriti nelle liste elettorali del Comune di Lauro", evidenziando che "nei confronti di tali cittadini comunitari non è stata compiuta alcuna attività preordinata alla verifica del mantenimento dei requisiti oggettivi e soggettivi che avevano consentito il loro inserimento nelle liste elettorali", derivando la necessità di tale continua verifica dal combinato disposto degli artt. 7, 9 e 13 del d.lgs. n. 30/2007.

La censura non è meritevole di favorevole considerazione.

Quanto alla posizione dei cittadini comunitari già inseriti nelle liste elettorali ed in disparte la genericità della censura (non supportata né dalla indicazione del numero dei soggetti interessati né dalla indicazione dello specifico motivo ostativo che ne avrebbe imposto la cancellazione), va osservato che l’invocato obbligo di continua verifica in capo alla commissione elettorale, nei sensi auspicati da parte ricorrente, non trova conforto nella normativa di settore.

Invero, l’articolo 4 del d.lgs. n. 19771996, recante attuazione della direttiva 94/80/CE concernente le modalità di esercizio del diritto di voto per i cittadini dell’unione europea che risiedono in uno Stato membro, dispone che " i cittadini dell’Unione, inclusi nell’apposita lista aggiunta, vi restano iscritti fino a quando non chiedano di essere cancellati o fino a che non siano cancellati di ufficio".

L’iscrizione nelle liste elettorali del Comune segue l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente del Comune medesimo.

La cancellazione dalle liste elettorali richiede, dunque, la previa cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente, la quale è di competenza del Comune e non della commissione elettorale.

Di poi, l’articolo 13 del richiamato d.lgs. n. 30/2007 prevede, al comma 2, che i cittadini dell’Unione ed i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui agli artt. 7, 11 e 12 finchè soddisfano le condizioni fissate negli stessi articoli, precisandosi peraltro che "la verifica della sussistenza di tali condizioni non può essere effettuata se non in presenza di ragionevoli dubbi in ordine alla persistenza delle condizioni medesime".

Le suddette disposizioni, dunque, escludono l’esistenza di un obbligo generalizzato di verifica del mantenimento dei requisiti in sede di revisione delle liste elettorali, in particolare evidenziandosi, a fondamento del procedimento di controllo, la necessità di "ragionevoli dubbi" in ordine alla persistenza degli stessi.

Orbene, osserva il Tribunale che nella fattispecie in esame nulla viene dedotto in ordine alla sussistenza di tali ragionevoli dubbi, legittimanti, giusta la prescrizione normativa, un accertamento in proposito.

Resta a questo punto da esaminare la doglianza con riferimento alla posizione degli undici cittadini comunitari ammessi al voto successivamente, in virtù di attestazione del Sindaco nei giorni ricompresi tra il 13 maggio ed il 16 maggio 2011.

Rileva in proposito il Collegio che la censura, in relazione agli esiti della disamina degli altri motivi di gravame per come sopra svolta, si rivela inammissibile per mancato superamento della prova di resistenza.

Invero, per come chiarito in ricorso, la differenza di voti riportati tra le uniche due liste in competizione è pari a n. 20 voti.

Ove mai la doglianza fosse accolta, essa si riverberebbe su soli undici voti, i quali, se sottratti alla lista risultata vincitrice, comunque non sovvertirebbero il risultato elettorale attribuendo la vittoria alla lista della ricorrente; ciò in considerazione del fatto che essi, in relazione alla contestata ammissione al voto, andrebbero semplicemente decurtati ma non potrebbero essere assegnati alla lista della sig.ra D..

Costituisce, invero, consolidato principio giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, V, 2552010, n. 3305; TAR Toscana, II, 522010, n. 191) quello secondo il quale nel giudizio elettorale l’onere di indicazione delle irregolarità procedimentali lamentate può ritenersi assolto solo se i vizi siano enunciati con quella analiticità sufficiente a delimitare sia la doglianza dedotta, sia la sua incidenza, ai fini dell’accertamento dell’interesse a ricorrere, sul risultato elettorale conclusivo, per modo che sia evitato ogni uso strumentale del giudizio, conseguentemente rivelandosi inammissibile quel ricorso che risulti generico per l’indeterminatezza delle doglianze, per la mancata indicazione delle sezioni in cui si sarebbero verificate le irregolarità, per la mancata enunciazione dei voti attribuibili al ricorrente, oppure che non superi la cd. prova di resistenza, laddove sussistano elementi oggettivi che impediscono di intravedere un qualunque vantaggio giuridico per il ricorrente; in particolare chiarendosi, in applicazione del principio relativo alla cd. "prova di resistenza", che ove l’eliminazione della illegittimità non determini alcuna favorevole modifica del risultato acquisito dalla lista del ricorrente, deve dichiararsi inammissibile per difetto di interesse la censura proposta (cfr. TAR Trentino Alto Adige, Trento, I, 4112010, n. 209).

Per il richiamato canone, infatti, non è possibile pervenire all’annullamento giudiziale del provvedimento impugnato e delle operazioni elettorali a cui questo si riferisce qualora l’illegittimità non si possa tradurre in un effetto concreto sui risultati elettorali (cfr. TAR Lazio, Roma, 9122009, n. 12636).

In conclusione, dunque, il ricorso deve essere in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile, nei sensi sopra precisati.

Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, in relazione alla peculiarità della controversia.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara inammissibile come in motivazione precisato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Antonio Onorato, Presidente

Francesco Mele, Consigliere, Estensore

Giovanni Grasso, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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