Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-06-2011) 12-10-2011, n. 36879 Reati commessi a mezzo stampa diffamazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 24 settembre 2010 la Corte d’Appello di Torino, riformando la pronuncia di condanna emessa dal locale Tribunale, ha assolto L.L. dall’imputazione di diffamazione col mezzo della stampa ai danni dell’organizzazione sindacale FILT – CGIL di Torino, con la formula "perchè il fatto non costituisce reato".

In fatto era accaduto che il L., nella sua veste di responsabile provinciale della Federazione Trasporti Rappresentanze Sindacali di Base, avesse diffuso un volantino nel quale accusava le rappresentanze sindacali CGIL-CISL-UIL di essersi fatte beffe dei lavoratori, di averne calpestato il diritto alla libera scelta della rappresentanza sindacale e di avere colluso con l’azienda datoriale.

La Corte d’Appello ha ritenuto che le espressioni adottate avessero, di per sè, una portata lesiva, ma che nel contesto in cui erano inserite, cioè nell’ambito di un incandescente conflitto sindacale, non eccedessero i limiti dell’esercizio del diritto di critica, quanto meno nella dimensione putativa.

Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Torino, affidandolo a un solo motivo. Con esso deduce contraddittorietà della motivazione per essersi pervenuti alla statuizione assolutoria pur riconoscendosi, in un passo della sentenza, che "le espressioni utilizzate in detto volantino paiono effettivamente esorbitanti il legittimo esercizio del diritto di critica politico-sindacale"; osserva che le stesse valutazioni della condotta dei sindacati confederati avrebbero potuto essere espresse con efficacia senza ricorrere ad espressioni così offensive.

Vi è agli atti una memoria nell’interesse dell’imputato, con cui si chiede il rigetto del gravame.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

Non sussiste la denunciata contraddittorietà della motivazione, atteso che il giudizio sull’esorbitanza delle espressioni usate, rispetto al legittimo esercizio del diritto di critica, è stato espresso dalla Corte d’Appello in via meramente astratta, ipotizzando l’assenza del particolare contesto (invece ritenuto in concreto esistente e decisivo), costituito dal clima di incandescente conflittualità creatosi nelle relazioni fra imprenditoria e rappresentanze sindacali all’epoca in cui il volantino venne stilato e diffuso; proprio valorizzando quel peculiare contesto – connotato da una radicalizzata asprezza dei toni – quale elemento idoneo ad ampliare l’area della continenza, quel collegio ha motivato il convincimento che la fattispecie rientrasse nella previsione dell’art. 51 c.p., quanto meno sotto il profilo putativo di cui all’art. 59 c.p..

La linearità logica del ragionamento, sulla quale soltanto si appunta la critica del P.G. ricorrente, sorregge adeguatamente la decisione assunta.

Non reca un utile argomento in senso contrario il rilievo, che si legge nel ricorso, secondo cui gli stessi concetti avrebbero potuto essere espressi in termini meno offensivi;

ai fini della valutazione del fatto sotto il profilo penalistico ciò che interessa è soltanto la violazione della norma incriminatrice in assenza di cause di giustificazione: mentre non si rende punibile una condotta che, senza eccedere i limiti del "minimo etico" individuato dal precetto penale, scada soltanto a livelli deteriori di convivenza civile.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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