Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-06-2011) 12-10-2011, n. 36878

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 12 aprile 2010 la Corte d’Appello di Messina, sostanzialmente confermando (salvo riduzione della pena) la decisione assunta dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, sezione distaccata di Milazzo, ha riconosciuto M.A. responsabile di due episodi di violenza privata in danno di D.M.R., di due episodi di tentata violenza privata, di una serie di fatti concretanti molestie continuate, nonchè di minaccia e danneggiamento ai danni della stessa D.; ha quindi confermato la sua condanna alla pena di legge, nonchè al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

La prova dei commessi reati è stata tratta principalmente dalle dichiarazioni della persona offesa, ritenute attendibili per la loro linearità e costanza nel tempo, riscontrate per di più dalle deposizioni di alcuni testi.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, congiuntamente al difensore, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza dei criteri di valutazione della prova per essersi omesso il rigoroso vaglio di credibilità della persona offesa, reso tanto più necessario dall’interesse all’esito del giudizio evidenziato dalla sua costituzione di parte civile.

Col secondo motivo lamenta che sulla propria domanda di oblazione non sia intervenuta immediata decisione con ordinanza, come disposto dall’art. 141 disp. att. c.p.p., n. 4, avendo invece il giudice rinviato la decisione alla sentenza conclusiva del giudizio.

Vi è agli atti una memoria presentata nell’interesse della parte civile, con cui si deduce l’inammissibilità, e comunque l’infondatezza, del ricorso proposto dall’imputato.

Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.

Il primo motivo è manifestamente infondato. Ed invero, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il giudice di merito ha sottoposto ad un approfondito vaglio l’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, rilevando che costei aveva dimostrato nel suo narrato lucidità e memoria dei fatti commessi in suo danno, fornendone un resoconto costante nel tempo, a parte alcune difformità su circostanze del tutto marginali; inoltre la Corte d’Appello ha evidenziato come il racconto della D. si fosse mantenuto scevro da toni astiosi, da sostanziali incongruenze e da sospette inverosimiglianze; in aggiunta a tutto ciò ha valorizzato le ulteriori acquisizioni probatorie, costituite per un verso dall’iniziativa assunta in forma scritta dai colleghi di lavoro della D. per denunciare il frequente disturbo recato dal M. importunando la sua vittima sul posto di lavoro (presso gli uffici comunali); per altro verso dai testi A. e B., nonchè dai frequentatori della palestra nella quale si era pure manifestato il comportamento persecutorio dell’imputato.

Nè giova al ricorrente intrattenersi dettagliatamente sul contenuto delle deposizioni testimoniali in questione, al fine di contestarne la capacità dimostrativa: giacchè tale linea difensiva si risolve nella prospettazione di una ricostruzione del fatto alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito, il che non è consentito nel giudizio di cassazione.

L’inammissibilità del secondo motivo deriva, invece, dalla carenza in capo al ricorrente dell’interesse ad impugnare.

La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha già avuto modo di chiarire che non esiste un interesse assoluto delle parti alla correttezza giuridica delle decisioni che li riguardano, in quanto l’interesse richiesto dall’art. 568 c.p.p., comma 4, quale condizione di ammissibilità della impugnazione, deve essere collegato agli effetti primari e diretti dell’atto da impugnare e sussiste solo se il gravame è idoneo ad eliminare una decisione pregiudizievole, determinando per l’impugnante una situazione pratica più vantaggiosa di quella esistente (così Cass. 18 giugno 1999 n. 9135; v. anche Cass. 2 aprile 2003 n. 25683). Nel caso di cui ci si occupa non è dato vedere – nè il ricorrente fornisce ragguagli in proposito – quale effetto pregiudizievole possa essersi prodotto a carico del M. per il fatto che il giudice di primo grado, motivatamente indottosi al convincimento che la domanda di oblazione non fosse meritevole di accoglimento, abbia disatteso la relativa istanza con provvedimento contestuale alla decisione sul merito, anzichè provvedere nell’immediatezza della sua formulazione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

La parte civile, pur non essendo comparsa in udienza a mezzo del difensore, ha svolto tuttavia attività difensiva in forma scritta, per cui le compete la rifusione delle spese; la relativa liquidazione è effettuata in Euro 300,00 per onorari, da maggiorarsi in ragione degli accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonchè delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in Euro 300,00 per onorari, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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