Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-03-2012, n. 4477 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza n. 2291 del 2005 il Giudice del lavoro del Tribunale di Velletri accoglieva l’opposizione proposta da S.M.R., F.P. e F.F. nei confronti del decreto con il quale era stato loro ingiunto di pagare alla Avio s.p.a. (già Fiat Avio s.p.a.) la somma di Euro 170.366,66, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali (e spese della procedura monitoria) a titolo di restituzione di quanto pagato dalla società al defunto F.R. in esecuzione di sentenza esecutiva, in data 2-30 dicembre 1996 del Tribunale di Velletri, sentenza travolta da successiva decisione della Corte di Cassazione n. 2521/1999.

Avverso la detta sentenza la Avio s.p.a. proponeva appello, chiedendone la riforma con il rigetto dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo, con conferma di quest’ultimo.

Si costituivano S.M.R., F.P. e F. F. chiedendo il rigetto dell’appello.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 16-9-2009, respingeva l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese.

In sintesi la Corte territoriale accertava che gli appellati avevano rinunciato all’eredità del defunto F.R. e che nella fattispecie non era stata dimostrata dalla società la acquisizione della qualità di eredi da parte dei convenuti, non potendo ravvisarsi tale acquisizione nè nel possesso della casa coniugale (peraltro di proprietà della S.M.R.), nè nella erogazione delle spese funerarie.

La Corte d’Appello riteneva poi che correttamente il primo giudice aveva ritenuto inammissibili le richieste istruttorie avanzate dalla società.

Per la cassazione di tale sentenza la Avio s.p.a. ha proposto ricorso con due motivi.

S.M.R., F.P. e F.F. hanno resistito con controricorso.

Infine la Avio ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 485 c.c. e vizio di motivazione, la ricorrente lamenta che la Corte d’Appello, al pari del primo giudice "non ha ritenuto, nonostante la specifica richiesta formulata in tal senso dalla società, di dover ordinare" agli appellati "l’esibizione dell’inventario la cui redazione è richiesta dalla legge, a pena di inefficacia dell’atto di rinuncia nei confronti dei creditori del de cuius" ed ha completamente omesso di valutare e considerare il fatto che gli appellati "pur non avendo provveduto alla redazione dell’inventario di cui sopra, siano di fatto rimasti nel possesso di beni ascrivibili al patrimonio del congiunto defunto", e ciò quanto meno con riguardo ai beni mobili del de cuius sicuramente rimasti nella casa coniugale.

La ricorrente si duole inoltre del mancato accoglimento della richiesta istruttoria in ordine all’utilizzo della somma relativa all’assegno emesso dalla società e riscosso dal F. prima della sua morte, e all’eventuale versamento su un conto cointestato.

Con il secondo motivo, la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 116 c.p.c. in realtà lamenta la mancata ammissione dei mezzi istruttori richiesti (in specie interrogatorio formale dei convenuti, prova per testi e richiesta di informazioni alla Banca di Roma) nonchè il mancato esercizio dei poteri istruttori d’ufficio.

Entrambi i motivi, connessi fra loro, risultano infondati.

Come è stato più volte affermato da questa Corte e va qui ribadito, "in tema di successioni mortis causa, la delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sè sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, essendo a tale effetto necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione, mediante aditio oppure per effetto di pro herede gestio oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 485 cod. civ.. Ne consegue che, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all’art. 2697 cod. civ., l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo al l’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità" (v. fra le altre Cass. 30-4-2010 n. 10525, Cass. 12-3-2003 n. 3696, Cass. 6-5-2002 n. 6479).

Nella fattispecie legittimamente la Corte di merito ha accertato che la società non ha dimostrato la acquisizione della qualità di eredi in capo agli appellati, non ricorrendo le ipotesi di legge.

In sostanza avendo gli odierni controricorrenti rinunciato all’eredità, dopo un mese dal decesso del de cuius, e neppure essendo stato dimostrato in concreto alcun possesso specifico di beni ereditari, legittimamente la Corte di merito ha ritenuto che la società non avesse ottemperato all’onere probatorio che su di essa incombeva.

Del resto da un lato la società non ha impugnato la validità della detta rinuncia e dall’altro neppure può ritenersi che nella fattispecie l’efficacia della stessa fosse subordinata alla redazione dell’inventario.

Per quanto riguarda, poi, l’asserito possesso di beni ereditari la Corte territoriale in sostanza ha rilevato che alcunchè di specifico è stato allegato e tanto meno dimostrato dalla società, laddove, invece, è emerso documentalmente (e senza che la società avesse contestato l’efficacia probatoria della relativa documentazione) che la casa coniugale era di proprietà della S.M.R. così come i mobili che l’arredavano.

Nel contempo, sul mancato accoglimento delle richieste istruttorie, la Corte di merito legittimamente ha affermato che "i provvedimenti istruttori pronunziati dal giudice di prime cure sono corretti in quanto la prova articolata dalla società è relativa a circostanze genericamente allegate e che comunque, ove pure confermate, non sarebbero probanti dell’avvenuta assunzione della qualità di eredi da parte degli appellati" (come ad esempio la circostanza, di certo non decisiva, che gli appellati avevano continuato a dimorare nella abitazione dove avevano convissuto con il de cuius).

Per quanto riguardava poi la negoziazione dell’assegno circolare emesso dalla società e (pacificamente) introitato dal F. prima della sua morte, in relazione al quale la società aveva richiesto di acquisire informazioni presso la Banca di Roma circa il conto corrente sul quale era stato effettuato il versamento, la Corte di merito correttamente ha rilevato la inammissibilità della richiesta di informazioni, prevista solo nei confronti di una pubblica amministrazione (v. Cass. 8-8-2002 n. 12023), ed ha affermato che neppure poteva disporsi una acquisizione con ordine di esibizione ope iudicis in quanto la società non aveva spiegato le ragioni per le quali non era in possesso della copia dell’assegno da essa stessa emesso ovvero le ragioni per le quali era nell’impossibilità di acquisirlo.

Su tale ultimo punto, pertanto, anche secondo l’indirizzo che ammette il sindacato di legittimità sul mancato accoglimento della richiesta di ordine di esibizione di un documento quanto meno sotto il profilo del difetto di motivazione (v. da ultimo Cass. 19-5-2009 n. 11603, Cass. 17-3-2010 n. 6439, Cass. 20-6-2011 n. 13533; contra cfr. da ultimo Cass. 23-2-2010 n. 4375, Cass. 29-10-2010 n. 22196, Cass. 16- 11-2010 n. 23120) è indubbio che nella fattispecie la Corte di merito ha fornito una specifica motivazione al riguardo, senz’altro congrua e priva di vizi logici, che resiste alla censura della società.

Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente, in ragione della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, con attribuzione al difensore per dichiarazione di anticipo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare ai controricorrenti le spese liquidate in Euro 50,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA, con attribuzione all’avv. Paolo D’Eletto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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