Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-06-2011) 12-10-2011, n. 36826 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 28 aprile 2010 il Tribunale in composizione monocratica di Taranto dichiarava M.C. (imputata del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 e art. 44, lett. b) commesso in (OMISSIS)), colpevole del detto reato, condannandola alla pena ritenuta di giustizia.

Ricorre avverso la detta sentenza l’imputata a mezzo del proprio difensore fiduciario, deducendo: a) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione in punto di affermazione della sua penale responsabilità; b) omessa motivazione in punto di mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato penale.

In particolare, con riguardo al primo motivo, la difesa deduceva che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto sussistente il reato nonostante l’opera edilizia fosse di tipo precario (trattandosi di uno stabilimento balneare di carattere stagionale), e che, in ogni caso, la fattispecie contestata non poteva ritenersi integrata a causa della mancata rimozione della struttura alla scadenza fissata, così come richiesto dall’Autorità Amministrativa.

Per quanto riguarda il secondo motivo la difesa si doleva della mancata motivazione in ordine alla invocata concessione del beneficio di cui all’art. 175 c.p..

Il ricorso è infondato.

La vicenda oggetto del presente processo riguarda la mancata rimozione da parte della odierna ricorrente – amministratrice unica della "PUERTO HIGO CHUMBO s.r.l." – di una struttura complessa (costituita da cabine ad uso spogliatoio, raccordo in legno tra i percorsi pedonali, locale bar con annesse sedie e tavoli, forno a legna e pedana per il ballo) destinata a stabilimento balneare, per il cui mantenimento fino alla scadenza della concessione demaniale già rilasciata alla M., era stata da costei avanzata istanza, non accolta dal Comune.

Ciò precisato, la tesi prospettata nel ricorso, secondo la quale il permesso di realizzare la struttura rilasciato sin dall’anno 2001 avrebbe dovuto intendersi come definitivo e non provvisorio (così pag. 3 del ricorso in esame) non è fondata, così come non lo è la tesi secondo la quale nessun obbligo giuridico di rimozione delle opere allo spirare del termine gravava sulla ricorrente.

E’ pacifico in atti che la struttura realizzata dalla ricorrente fosse di tipo "precario" in relazione alla possibilità di un agevole smontaggio e rimozione a semplice richiesta dell’Autorità amministrativa: la precarietà della struttura era peraltro strettamente correlata ad una attività di tipo stagionale connessa al periodo della balneazione.

Per pacifica giurisprudenza di questa Corte, il carattere stagionale di un manufatto non implica la precarietà dell’opera, potendo questa essere destinata al soddisfacimento di un bisogno di carattere non provvisorio attraverso la perpetuità della funzione (in termini, Cass. Sez. 3A, 19.2.2004 n. 11880, Pieri, Rv. 227572; v. anche per il concetto di "precarietà", Cass. Sez. 3A 25.2.2009 n. 22054, Frank, Rv. 243710).

Inoltre come precisato dalla uniforme giurisprudenza di questa Corte, la mancata rimozione di un’opera edilizia allo spirare del termine stagionale integra in ogni caso l’ipotesi contravvenzionale di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44.

Infatti, secondo il combinato disposto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 e art. 40 c.p., comma 2 (a tenore del quale non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo), il soggetto autorizzato ad installare un manufatto di tipo non stabile ed a mantenerlo per finalità esclusivamente stagionali, nel momento in cui non ottemperi all’ordine di rimozione, per ciò solo risponde del reato urbanistico (in termini Cass. Sez. 3A 6.6.2006 n. 29871, Sciavilla, Rv. 234939).

Nel caso in esame la M. che – come è dato leggere nella sentenza impugnata – era titolare di una concessione demaniale temporanea (con durata sino al 30 settembre 2009) rilasciatale dall’Autorità marittima nel 2003, aveva ottenuto un permesso di costruire una struttura di agevole rimozione costituita da attrezzature varie (blocco bagni, servizi e cucina, blocchi cabile,m struttura di riposo e bar, forno, reception e piazzale in legno con camminatoi) per il periodo maggio-ottobre 2006 con obbligo di rimozione, salvo rinnovi.

L’istanza presentata dalla M. in data 13 ottobre 2006, come si legge nella sentenza impugnata, finalizzata al mantenimento della struttura sino alla scadenza della concessione demaniale, era stata rigettata.

Correttamente, quindi, il Tribunale ha ritenuto l’imputata priva del titolo abilitativo a mantenere la struttura e inadempiente all’ordine (legittimo) di rimozione.

Altrettanto correttamente il Tribunale ha precisato che gravava sull’imputata l’obbligo giuridico di adempiere, che, se non assolto, integra l’ipotesi contravvenzionale in discorso per quelle specifiche ragioni legate al dovere di provvedere non assolto che refluisce sul D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44.

Con riferimento, poi, al secondo motivo di ricorso, lo stesso è, invece, inammissibile.

Invero, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, è onere del ricorrente che lamenti l’omessa (o travisata) valutazione di specifici atti processuali, provvedere alla trascrizione in ricorso dell’integrale contenuto degli atti medesimi, nei limiti di quanto già dedotto, in quanto al giudice di legittimità è precluso l’esame diretto di essi, tranne che il fumus del vizio non emerga ictu aculi dalla stessa articolazione del ricorso.

Ciò costituisce applicazione del c.d. "principio di autosufficienza del ricorso", mutuato dall’art. 360 c.p.c., n. 5 applicabile anche al processo penale, che impedisce al giudice di legittimità di procedere al controllo sulla congruità della motivazione in rapporto ai dati processuali (in termini, tra le tante, Cass. Sez. 5A 22.3.2006 n. 19855, Blandino, Rv. 234095; Cass. Sez. 1A 22.1.2009 n. 6112, Bouyahia, Rv. 243225; Cass. Sez. 1^18.3.2008 n. 16706, Falcone, Rv. 240123).

Mancando nel ricorso qualsiasi riferimento testuale al dedotto vizio di omessa motivazione (in quanto è del tutto insufficiente il richiamo ad un atto il cui contenuto non risulta trascritto nel testo del ricorso) il relativo motivo deve ritenersi aspecifico e dunque inammissibile. Segue al rigetto del ricorso, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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