Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-03-2012, n. 4615 Prescrizione presuntiva

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.E. e S.G.G. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 104/2010 della Corte di appello di Firenze che, in totale riforma di quella di primo grado del Tribunale di Firenze n. 3720/05, ha respinto l’eccezione di prescrizione del credito degli architetti B.A. e Be.Se. e condannato gli attuali ricorrenti in solido a pagare Euro 5.160,28 oltre interessi e spese.

La corte territoriale, esaminati i motivi di gravame degli architetti, rilevato essere pacifico dagli atti introduttivi che i professionisti attori avevano fatto domanda di saldo delle uniche prestazioni concluse con il compimento delle opere di ristrutturazione nell’anno 1996, che erano state pagate tre fatture di acconto, deduceva che, pur col richiamo all’art. 2956 c.c., l’eccezione non appariva articolata come prescrizione presuntiva ma estintiva.

Valorizzava il rifiuto a pagare il saldo ed altri elementi incompatibili con la prescrizione presuntiva, riteneva provata l’esecuzione dell’attività professionale e non contestata la notula salvo ad essere disattesa quanto al saldo, oltre che congrua, donde la decisione indicata.

Il ricorso si articola in quattro motivi, cui resistono B. e Be. in proprio e quali rappresentanti della Tangram Architetture con controricorso con ricorso incidentale, resistito da ulteriore controricorso dei ricorrenti. Le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione

I ricorrenti principali denunziano, col primo motivo, la decadenza degli architetti dalle richieste istruttorie ai sensi dell’art. 184 c.p.c. rilevata ed accertata in primo grado e non impugnata; col secondo motivo l’inesistenza di qualsiasi prova che abbia dimostrato l’ammissione del mancato pagamento; col terzo motivo l’omessa motivazione sull’inammissibilità della documentazione depositata in appello; col quarto la condanna alle spese.

Col ricorso incidentale si deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, errata interpretazione della L. n. 143 del 1949 e dei criteri indicati nella tariffa professionale, per aver liquidato Euro 5610,28 anzicchè 12.166,88, conteggiando le sole prestazioni attinenti al progetto ed alla direzione dei lavori e non considerando altre prestazioni specialistiche richiamate nella missiva 8.11.2001.

Le prime due censure non meritano accoglimento.

La decisione impugnata deduce che il primo Giudice aveva confuso l’importo preteso a saldo del credito con l’intero credito mentre era chiaro che la somma chiesta era quanto residuava dopo detratta la parte del credito che i debitori non contestavano.

Rispetto ad una sentenza che si basa sul pacifico rifiuto di pagare la differenza pretesa a saldo dai creditori con la missiva 8.11.2001 rispetto ad acconti dedotti nelle fatture e mai contestati come tali, il ricorso principale, nei primi due motivi, si limita a generiche deduzioni che non attengono a vizi specifici della sentenza impugnata e, anche nella tecnica espositiva, richiede un riesame del merito non consentito e non risolutivo.

I convenuti hanno disconosciuto l’esistenza di un saldo ed in tal modo hanno negato di aver pagato la somma a tale titolo pretesa dagli attori.

Questa Corte (Cass. 21.6.2010 n. 14927) ha statuito che l’ammissione in giudizio della mancata estinzione dell’obbligazione, che a norma dell’art. 2959 c.c. impedisce l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione presuntiva, è ravvisabile in tutte le ipotesi in cui il debitore affermi di aver pagato il dovuto, ma in un ammontare inferiore all’importo preteso dal creditore, giacchè le contestazioni sul quantum debeatur ridondano per la differenza sull’an debeatur ed implicano, quindi, il riconoscimento della sia pur parziale permanenza in essere del rapporto controverso.

Il terzo motivo è fondato.

La sentenza, a pagina due, riferisce che i convenuti, dopo aver ribadito la decadenza degli attori da deduzioni istruttorie, hanno contestato e chiesto la declaratoria di inammissibilità della documentazione allegata dagli appellanti allegata alla citazione in appello, ma poi non ha speso alcuna parola sull’ammissibilità dei documenti ed in particolare sul documento n. 7.

Il quarto motivo è assorbito dall’accoglimento del precedente.

Il ricorso incidentale è ammissibile perchè il mandato a due difensori non preclude l’attività di uno solo di essi e la procura in calce non può che riferirsi allo stesso atto; ma è infondato perchè da un lato prospetta un errore di conteggi non deducibile in questa sede, dall’altro non riporta analiticamente, in violazione del principio di autosufficienza, la missiva invocata nella quale si assume siano specificate le somme non liquidate.

In ogni caso la liquidazione era omnicomprensiva in base agli artt. 15 e 19 della tariffa.

Donde il rigetto di entrambi i ricorsi ad eccezione, per quanto dedotto del terzo motivo del ricorso principale con assorbimento del quarto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo e secondo motivo del ricorso principale, accoglie il terzo e dichiara assorbito il quarto. Rigetta il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Firenze, altra sezione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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