Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-03-2012, n. 4611 Testamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.G., L., F. e T.L., con atto notificato il 23 maggio 1988, citarono innanzi al Tribunale di Pistoia l’amministrazione provinciale di quella città, chiedendo che, previo accertamento del contenuto dell’onere testamentario afferente ad un legato in favore di detto ente territoriale, allo stesso fosse imposto di disporre del patrimonio immobiliare ricevuto in legato da Pu.In., vedova A. adibendo a convalescenziario per minori la villa e gli annessi terreni siti in (OMISSIS), secondo le disposizioni contenute in un testamento del 1933; in alternativa, domandarono che fosse risolto il legato per inadempimento del modus e che fosse dichiarata aperta la successione in favore degli aventi diritto. La Provincia di Pistoia si costituì insistendo perchè la domanda fosse respinta; intervennero nel giudizio la USL n. (OMISSIS) – a sostegno delle ragioni della convenuta – e P.M.N., sorella della Pu., – che invece aderì alle istanze delle parti attrici.

Il Tribunale adito respinse le domande proposte con sentenza n. 333/2004; tale pronunzia venne impugnata da G.M., F., I., M.G. e T.L.; le parti pubbliche si costituirono svolgendo separati appelli incidentali avverso la disposta compensazione delle spese; la P.M. fu dichiarata contumace; deceduti nel corso del giudizio sia T.L. che T.F. e notificati detti eventi interruttivi alle altre patti, la Corte di Appello di Firenze, pronunziando sentenza n. 425/2010, dichiarò l’estinzione del giudizio, ritenendo non rispettato l’onere della tempestiva notifica dell’atto in riassunzione: quanto ai pretesi eredi di T.L. – E., G., El., Gr. e F.R. – perchè non sarebbe stato dimostrato il loro rapporto parentale con la defunta, tale da farli ritenere chiamati all’eredità di costei; quanto alla P. M., perchè la notifica era stata eseguita a mani del procuratore della medesima, nominato nel giudizio di primo grado, anzichè a quest’ultima, dichiarata contumace nel giudizio di appello. Per la cassazione di tale decisione – sulla base di quattro motivi- hanno proposto ricorso S. e T.N., eredi di B.L.M. – parte già riassumente il giudizio – e di T.F.; C. e B.R. – eredi di T.I., anch’essa parte già riassuntrice del giudizio;

M.G. e T.G.M. – anch’essa costituitesi in riassunzione nel precedente grado di giudizio, depositando altresì memorie; hanno resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale, sia la Provincia di Pistoia sia la Azienda USL n. (OMISSIS) di Pistoia, succeduta alla USL, indi ASL, omonime.

Le altre parti non hanno svolto difese.

Motivi della decisione

1 – Con il primo motivo viene denunziata la violazione delle norme disciplinanti il contraddicono ed il principio dell’interesse ad agire, nell’ambito del giudizio per adempimento dell’onere ex art. 648 cod. civ., assumendosi che legittimi contraddittori della speciale azione contemplata in detta norma sarebbero stati non solo gli eredi della testatrice ma anche tutti 1 prossimi congiunti di Pu.An.El., nonchè tutti i soggetti per la cui tutela era stato posto l’onere; trattandosi peraltro di un’azione di accertamento, non vi sarebbe stato litisconsorzio necessario tra coloro che fossero stati parti del rapporto sostanziale e quindi il risultato voluto dalle originarie parti attrici si sarebbe prodotto anche in capo agli eredi di T.L. e per la contumace P.M.N. ( pur se irritualmente raggiunti dalla notifica dell’atto di riassunzione od erroneamente indicati in quest’ultimo): dette parti poi neppure avrebbero avuto un interesse oppositivo alle domande originariamente proposte.

2 – Con il secondo motivo viene dedotta, in via subordinata al mancato accoglimento del precedente motivo, la violazione delle norme sull’integrazione del contraddittorio in relazione alle conseguenze dell’estinzione per intempestiva riassunzione del processo interrotto – artt. 102, 303, 305 e 307 c.p.c. – rilevando: che l’eccezione di estinzione era stata sollevata – tardivamente – solo all’udienza di precisazione delle conclusioni; che la certificazione prodotta a corredo del ricorso in riassunzione era idonea al fine di dimostrare il legame di diretta discendenza dei F. (all’epoca minori) dalla defunta T.L. e del marito F.A. di cui erano figli, in quanto il c.d. certificato storico dello stato di famiglia ben avrebbe potuto sostenere una denunzia di successione;

che sarebbe stato onere dell’eccipiente provare la mancata notifica dell’atto di riassunzione a tutti i chiamati all’eredità di T. L., previa loro esatta identificazione; che , al postutto, era stata tentata, in precedenza, una notifica agli eredi T. collettivamente ed impersonalmente all’ultimo domicilio della de cuius, attività notificatoria – in cui si era dato atto del "trasferimento" della parte ormai defunta, nella relata di notifica dell’ufficiale giudiziario – non era andata a buon fine per l’omesso deposito della copia dell’atto da notificare nella casa comunale e l’omessa affissione dell’avviso di deposito – in ordine alla cui invalidità veniva osservato che, pur dovendosi parlare di nullità dell’attività notificatoria ma non di inesistenza, avrebbe dovuto esser concesso un termine per nuova notifica.

3 – Con il terzo motivo le parti ricorrenti fanno valere l’erronea applicazione delle norme a presidio del rinnovo delle no ti fiche nulle alla parte contumace – artt. 291, 292, 300, 331 c.p.c. – evidenziando che la notifica al procuratore della P. M. nominato per il precedente grado di giudizio, pur se nulla, avrebbe imposto la concessione di un termine per nuova attività notificatoria; osservano altresì che la comparsa riassuntiva non rientrerebbe tra quegli atti che debbano essere notificati al contumace stesso.

4 – Con il quarto motivo viene lamentata la violazione delle norme presidianti la ripartizione dell’onere delle spese in caso di estinzione del giudizio: stante l’erroneo richiamo ai principi della soccombenza in lite, la cui ricorrenza era in radice esclusa dal mancato esame del merito; in considerazione che l’onere dell’integrazione del contraddittorio era a carico di tutte le parti in lite e che pertanto era illegittima l’imposizione dell’integrazione a carico di una parte determinata.

5 – I suesposti motivi vanno esaminati congiuntamente in quanto, sotto diversi ma strettamente connessi aspetti, criticano la soluzione adottata dalla Corte di merito in ordine al problema della incidenza del mancato ricostituirsi, a seguito di riassunzione nei confronti degli eredi delle parti originarie, del litisconsorzio processuale esistente tra le medesime e gli altri consorti in lite, mettendola in relazione con il litisconsorzio sostanziale discendente dalla natura della domanda agita. 6- I primi tre motivi sono fondati – pur se con le precisazioni appresso esposte – ed il quarto ne risulta assorbito.

6/a – Come esposto nella narrativa di fatto le originarie parti attrici, agendo anche nella loro qualità di eredi – per ordo successivus – della Pu. – A., avevano chiesto l’accertamento del contenuto dell’onere testamentario che gravava sul lascito della testatrice per dedurne l’inadempimento della onerata Provincia – cui poi successe, per le competenze sanitario- assistenziali, la Azienda USL n. (OMISSIS) – e l’apertura della successione legittima a seguito dell’accoglimento dell’azione di risoluzione del modus.. Appare evidente che ognuna delle parti originarie attrici era legittimata alla proposizione dell’azione ex art. 648 c.c., comma 1, nella loro qualità di prossimi congiunti della Pu. – A. ( tenuti a garantire l’interesse morale che il testatore aveva considerato nel disporre l’onere: cfr. Cass. 2306/1975), mentre, per quanto concerne la risoluzione per inadempimento – art. 648 c.c., comma 2, in quanto non risulta in atti contestato che gli stessi fossero latori di un interesse concreto alla risoluzione della disposizione modale, stante la loro posizione di credi legittimi della medesima testatrice: quanto a quest’ultimo aspetto, giudica la Corte utilmente invocabile, a disciplina della fattispecie, quanto sostenuto in generale sul potere surrogatorio di ciascuno dei comproprietari nel far valere una causa di risoluzione del contratto concluso con terzi – atteso che alla speciale risoluzione ex art. 648 c.c., comma 2, vanno applicate le norme in materia di risoluzione contrattuale: vedi Cass n. 2569/2003- in virtù della presunzione che ciascuno dei legittimati agisca con il consenso degli altri. Tale situazione interagisce allora, come accennato, con il ritenuto litisconsorzio di natura processuale che impone che nel giudizio siano chiamati a partecipare tutti gli eredi delle parti originarie:

invero, la natura processuale di siffatto litisconsorzio non dipende dal diritto fatto valere o dalla particolare immutazione della realtà che si chiede al giudice – tale che sarebbe inutiliter data la sentenza che fosse emessa in carenza di un legittimo e necessario contraddittore – così permettendo di non estendere agli altri consorti in lite eventuali cause di estinzione che affettino uno solo degli eredi delle parti originarie. Conferma indirettamente tale assunto anche l’arresto delle sezioni unite che, in caso di litisconsorzio facoltativo sostanziale, ha statuito la scindibilità dell’effetto estintivo che colpisca una delle parti ( cfr. Cass. Sez Un. n. 15142/2007).

7 – Nella narrativa di fatto della decisione impugnata si è dato atto: che all’udienza del 2 novembre 2007, fissata originariamente per la discussione della causa e indicata anche come udienza per la prosecuzione del giudizio, a seguito della richiesta all’uopo avanzata, contenuta nell’atto di costituzione in prosecuzione di M.G., I., T.G.M. nonchè di S., T.N. e di B.L.M. – le ultime tre nella qualità di eredi di T.F. – era stata pronunziata ordinanza con la quale era stato dato atto della mancata documentazione del perfezionarsi della notifica del ricorso in riassunzione alle altre parti, diverse dagli enti pubblici; che in detto provvedimento era stato concesso termine fino al 17 gennaio 2008 per nuova notifica del ricorso riassuntivo sia agli eredi di T.L. sia a quelli della P.M., con fissazione del termine per la trattazione innanzi al Consigliere istruttore; che nelle more della trattazione collegiale della causa – a seguito del rinvio operato dal medesimo istruttore – erano stati notificati atti di significazione del decesso anche di T. I. e di B.L.M., dunque atti astrattamente idonei a determinare un’interruzione del processo; che con atto di prosecuzione depositato il 6 aprile 2009 si erano costituite:

S. e T.N., qualificandosi come eredi di L. B.M. – a suo tempo parte riassuntrice – nonchè C. e B.R., nella loro dichiarata qualità di eredi di T.I., chiedendo la fissazione di udienza per la prosecuzione del processo interrotto; che su tale istanza non era stato emesso alcun provvedimento; che prima ancora dell’ultima riassunzione si sarebbe verificata una causa di estinzione del processo dovuta al fatto che, dopo l’ordinanza collegiale del 2 novembre 2007, il procuratore delle parti in riassunzione aveva notificato il ricorso ed il pedissequo decreto a soggetti – tali F. – assumendo che fossero eredi di T.L. ma non documentandone tale qualità -pur di fronte all’eccezione in tal senso formulata dalla difesa della Provincia – stante l’inidoneità a tal scopo della produzione di un certificato storico di stato di famiglia della stessa T.L., il quale se poteva attestare che, ad una certa data, vi fosse stata la coabitazione di determinati soggetti – i F. appunto – con la parte defunta L. T. però non poteva fare stato circa il rapporto familiare con la stessa; che, del pari, non si era perfezionata la fattispecie notificatoria nei confronti di P.M.N., atteso che la stessa, costituitasi in primo grado, era rimasta contumace in grado di appello, cosi che la notifica avrebbe dovuto esserle fatta personalmente e non, come in effetti avvenuto, a mani del procuratore che l’aveva in precedenza rappresentata e difesa.

8 – Posto quanto precede va innanzi tutto rilevato che la Corte territoriale non fa questione se i F. potessero essere destinatari della notifica dell’atto riassuntivo qualora non fosse stata dimostrata la loro qualità di eredi strictu sensu e non già solo chiamati all’eredità, ritenendo, più in radice, che la documentazione depositata non fosse idonea a dimostrare un qualsiasi nesso con la famiglia della defunta T.L., da cui far discendere la loro legittimazione passiva ad essere chiamati a partecipare al giudizio in luogo della predetta: l’assunto è condivisibile in quanto con motivazione specifica e non contraddittoria nelle sue proposizioni logiche la Corte distrettuale ha valutato l’insufficienza probatoria del certificato storico di stato di famiglia a dimostrare il rapporto parentale tra soggetti conviventi sotto lo stesso tetto e, a provare se vi fossero altri eredi che potessero succedere alla defunta T.L.: tale delibazione degli atti processuali non è quindi suscettibile di ulteriore scrutinio in questa sede; a ciò va altresì aggiunto che in ogni caso la produzione del siffatto certificato non era idonea a provare l’accettazione dell’eredità da parte dei pretesi chiamati, nè è stato sostenuto che dagli atti emergessero elementi per affermare positivamente l’esistenza delle condizioni per l’acccttazione tacita dell’eredità, così confermando l’indirizzo interpretativo di questa Corte (cfr. Cass. 21287/2011) a mente del quale la legittimazione passiva a proseguire o riassumere il giudizio interrotto può essere individuata allo stato degli atti, cioè nei soli confronti dei soggetti che oggettivamente presentino un valido titolo per succedere, qualora non sia conosciuta – o conoscibile con l’ordinaria diligenza – alcuna circostanza idonea a dimostrare che il titolo a succedere sia venuto a mancare (rinuncia, indegnità, premorienza, ecc.).

9- Va peraltro rilevato che l’eccezione di estinzione del giudizio – per inosservanza dell’ordine di notifica agli eredi di L. T. – fu sollevata solo all’udienza successiva a quella fissata per la trattazione della causa a seguito della riassunzione, essendosi limitati, in quest’ultima occasione, i procuratori delle parti pubbliche a riservarsi un miglior controllo sulla qualità di eredi dei F.: la questione dunque si sarebbe dovuta porre, più che in termini di estinzione, in quelli di improseguibilità del giudizio ( su cui vedi Cass. 11361/1999, a cui adde Cass, 10322/2004) ma, neppure tale soluzione interpretativa avrebbe potuto trovare applicazione, dal momento che anch’essa presupponeva l’esistenza di un litisconsorzio sostanziale, più sopra sottoposta a critica.

10 – Quanto poi alla dedotta necessità di concedere nuovo termine per la notifica alla P.M., correttamente parti controricorrenti evidenziano che il termine venne concesso e fu espressamente qualificato come perentorio; va comunque confermato l’indirizzo interpretativo richiamato dalla Corte fiorentina che fa rientrare la parte contumace tra i soggetti destinatari del ricorso in riassunzione – sulla base dell’osservazione che il contumace può avere un interesse nuovo e distinto a fare valere nei confronti di nuovi soggetti – costituitisi, a seguito della riassunzione,in luogo della parte originaria, seppure nella medesima situazione sostanziale e processuale – ragioni che non fossero opponibili o che per ragioni personali non aveva inteso opporre alla parte originaria – (cfr.

Cass. 5341/2004, a cui adde, più di recente, Cass. 13.981/2011) interessando, la contraria giurisprudenza invocata dalle parti ricorrenti, la diversa ipotesi dell’omessa notifica dell’ordinanza che disponeva l’integrazione del contraddicono (Cass. 4440/2007) o comunque essendo espressione di un indirizzo che non teneva conto dell’influenza del fatto nuovo rappresentato dall’eventuale costituzione degli eredi di una delle parti (vedi fattispecie esaminata da Cass. 8729/1998).

10/a – In secondo luogo d’ostacolo alla rinnovazione della notifica sta la constatazione che l’attività notificatoria invalida già era in esecuzione di un nuovo ordine di integrazione nel quale il termine per la notifica era perentorio, così facendo venir meno la possibilità dell’applicazione del principio affermato in sede di legittimità, secondo il quale essenziale per il rispetto del termine (allora) semestrale per la riassunzione della causa era il tempestivo deposito del ricorso in riassunzione o prosecuzione, ponendosi il momento della notifica in un momento successivo ed esterno alla fattispecie conducente all’estinzione del giudizio; in contrario la precedente fissazione dell’udienza di trattazione del processo riassunto, pur senza indicazione del termine per la notifica dell’atto riassuntivo, stava a significare che quest’ultima avrebbe dovuto intervenire in un momento utile al fine di conservare il diritto – da parte dei destinatati di tale attività di comunicazione – di valutare se costituirsi in giudizio o meno.

11 – Con separati ma analoghi motivi di ricorso incidentale la Provincia di Pistoia e la Azienda Usl n. (OMISSIS) censurano – sotto il profilo della violazione della norma sul processo – art. 307 c.p.c., commi 3 e 4 – l’omessa dichiarazione di estinzione del processo da parte della Corte distrettuale, non appena fu eccepita la sussistenza di tale causa interruttiva all’udienza del 2 novembre 2007, poi ribadita in sede di precisazione delle conclusioni all’udienza del 21 aprile 2008: ritiene la Corte che le considerazioni in precedenza esposte in merito alla non corretta estinzione dell’intero procedimento facciano ritenere assorbite le censure in questione, anche in considerazione del fatto che la sentenza di appello ha pronunziato l’estinzione con riferimento anche alla irritualità della prima notifica ai F.; va comunque rilevata l’erroneità dell’assunto della difesa della Provincia che parte dal presupposto dell’immediata applicabilità del disposto dell’art. 307 c.p.c., comma 4, come modificato dalla L. n. 69 del 2009, prevedente il rilievo officioso della causa di estinzione, atteso che, a mente dell’art. 58, comma 1, di tale testo normativo, tale innovazione si applica ai giudizi instaurati dopo la data di sua entrata in vigore (4 luglio 2009).

12 – La sentenza va dunque cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rimessa a diversa sezione della stessa Corte di Appello di Firenze che provvederà anche sulle spese del procedimento di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE Cassa la sentenza impugnata in ordine ai motivi accolti, assorbiti gli altri; rinvia a diversa sezione della Corte di Appello di Firenze anche per la liquidazione delle spese del procedimento di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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