Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-06-2011) 12-10-2011, n. 36858 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Bari, con sentenza del 5 marzo 2010, ha riformato la sentenza del GUP presso il Tribunale di Bari, del 10 marzo 2009 riqualificando il reato ascritto a C.D. da quello di tentato omicidio a quello di lesioni personali aggravate in danno di P.A. e diminuendo, di conseguenza, la pena irrogata.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo dei propri difensori, lamentando l’avvocato Eustacchio Sisto quale unico motivo la mancata concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, così come operato al contrario dal Giudice di prime cure e dando vita ad una non consentita reformatio in peius; l’altro difensore, Sisto Francesco Paolo, del pari ha evidenziato la mancata concessione delle attenuanti generiche nonchè la mancata motivazione sulla quantificazione della pena e sulla quantificazione del risarcimento del danno alla parte civile.

3. Risulta, altresì, pervenuta una memoria difensiva nell’interesse della parte civile P.A..

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Innanzitutto e in rito, l’eccezione di tardività del ricorso a firma dell’avvocato Francesco Paolo Sisto, sollevata nell’interesse della parte civile, è sicuramente infondata in quanto la data del suo tempestivo deposito (secondo i condivisibili calcoli della stessa parte civile) è proprio quella del 19 aprile 2010 e non quella successiva del pervenimento del ricorso alla Corte di Appello di Bari il 21 aprile 2010. 3. Quanto al merito effettivo, deve notarsi come l’unico motivo del ricorso a firma dell’avvocato Eustacchio Sisto sia infondato poichè ricollega la violazione della disciplina di cui all’art. 597 c.p.p., in mancanza di appello del P.M. e, quindi, con effetti di violazione del divieto di reformatio in peius, al modificato risultato del giudizio comparativo operato dalla Corte di merito tra circostanze attenuanti ed aggravanti, esplicitato nei diversi termini di equivalenza rispetto a quelli della prevalenza riconosciuta dal primo Giudice.

Vale premettere, però, come tale prevalenza fosse stata correlata anche alla pronunzia di condanna per il delitto di tentato omicidio, essendo stato poi ritenuto definitivamente (e qualificato) il relativo fatto contestato in termini di lesione personale pluriaggravata, rispetto al quale è stata appunto affermata l’equivalenza delle attenuanti generiche già concesse.

Dalla premessa risulta evidente il legittimo fondamento del nuovo giudizio comparativo, ben diverso essendo (oggettivamente e soggettivamente) il presupposto della correlativa valutazione rispetto agli elementi del contestato delitto di omicidio tentato ed a quelli del reato di lesione personale pluriaggravata definitivamente ritenuto, nel primo venendo in rilievo positivo il riscontro di una limitata iniziativa aggressiva (che ha lasciato ipotizzare dal primo Giudice la sussistenza del dolo eventuale dell’omicidio tentato) e nel secondo apprezzandosi negativamente le modalità operative del fatto, commesso con l’uso di un’arma in danno di persona disarmata: da un lato, pertanto, la riconosciuta derubricazione rispetta, ai sensi dell’art. 521 c.p.p., il canone legale della correlazione della pronunzia con l’imputazione contestata e, dall’altro, legittima la rinnovazione del giudizio della Corte di merito ai sensi dell’art. 69 c.p., per quanto specificamente espletato in precedenza in relazione alle circostanze aggravanti peculiari di tale diverso reato.

Conseguentemente la censura include pure la prospettazione di doglianze sul merito del regime sanzionatorio, adottato, viceversa, senza alcuna violazione del divieto di reformatio in peius se si pensa che, in concreto, la pena inflitta al ricorrente sia passata da anni quattro e mesi due di reclusione in prime cure a quella di anni due e giorni venti di reclusione nel grado di appello (v. giurisprudenza pacifica a partire da Cass. Sez. 5, 22 maggio 1998 n. 10069 fino di recente a Sez. 5, 3 aprile 2009 n. 40049).

4. I motivi evidenziati, a loro volta, nel ricorso a firma dell’avvocato Francesco Paolo Sisto si appalesano ancora più infondati e ai limiti dell’ammissibilità in quanto:

a) non si è affatto verificata alcuna reformatio in peius per quanto dianzi esposto;

b) nella sentenza d’appello (v. pagina 9 della motivazione) sono chiaramente indicati sia l’entità dell’aumento della pena per l’affermata continuazione che il calcolo complessivo e definitivo della pena;

c) nella medesima sentenza (v. pagina 10 della motivazione) del pari in maniera correttamente aderente alla pacifica e citata giurisprudenza di questa Corte nonchè con logica espressione del pensiero si è affermata la risarcibilità del nocumento subito dalla parte civile costituita a seguito dell’illecita e violenta aggressione dell’odierno ricorrente.

5. Il ricorso va, pertanto, rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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