Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-06-2011) 12-10-2011, n. 36825 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 7 ottobre 2010, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria 12 febbraio 2010, con la quale l’imputato era stato condannato, riconosciuta la continuazione, per il reato di cui all’art. 609 bis c.p., u.c., per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con violenza e minacce, costretto la sorella minore a subire atti sessuali in un periodo di circa quattro anni.

I fatti oggetto del presente giudizio sono maturati in un contesto familiare disgregato e pesantemente degradato, ampiamente descritto nella sentenza impugnata, e sono limitati al lasso di tempo intercorso tra il compimento del quattordicesimo anno e la maggiore età, non essendo stati presi in considerazione analoghi episodi precedenti e successivi a tale periodo. Per quanto qui rileva, si tratta, essenzialmente, di toccamenti intimi non penetrativi ripetuti periodicamente. L’accertamento della penale responsabilità dell’imputato si è fondato, essenzialmente, sulle dichiarazioni della persona offesa.

2. – Avverso tale pronuncia, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo: 1) la mancata assunzione di una prova decisiva, costituita dalla perizia psicologica sulla persona offesa diretta a valutarne il grado di maturità psichica, viste le evidenti contraddizioni del suo racconto, con particolare riferimento alla circostanza, non ritenuta credibile dagli stessi giudicanti, della natura penetrativa dei rapporti sessuali in questione; 2) la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione quanto all’attendibilità della persona offesa.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

I due motivi di gravame possono essere trattati congiuntamente, perchè attengono entrambi, seppure sotto diversi profili, all’attendibilità della persona offesa.

3.1. – Deve preliminarmente rilevarsi che sia la sentenza di primo grado, sia la sentenza censurata contengono un’ampia motivazione circa i diversi profili di attendibilità intrinseca ed estrinseca della testimonianza della persona offesa e la sussistenza di elementi esterni di riscontro.

3.1.1. – Il primo aspetto esaminato dalla sentenza censurata è quello della genesi delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa. In particolare, la Corte d’appello evidenzia che il modo in cui la notitia criminis è stata acquisita – le prime dichiarazioni sono rese alla polizia in sede di identificazione per avere viaggiato su un mezzo pubblico senza biglietto – denota sincerità piuttosto che mendacio, perchè non esprime una volontà punitiva nè una volontà di ridurre le conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’infrazione commessa. L’attendibilità della persona offesa, troverebbe poi conferma, nella circostanza estrinseca che ella si era già confidata nell’estate del (OMISSIS) circa le non gradite attenzioni sessuali da parte del fratello, con soggetti che non l’avevano creduta o avevano minimizzato il suo narrato.

3.1.2. – Deve rilevarsi che, in relazione a tali elementi, la corte distrettuale utilizza un iter logico sostanzialmente corretto e coerente, laddove da essi e dal quadro generale del vissuto personale e familiare acquisito agli atti fa conseguire una situazione di grave disagio della vittima che rende credibile il fatto che questa abbia colto l’opportunità di un occasionale contatto con il personale di polizia per esteriorizzare il proprio vissuto.

3.2. – L’altro elemento posto dalla Corte d’appello a fondamento della motivazione sull’attendibilità della persona offesa consiste nel fatto che la vittima, nonostante avesse subito abusi dal fratello, abbia comunque deciso di trasferirsi presso di lui.

Con procedimento coerente sul piano logico-giuridico, la Corte di secondo grado fa conseguire a tale scelta una conferma dell’attendibilità della vittima, perchè essa denota l’assenza di animosità nei confronti dell’imputato ed, anzi, una evidente predisposizione a mantenere vivo il vincolo familiare.

3.3. – Anche quanto alle plurime imprecisioni del narrato testimoniale, la Corte d’appello fornisce una motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria, perchè spiega plausibilmente tali aporie in base a circostanze oggettive quali la giovane età della vittima, il suo isolamento dal nucleo familiare di origine, la mancanza di sicuri punti di riferimento.

3.4. – Con particolare riferimento, poi, al profilo della capacità di testimoniare, la sentenza impugnata motiva in modo sufficientemente coerente il rigetto della richiesta difensiva di perizia psichiatrica, laddove evidenzia che dalle dichiarazioni della persona offesa non emergono elementi che ne lascino sospettare la presenza di patologie o tratti della personalità tali da inficiare la sua attitudine a riferire in relazione ai fatti di interesse processuale, o la capacità di recepire le informazioni, raccordarle con altre, ricordarle ed esprimerle in modo sufficientemente organico.

3.5. – Anche sulla specifica doglianza della difesa relativa alle contraddizioni del narrato della vittima sulla natura dei rapporti sessuali subiti, la Corte d’appello fornisce una motivazione sufficientemente circostanziata e coerente, evidenziando che nella descrizione delle tipologie dei rapporti sessuali la persona offesa non è apparsa sicura come nel resto del racconto e non è sembrata capace di esprimersi in modo chiaro nel distinguere l’atto sessuale completo dagli atti sessuali di diversa tipologia. Proprio su tale riscontrata diversa modalità espressiva della persona offesa, la sentenza di primo grado e quella di appello correttamente basano il giudizio di sostanziale inattendibilità della vittima sul punto, laddove evidenziano che il narrato della vittima stessa ha un tenore e delle modalità espressive diverse e peculiari quanto a tale specifico profilo.

4. – A fronte di una siffatta motivazione, le censure del ricorrente, pur articolate, si esauriscono nella richiesta di riesame di profili di fatto già esaminati; riesame precluso in sede di legittimità.

Trova, infatti, applicazione il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione dell’espressa previsione normativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell’apparato argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (ex plurimis, tra le pronunce successive alle modifiche apportate all’art. 606 c.p.p. dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46: Sez. 6, 29 marzo 2006, n. 10951; Sez. 6, 20 aprile 2006, n. 14054; Sez. 3, 19 marzo 2009, n. 12110; Sez. 1, 24 novembre 2010, n. 45578; Sez. 3, 9 febbraio 2011, n. 8096).

5. – Ne consegue il rigetto del ricorso, senza condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, trattandosi di soggetto minorenne.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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