Cass. civ., sez. II 11-01-2006, n. 217 CACCIA – SANZIONI PER VIOLAZIONI – SANZIONI AMMINISTRATIVE – Animali in via di estinzione – Detenzione di esemplari selvatici protetti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L? A? proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione del Prefetto di Grosseto contenente l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione dell’art. 5. 1° e 6° comma, legge n. 150 del 1992 per detenzione. senza aver effettuato la relativa denuncia. di esemplare di specie elencata in Appendice I della Convenzione di Washington di cui alla legge 874 del 1975 e del regolamento CEE: n.3626 del 1982.

Il Prefetto di Grosseto. costituitosi. chiedeva il rigetto dell’opposizione sostenendone l’infondatezza.

Con sentenza 22/11/11 l’adito tribunale di Grosseto rigettava l’opposizione osservando: che l’opponente, pur possedendo la zanna di elefante in questione dal lontano 1958, era comunque obbligato a presentare la relativa denuncia nel termine di 90 giorni dall’entrata in vigore della legge 150/1992: che nella specie non si trattava di oggetto da considerare e inquadrare come personale e domestico in quanto nelle disposizioni interne del servizio del coordinamento regionale del corpo forestale dello Stato proprio la zanna di elefante era indicata come oggetto che non aveva i requisiti per detto inquadramento: che inoltre la zanna di elefante era sicuramente parte di animale protetto.

La cassazione della citata sentenza del tribunale di Grosseto e stata chiesta da L? A? con ricorso affidato a due motivi. L’intimata Prefettura di Grosseto non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso L? A? denuncia violazione dell’art. 5. 1° e 6° " comma, legge n. 150 del 1992 deducendo che. come emerso dall’istruzione del processo, esso ricorrente e possessore sin dal 1958 di una modesta porzione di zanna di elefante (la punta) acquistata in occasione di un viaggio in Kenia e destinata ad arredo dell’abitazione Ciò esclude l’applicazione della normativa dettata dalla citata legge avente ad oggetto il commercio internazionale di specie di flora o fauna minacciate di estinzione ed entrata in vigore solo il 9/3/1992 e priva di efficacia retroattività. In ogni cani il periodo di tempo da considerare può farsi risalire al massimo al 1973, ossia al momento della firma della Convenzione di Washington. Pertanto per gli acquisti anteriori al 1973 (o al 1983 data di attuazione da parte dello Stato con il D.M. n. 2 del 31/12/1983) deve escludersi l’obbligo della denuncia di cui al citato articolo 5 legge 150/1992 volto a regolare i flussi commerciali di importazione e non certo gli acquisti personali di piccoli oggetti per arredo.

Peraltro all’epoca dell’acquisto (1958) le specie animali indicate nella Convenzione, ivi compresa quella in questione, non erano ancora in via di estinzione. Inoltre la zanna rinvenuta nell’abitazione di esso ricorrente è stata attribuita ad un elefante senza alcuna prova e senza l’individuazione della esatta specie. infine e da ritenere pacifica, l’appartenenza della porzione di zanna di elefante (che non può considerarsi esemplare e deve assimilarsi ad un suppellettile e, quindi, ad un oggetto i alla categoria degli oggetti ad uso personale o domestico, come individuata dall’articolo 8 sexies lett. e) della stessa legge 150 1992. con conseguente esclusione dell’obbligo della denuncia della relativa detenzione.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizi di motivazione deducendo che nella sentenza impugnata non si rinviene alcuna indicazione probatoria a sostegno dell’affermazione che la zanna in questione deve essere considerata come "parte completa di animale protettò". Inoltre la motiv azione della sentenza impugnata appare illogica e contraddittoria nella parte in cui si afferma che l’articolo 5 della legge 150/1992 si riferisce anche alle parti di esemplari di animali: il tribunale non ha considerato che il legislatore quando ha voluto riferirsi anche a singole parti e non solo all’esemplare intero lo ha fatto espressamente come nella normativa dettata dagli articoli 4 e 5 (terno comma) della stessa legge. Infine il legislatore non poteva imporre adempimenti amministrativi tanto assurdi e vessatori se estesi anche ad epoche remote senza limiti di tempo.

La Corte rileva l’infondatezza delle dette censure che per evidenti motivi di ordine logico e per economia di trattazione – possono essere esaminate congiuntamente in quanto in buona parte connesse ed interdipendenti occorre osservare che la I. n. 150 del 1992 ha dato attuazione alla convenzione di Washington del 3 marzo 1973 sul commercio internazionale della flora e della fauna selvatica, loro prodotti e derivati. Ha previsto all’articolo 1 regimi differenziati nelle due seguenti ipotesi: a) importazione. esportazione o riesportazione, vendita, trasporto, anche per conto terzi, detenzione, per fini di lucro di esemplari protetti: b) importazione di oggetti di uso personale o domestico relativi a specie protette senza la presentazione della prevista documentazione CITIES emessa dallo Stato estero ove l’oggetto è stato acquistato. Ha stabilito che la prima fattispecie integra estremi di reato e la seconda di illecito amministrativo. All’articolo 5 ha imposto ai detentori di esemplari degli animali selvatici e delle piante di cui all’articolo 1 l’obbligo di fare denuncia di tale detenzione entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della stessa legge (con previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria). All’articolo 5 bis ha escluso dal detto obbligo la detenzione di animali sellatici classificati dalla legge stessa come ‘oggetti ad uso personale e domestico. All’articolo 8 sexies ha specificato che ai fini dell’applicazione della legge, all’espressione "oggetto ad uso personale" deve essere dato il seguente significato: "prodotto derivato ottenuto da esemplari di specie incluse nell’allegato A. appendici I. II e III, e nell’allegato C, parte 1 e 2. del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, che appartenga ad una persona fisica e che non sia posto in vendita o in commercio".

In base ad una corretta e logica esegesi della ratio e della lettera delle dette disposizioni normative isolatamente e globalmente considerate non può accedersi all’interpretazione proposta dal ricorrente: nella nozione di "esemplare" ‘ a annoverato qualsiasi animale vivo o morto ed ogni parte di esso. In quella di "oggetto" va compreso il prodotto derivato ottenuto da esemplari o da parti di esso.

In proposito questa Corte ha avuto modo di precisare che dall’utilizzazione del termine "esemplari" senza l’aggettivo "viventi", rinvenibile, invece, nell’art. 6 della stessa legge, e dal permanere della distinzione effettuata dall’art. 3 l. cit. fra parti degli esemplari e prodotti derivati, deriva che per "esemplare" deve essere inteso qualsiasi animale vivo o morto e qualsiasi parte di esso, mentre per "oggetto ad uso personale o domestico" va considerato d prodotto derivato ottenuto da esemplari o da parti di essi. Infatti, ove fosse consentito ritenere oggetti di uso personale o domestico anche parti di animali in via di estinzione, non solo si fornirebbe un’esegesi in contrasto con il concetto stesso di oggetto, che implica una trasformazione ed una lavorazione della materia prima, ma si eluderebbe la finalità di protezione della disciplina internazionale, comunitaria e nazionale, poiché è evidente la minore offensività insita nell’importare un oggetto ricavato da un animale invia di estinzione rispetto ad una parte anatomica dello stesso (in tali sensi: Cassazione Penale sez. III 14/3/1997 n. 3859).

Più volte poi nella giurisprudenza di legittimità è stato affermato che la zanna di elefante costituisce parte di esemplare di animale appartenente a specie protetta (Cassazione penale sez. III 24/10/2003 n. 46296: Sez. III, 19/11/1998 n..3088).

Nel caso in esame risulta accertato – ed ammesso in punto di fatto dallo stesso L? nell’atto di opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione, come precisato nella parte espositiva della sentenza impugnata – che trattavasi di detenzione di una "zanna di elefante", ossia di una parte di un animale protetto morto (facilmente identificabile ed identificato) incluso nell’allegato A, Appendice I del regolamento CEE n. 338/1997.

E’ poi irrilevante la data di acquisto della zanna di elefante in questione posto che la Convenzione di Washington responsabilizza in modo formale gli Stati firmatari anche per il periodo anteriore alla sua entrata in vigore. Di conseguenza coerentemente e legittimamente la legge 150 del 1992 ha imposto l’obbligo della denuncia della detenzione di esemplari selvatici protetti entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della legge stessa e ciò indipendentemente dalla data di inizio della detenzione. L’anzianita della detenzione non esonera il detentore dall’obbligo della denuncia di cui all’articolo 5 della citata legge che tutela le specie a rischio in applicazione della convenzione di Washington del 1973 sul commercio di flora e fauna selvatica e del Regolamento CE 338 del 1996.

Sussiste quindi l’infrazione contestata e posta a base dell’ordinanza ingiunzione opposta.

Va solo aggiunto che è inammissibile la parte del secondo motivo relativa all’asserita insussistenza di elementi probatori a sostegno dell’affermazione secondo cui nella specie si tratterebbe di una zanna intera di elefante e, quindi, di una "parte completa di animale protetto".

Dalla lettura della sentenza impugnata non risulta – né è stato dedotto dal ricorrente che nei motivi di opposizione all’ordinanza ingiunzione il L? abbia dedotto la circostanza di fatto relativa alla detenzione di una modesta porzione di zanna di elefante"".

La censura in esame è quindi relativa ad una questione non prospettata dal ricorrente con l’atto di opposizione introduttivo del giudizio in esame nel quale come sopra rilevati – il L? ha ammesso di detenere nella propria abitazione una "zanna di elefante" senza far alcun cenno alla dimensione di tale parte di animale.

Al riguardo è appena il caso di richiamare il principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui il giudizio di opposizione a sanzione amministrativa pecuniaria, disciplinato dagli articoli 22 e seguenti legge 689/1981, integra un’azione di accertamento negativo sicché il sindacato del giudice adito resta circoscritto alle questioni sollevate con i motivi di opposizione e non può estendersi a violazioni di legge che non siano state dedotte dall’opponente (sentenze 27/8/2003 n. 12544; 16/4/2003 n. 6013; 1/4/2003 n. 4924). Ne consegue che il giudice, salve le ipotesi di inesistenza (non ravvisabili nella specie), non ha il potere di rilevare di ufficio ragioni di nullità del provvedimento opposto o del procedimento che Io ha preceduto (sentenza 9/3/2004 n. 4781). In particolare va ribadito che, in tema di sanzioni amministrative, il principio (desumibile dall’art. 23 I. 24 novembre 1981 n. 689) secondo cui nel provvedimento di opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione il giudice deve controllare non solo la validità formale del provvedimento, ma anche la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’infrazione, deve essere coordinato con l’altro principio generale, desumibile dall’art. 112 c.p.c.. in base al quale il giudice dell’opposizione non puri rilevare d’ufficio vizi diversi da quelli fatti valere dall’opponente, entro i termini di legge, con l’atto introduttivo del giudizio, i quali costituiscono la "causa petendi" della relativa domanda (sentenze 27/8/2003 n. 12544: 28/5/2002 n. 7790: 3/8/2000 n. 10202).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Non si deve provvedere sulle spese del giudizio di cassazione nel quale l’intimata Prefettura di Grosseto non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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