Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-06-2011) 12-10-2011, n. 36823 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 25 giugno 2010, la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Latina, resa a seguito di giudizio abbreviato il 2 dicembre 2009, con cui l’imputato era stato condannato, per quanto qui rileva, per i reati di cui agli artt. 110 e 605 c.p., art. 609 bis c.p., comma 1, art. 609 octies c.p., comma 1, art. 609 septies c.p., comma 4, n. 4.

Il fatto oggetto di condanna consiste nell’avere invitato una prostituta su un furgone per un rapporto sessuale a pagamento e – dopo aver fatto salire sul furgone altri due soggetti, le cui posizioni sono state giudicate separatamente – averla condotta in luogo buio contro la sua volontà, costringendola a ripetuti rapporti sessuali, averla privata del telefono cellulare, denudata e abbandonata per strada, nonchè minacciata di morte se avesse seguito il furgone.

2. – Avverso tale pronuncia, l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, non contestando la sua responsabilità penale, ma lamentando: 1) l’erronea applicazione dell’art. 605 c.p., perchè la Corte ha ritenuto sussistente il reato di sequestro di persona, malgrado la vittima sia stata privata della libertà personale limitatamente al tempo della violenza subita, per il solo fatto che essa è stata lasciata per strada nuda e senza telefono cellulare; 2) la violazione di legge e la carenza di motivazione, quanto alla ritenuta insussistenza, in capo all’imputato, dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 609 octies c.p., comma 4.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

3.1. – Il motivo sub 1) – con cui si contesta la configurabilità del reato di sequestro di persona nel caso in cui la vittima sia lasciata per strada nuda e senza telefono cellulare – è infondato.

Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, il delitto di sequestro di persona non presuppone necessariamente l’interclusione della vittima, ma può consistere in limitazioni della libertà personale – sotto il profilo della libertà di movimento – che derivino da costrizione psichica o dalla creazione di condizioni di sostanziale impossibilità alla locomozione, quali – ad esempio – l’esposizione ad un pericolo per l’incolumità personale, essendo irrilevanti il grado di privazione della libertà stessa, il luogo dove è avvenuta, la durata di essa, e i mezzi usati per imporla. (ex multis, Sez. 5, 15 ottobre 1980, n. 12244; Sez. 2, 22 giugno 1984, n. 472).

Nel caso in esame, la persona offesa è stata sottoposta, in un primo momento, ad una limitazione della libertà personale all’interno del veicolo, coincidente con il tempo necessario alla consumazione del delitto di violenza sessuale di gruppo e, perciò, riconducibile esclusivamente a tale fattispecie incriminatrice. In un momento successivo, però, ella è stata abbandonata per strada nuda e senza telefono cellulare ed è stata minacciata di morte se avesse seguito il furgone dell’imputato.

Tali ultime circostanze configurano pienamente il delitto di sequestro di persona, come sopra delineato, perchè la persona offesa è stata privata della libertà di movimento sia sul piano fisico, con il denudamento e la privazione di mezzi di comunicazione, sia sul piano morale, con la minaccia. Non vi è dubbio, poi, che lo stato di nudità in luogo di pubblico transito, quale la strada – specialmente per una donna – sia idoneo a generare un apprezzabile pericolo per l’incolumità fisica, considerato il lasso di tempo necessario alla persona offesa per raggiungere la propria abitazione o, comunque, un luogo chiuso che la ponesse al riparo degli sguardi e delle potenziali aggressioni dei passanti.

3.2. – Il motivo sub 2) – con cui si contesta la ritenuta insussistenza, in capo all’imputato, dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 609 octies c.p., comma 4 – è manifestamente infondato.

La Corte d’appello ha, infatti, evidenziato che l’imputato ha costretto la vittima a praticargli un rapporto orale; a tale constatazione ha fatto conseguire – con motivazione evidentemente sufficiente e logicamente coerente – l’inapplicabilità dell’attenuante.

A fronte di una siffatta motivazione le censure del ricorrente si esauriscono nella richiesta di riesame di profili di fatto già esaminati; riesame precluso in sede di legittimità. Trova, infatti, applicazione il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione dell’espressa previsione normativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell’apparato argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (ex plurimis, tra le pronunce successive alle modifiche apportate all’art. 606 c.p.p. dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46: Sez. 6, 29 marzo 2006, n. 10951; Sez. 6, 20 aprile 2006, n. 14054; Sez. 3, 19 marzo 2009, n. 12110; Sez. 1, 24 novembre 2010, n. 45578; Sez. 3, 9 febbraio 2011, n. 8096).

4. – Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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