Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-06-2011) 12-10-2011, n. 36822

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di L’Aquila, con sentenza in data 16 ottobre 2010 in parziale riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Chieti del 18 settembre 2007, ha rideterminato la pena inflitta, in anni tre e mesi dieci di reclusione, nei confronti di C. G., per i reati di cui agli artt. 609 bis e art. 582 c.p., e art. 585 c.p., comma 1, art. 61 c.p., n. 2, artt. 614, 572, 81 cpv.

594, 612, 610 e 635 c.p., per maltrattamenti commessi in danno di R.V., anche dopo la cessazione del rapporto di convivenza della stessa, ingiurie, minacce, percosse, violenza sessuale e altro, fatti commessi in (OMISSIS) e quanto al delitto di maltrattamenti in famiglia fino a tale data.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, tramite il proprio difensore, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

Violazione di legge in relazione all’art. 192 c.p.p., art. 546 c.p.p., lett. e), artt. 592 e 507 c.p.p. ed, in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e), omessa motivazione e vizio logico della motivazione, in quanto tutto l’impianto accusatorio è stato fondato sulle dichiarazioni della parte offesa, quanto la stessa non avrebbe svolto nessuna descrizione analitica della violenza, ma sarebbe stata ritenuta comunque credibile, senza alcuna considerazione critica della sua deposizione. Inoltre poichè alla violenza sessuale avrebbe assistito la figlia minore di quattro anni, la stessa non è stata neppure ascoltata in dibattimento, in quanto nè il giudice di primo grado, nè quello di appello hanno inteso avvalersi dell’art. 507 c.p.p., in modo da supplire alle omissioni dell’accusa, anche in riferimento all’esame peritale per effettuare la prova del DNA sui tamponi prelevati alla persona offesa con esame peritale. Inoltre sarebbe stato acquisito il certificato medico delle lesioni, senza procedere all’audizione del medico in violazione del principio del contraddittorio sulla formazione della prova. Tutto questo in palese violazione di legge.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati.

Nel caso di specie, i giudici di appello, che pure hanno fatto riferimento alle argomentazioni sviluppate nel dettaglio nella sentenza di primo grado, hanno fornito una valutazione esaustiva ed autonoma dei motivi di appello sui punti specificamente indicati, verificando le ragioni dell’attendibilità della persona offesa, alla luce dei principi giurisprudenziali che consentono al giudice di trarre il proprio convincimento circa la responsabilità dell’imputato anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Stefanini, Rv. 248016). In particolare i giudici di appello hanno ritenuto che l’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese dalla R. emerge anche dalle modalità con cui tali dichiarazioni vennero rese, avendo la donna, per comprensibile ritrosia, attesa la presenza della bambina, taciuto ai verbalizzanti intervenuti nell’abitazione, che avevano riscontrato i danneggiamenti e le ecchimosi al collo, gli episodi di violenza sessuale, riferiti poi nella tranquillità dell’ospedale ai medici, i quali repertarono ecchimosi al collo ed alle braccia, a riscontro delle modalità della violenza sessuale posta in essere.

Non risponde pertanto al vero che la R. non abbia descritto gli atti sessuali violenti, essendo la stessa stata sentita, in contraddittorio, nel corso del dibattimento di primo grado ed avendo reso dichiarazioni ritenute pienamente veridiche ed attendibili, anche sulla scorta del fatto che nel corso della testimonianza la R. aveva mostrato ancora la propria affezione per l’imputato.

E’ poi destituita di fondamento la doglianza circa la mancata audizione della bambina in tenera età quale testimone della violenza e la omessa perizia sui tamponi vaginali: è principio affermato che la mancata ammissione di prove che pure siano state sollecitate al giudice ai sensi dell’art. 507 c.p.p. non costituisce un vizio deducibile in cassazione (cfr. Sez. 3, n. 24259 del 27/5/2010, C, Rv.

247290): di fatti la censura relativa alla mancata assunzione di una prova può essere proposto solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495 c.p.p., comma 2 (Così Sez. 1, n. 16772 del 15/4/2010, Z., Rv. 246932), circostanza che non risulta agli atti. Inoltre i giudici di appello hanno fornito ampia argomentazione sugli elementi già acquisiti nel corso del giudizio che hanno condotto alla conferma della dichiarazione di responsabilità dell’imputato, con ciò manifestando la valutazione di non decisività delle ulteriori incombenze istruttorie.

Infine del tutto errato il motivo che lamenta violazione di legge per la non dichiarata inutilizzabilità del certificato medico in atti, essendo pacifico che lo stesso rientra tra i documenti acquisirli ex art. 234 c.p.p. e pertanto esso è stato correttamente valutato dai giudici di merito.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente ex art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile che liquida equitativamente in millecinquecento euro, oltre accessori.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile che liquida equitativamente in Euro 1.500,00, oltre accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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