Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-03-2012, n. 4598

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 25 ottobre 2002 il Tribunale di Cagliari – adito da I.G., quale erede legittimo del padre Gu.

I., nei confronti di L.I., P.G. e P.M.T. – respinse le domande proposte dall’attore, dirette ad ottenere: che fossero dichiarate simulate e nulle le vendite immobiliari, a suo dire costituenti in realtà donazioni, compiute dal genitore a vantaggio delle convenute; che la prima di costoro fosse condannata a restituire i beni mobili caduti in successione, i prestiti ricevuti dal de cuius, le somme di pertinenza di quest’ultimo indebitamente prelevate, incassate o trattenute.

Accolse invece la riconvenzionale, con la quale L.I. aveva chiesto di essere dichiarata unica erede per testamento del defunto.

Impugnata dal soccombente, la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Cagliari, che con sentenza del 10 febbraio 2005 ha rigettato il gravame, ritenendo che I.G. non fosse legittimato a chiedere la dichiarazione di simulazione e nullità delle vendite in questione, poichè non aveva esercitato azione di riduzione delle disposizioni testamentarie in ipotesi lesive della quota di riserva di sua pertinenza.

I.G. ha proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi. L.I., P.G. e P.M.T. si sono costituite con controricorso.

Motivi della decisione

La morte del ricorrente, che le sue eredi hanno documentato essere avvenuta dopo la proposizione dell’impugnazione, non può spiegare effetto nel giudizio di legittimità, al quale non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo (Cass. 5 luglio 2011 n. 14786).

Le resistenti hanno contestato pregiudizialmente l’ammissibilità del ricorso, osservando che non contiene una adeguata esposizione dei fatti di causa, nè l’indicazione delle norme asserita-mente violate dal giudice a quo.

L’eccezione va disattesa, poichè nell’atto è ricostruita, nei suoi termini essenziali, la vicenda che ha dato luogo alla controversia, è precisato l’oggetto della causa, viene descritto lo svolgimento del processo, sono riferite le posizioni che le parti vi hanno assunto e sono riportate le ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, sicchè questa Corte è stata posta in grado, senza necessità di attingere, ad altre fonti, di intendere il significato, la portata e la pertinenza delle censure formulate dal ricorrente, le quali inoltre risultano intellegibili, anche se in una si richiamano genericamente le "norme relative ai diritti del legittimario" senza ulteriori specificazioni.

Con il primo motivo di ricorso non viene contestata l’esattezza del principio posto a base della sentenza impugnata, secondo cui il legittimario totalmente pretermesso, per poter far valere la simulazione e la nullità di atti di disposizione compiuti in vita dal de cuius, deve previamente o contestualmente esercitare l’azione di riduzione. Si sostiene che tuttavia equipollente alla proposizione della domanda di reintegrazione doveva essere reputato l’avvenuto riconoscimento, da parte della erede universale testamentaria I. L., della qualità di I.G. di proprietario di un immobile che era stato promesso in vendita dal padre a un terzo e che egli aveva effettivamente alienato, dopo la morte del genitore.

La tesi non può essere accolta, poichè soltanto in seguito all’esperimento con esito positivo dell’azione di riduzione il legittimario totalmente pretermesso acquista la qualità di erede e con essa la legittimazione a proporre domande, come quella formulata da I.G., dirette a far includere nell’asse beni di cui il defunto aveva disposto con atti invalidi (cfr. Cass. 7 ottobre 2005 n. 19527).

Con il secondo motivo di ricorso si afferma che in realtà l’azione di reintegrazione era stata tempestivamente esercitata già nel primo grado di questo stesso giudizio, non appena l’attore aveva avuto notizia del testamento del de cuius, prodotto da L.I..

Neppure questo assunto è condivisibile, poichè risulta dalla sentenza impugnata – nè in proposito le scarne e assiomatiche deduzioni del ricorrente contengono specifiche contestazioni – che soltanto nei termini stabiliti dall’art. 184 c.p.c. per le deduzioni istruttorie, anzichè in quelli stabiliti dall’art. 183 c.p.c. per proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto, l’attore aveva vagamente accennato a una lesione della propria quota legittima, senza svolgere alcuna domanda di reintegrazione, che comunque neppure era contenuta nelle conclusioni precisate al momento dell’assunzione della causa in decisione.

Il ricorso viene pertanto rigettato.

Le particolarità dello svolgimento del processo, quali risultano da quanto si è prima esposto, costituiscono giusto motivo per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *