Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-06-2011) 12-10-2011, n. 36821

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 12 luglio 2010, il Tribunale di Marsala ha dichiarato le imputate colpevoli del reato di cui al D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 93, comma 2, per avere sottoscritto più di una dichiarazione di presentazione di candidatura in occasione delle elezioni del consiglio della provincia regionale di Trapani (in (OMISSIS)).

2. – Avverso tale provvedimento le imputate hanno proposto, tramite il difensore, ricorsi per cassazione di analogo contenuto, lamentando: a) l’erronea applicazione del D.P.R. n. 570 del 1960, art. 93, comma 2, e art. 100, comma 2, perchè, nel caso in esame, la richiesta di decreto penale di condanna è del 15 giugno 2009 e tale ultima disposizione prevede che l’azione penale si prescrive in due anni dalla data del verbale ultimo delle elezioni; b) la violazione delle norme che attribuiscono al pubblico ministero, in via esclusiva, l’esercizio dell’azione penale, sul rilevo che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto non prescritta l’azione penale perchè promossa dai componenti dell’ufficio elettorale circoscrizionale, mediante trasmissione di una denuncia alla Procura della Repubblica in data 24 maggio 2006.

Motivi della decisione

3. – I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, perchè proposti per motivi manifestamente infondati.

3.1. – A sostegno del motivo sub a), la difesa pone la tesi interpretativa secondo cui il D.P.R. n. 570 del 1960, art. 100, comma 2, del prevede che l’azione penale si prescriva in due anni dalla data del verbale ultimo delle elezioni, in deroga ai più lunghi termini prescrizionali disciplinati in via generale dall’art. 157 c.p. e segg..

Tale tesi contrasta con l’orientamento – ribadito da questa Corte da ultimo con la sentenza della Sez. 3, 17 febbraio 2011, n. 13720 – secondo cui il termine prescrizionale previsto dal menzionato art. 100 è aggiuntivo e non sostitutivo rispetto al termine prescrizionale ordinario.

La disposizione, che riconosce ad ogni elettore la possibilità di promuovere l’azione penale per i reati in materia di elezioni comunali e di costituirsi parte civile e subordina tale possibilità al limite temporale di due anni dalla data dell’ultimo verbale elettorale, deve, cioè, essere interpretata nel senso che tali reati sono sottoposti a due diversi tipi di prescrizione: quella riguardante il momento genetico, cioè il promovimento dell’azione penale, e quella prevista dal c.p., attinente al reato stesso (Sez. 3, 23 marzo 2005, n. 17630; Sez. 3, 11 novembre 2008, n. 46370). Tale interpretazione si pone, infatti, in linea con l’esigenza di evitare che una prescrizione particolarmente breve consenta, per i reati elettorali commessi in occasione delle elezioni amministrative, un regime di ingiustificato favore, sia pure limitatamente al termine di perseguibilità. A ciò deve aggiungersi l’elemento testuale desumibile dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 6, che, novellando l’art. 157 c.p., ha previsto in via generale che l’estinzione dei reati non possa "comunque" avere luogo in un tempo inferiore a quattro anni se si tratta di contravvenzioni.

Quanto, poi, all’individuazione dell’atto interruttivo della decorrenza del termine prescrizionale biennale, deve rilevarsi che, dalla lettura sistematica dei due commi del D.P.R. n. 570 del 1960, art. 100 – i quali recitano: "Qualunque elettore può promuovere l’azione penale, costituendosi parte civile, per i reati contemplati negli articoli precedenti. L’azione penale, per tutti i reati contemplati nel presente testo unico, si prescrive in due anni dalla data del verbale ultimo delle elezioni. Il corso della prescrizione è interrotto da qualsiasi atto processuale, ma l’effetto interruttivo dell’atto non può prolungare la durata dell’azione penale per un tempo che superi, nel complesso, la metà del termine stabilito per la prescrizione" – si desume, quale ratio legis, la valorizzazione del promovimento "popolare" dell’azione penale. In altri termini, il legislatore ha inteso attribuire efficacia interruttiva della prescrizione al fatto che l’elettore promuova l’esercizio dell’azione penale, denunciando il reato, senza con ciò porre deroghe al monopolio costituzionale dell’azione stessa in capo al pubblico ministero.

Tali principi trovano applicazione – come correttamente affermato nella sentenza impugnata – anche nel caso di specie, in cui l’azione penale è stata tempestivamente promossa dai componenti dell’ufficio elettorale, mediante trasmissione, in data 24 maggio 2006, di un verbale contenente la denuncia di una serie di soggetti, tra i quali le odierne ricorrenti.

3.2. – L’interpretazione sopra ricordata – secondo cui il promovimento dell’esercizio dell’azione penale interrompe il decorso della prescrizione senza con ciò sottrarre al pubblico ministero la competenza esclusiva all’esercizio dell’azione penale stessa – rende manifestamente infondato anche il motivo di ricorso sub b), perchè esso muove dal diverso, erroneo presupposto che i denuncianti abbiano, in deroga all’art. 112 Cost., il potere di esercitare essi stessi l’azione penale.

4. – I ricorsi devono, quindi, essere dichiarati inammissibili.

Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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