Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-03-2012, n. 4590 Rapporto a tempo determinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza dell’11 agosto 2009, la Corte d’Appello di Napoli accoglieva il gravame svolto da A.S. contro la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda per la declaratoria dell’illegittima sospensione unilaterale del rapporto di lavoro proposta nei confronti dell’Università degli Studi di Napoli e respinto la domanda per il pagamento delle differenze retributive.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– A.S., assunta con contratti di lavoro a termine rinnovati per diversi anni, aveva prestato servizio, in qualità di lettore di madrelingua straniera presso l’Università degli Studi di Napoli;

– con sentenza passata in giudicato erano stati ritenuti illegittimi i termini apposti ai vari contratti ed era stata accertata la sussistenza di un unico rapporto a tempo indeterminato, a decorrere dalla stipula del primo contratto di lavoro;

– l’Università, per il periodo dal 16.7.1999 al 31.1.2000, aveva sospeso il rapporto di lavoro, senza corresponsione della retribuzione, ipotizzando l’esistenza di un part-time verticale e di tale sospensione, in sede di gravame, era stata dichiarata rillegittimità con condanna al pagamento delle retribuzioni;

– l’università aveva sospeso unilateralmente il rapporto di lavoro e non corrisposto la retribuzione anche per l’anno 2000, nel periodo dal 16.7.2000 al gennaio 2001, e la A. chiedeva, pertanto, accertarsi l’illegittima sospensione con condanna al pagamento delle retribuzioni;

– il primo giudice riteneva illegittima la sospensione e rigettava la domanda di condanna al pagamento della retribuzione sul presupposto della mancata prova, da parte della lavoratrice, dell’offerta della prestazione lavorativa;

– appellando l’erronea decisione del primo giudice, la lavoratrice deduceva che nulla l’Università aveva eccepito riguardo all’offerta della prestazione lavorativa e comunque produceva lettere raccomandate del 17.7.2000, inviate al Direttore amministrativo e al Rettore dell’Università, comprovanti la messa a disposizione delle energie lavorative;

– l’Università proponeva appello incidentale chiedendo la riforma della sentenza per aver ritenuto illegittima la sospensione senza considerare che la cosa giudicata si era formata (nel 2004), in un tempo successivo al periodo in contestazione.

3. A sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva:

– immutati, rispetto alla precedente sospensione unilaterale del rapporto disposta dall’Università nel periodo 1999-2000, gli elementi di fatto della sospensione unilaterale in contestazione, concernente il periodo 2000-2001, onde faceva stato, tra le parti, il giudicato intervenuto con sentenza definitiva (Cass. 5585/2004); a nulla rilevando che quel giudicato fosse intervenuto successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro (per dimissioni, il 31 gennaio 2001);

– non necessaria la prova, da parte della lavoratrice, della messa a disposizione delle energie lavorative durante la sospensione unilaterale del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, posto che per il solo fatto della sospensione unilaterale, da parte del datore di lavoro, si versava in ipotesi di mora credenti e la lavoratrice conservava il diritto alla retribuzione.

4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’Università degli Studi di Napoli, Federico II, ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi. L’intimata ha resistito con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

5. Con il primo motivo, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 120 del 1995, art. 4; del D.L. n. 2 del 2004, art. 1; dell’art. 51 del ccnl Comparto Università 1994/1997;

del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 1; artt. 1419 e 2077 c.c. Ritenendo punto controverso del giudizio la qualificazione del rapporto indeterminato di lavoro, a tempo pieno o a tempo parziale, si duole che la corte di merito non abbia definito il rapporto in esame come rapporto a tempo parziale, in applicazione del contratto collettivo di settore, che rinvia espressamente al trattamento economico del personale con rapporto a tempo parziale. Assume la ricorrente la legittima sospensione del rapporto di lavoro nell’arco dell’anno solare in virtù della previsione del part-time verticale onde alla lavoratrice non sono dovute le retribuzioni per il periodo in cui non ha prestato l’attività lavorativa.

6. Il motivo è inammissibile.

7. Osserva il Collegio che fulcro essenziale della censura è la violazione dell’art. 51 del contratto collettivo del Comparto Università 1994/1997 e tale doglianza risulta mai prospettata nei precedenti gradi nel giudizio di merito, nè, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, la ricorrente, proponendo la questione in sede di legittimità, ha allegato l’applicabilità della disposizione collettiva invocata al rapporto di lettorato di cui era titolare la A., nè, al fine di evitare la statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha allegato l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito o indicato in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare, ex actis, la veridicità di tale asserzione prima di esaminare, nel merito, la questione stessa.

8. Con i motivi dal secondo al quarto, la ricorrente deduce violazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, per aver la corte territoriale ritenuto a carico del datore di lavoro la prova della durata parziale del rapporto di lavoro (secondo motivo); censura la statuizione per insufficiente e contraddittorietà motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione art. 2909 c.c., assumendo che la corte di merito abbia ritenuto analoghe due vicende processuali invece distinte (terzo motivo); infine, deducendo violazione degli artt. 1206, 1207, 2094, 2909 c.c. e omessa, insufficiente motivazione, si duole che i Giudici del gravame abbiano ritenuto illegittima la sospensione del rapporto, sospensione adottata, invece, nella legittima convinzione che il rapporto di lavoro fosse a tempo indeterminato con clausola di part-time verticale, come ritenuto dal primo giudice con riferimento alla sospensione del 1999, con decisione poi riformata in sede di gravame e a sua volta confermata in sede di legittimità, onde non poteva ritenersi sussistente la mora crederteli prima del definitivo accertamento con la sentenza della Cassazione del 2004 (quarto motivo).

9. I motivi, esaminati congiuntamente per la loro connessione logica, non sono meritevoli di accoglimento.

10. Va innanzitutto riaffermato che la preclusione da giudicato opera anche per i rapporti di durata e pur se formatosi in relazione ad un diverso periodo se colpisce il medesimo fatto costitutivo dell’intero rapporto giuridico in relazione alla stessa questione giuridica.

11. E’ stato infatti affermato (tra le tante Cass. 8650/2010) che "qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo". 12. Ebbene, la regula iuris del caso concreto ora scrutinato dal Collegio è stata affermata da questa Corte, con sentenza n. 5585 del 2004, tra le stesse parti, con riferimento al medesimo rapporto lavorativo e ad altra sospensione del rapporto di lavoro intervenuta in un diverso periodo, statuendo che: "…il carattere ciclico e periodico della prestazione non può essere dedotto dal solo succedersi nel tempo di più contratti a termine in violazione della L. n. 230 del 1962, in quanto un atteggiarsi in tali sensi del rapporto lavorativo – pur dopo la sua conversione in rapporto a tempo indeterminato a seguito di pronunzia giudiziaria – oltre a non rispondere alla volontà del lavoratore, finirebbe sostanzialmente per vanificare il disposto della citata L. n. 230, art. 2. Deve poi aggiungersi che l’onere probatorio della durata parziale del tempo di lavoro – sia nella forma del part-time orizzontale, che in quello del part-time verticale – incombe sul datore di lavoro che ne alleghi la sussistenza. Può infatti ribadirsi quanto già affermato da questa Corte (Cass., sez. lav., 23 febbraio 2000, n. 2033) secondo cui il rapporto di lavoro subordinato, in assenza della prova di un rapporto part-time, nascente da atto scritto, si presume a tempo pieno ed è onere del datore di lavoro, che alleghi invece la durata limitata dell’orario di lavoro ordinario, fornire la prova della consensuale riduzione della prestazione lavorativa)" (così Cass. 5585/2004).

13. In definitiva, per la sentenza n. 5585 del 2004 di questa Corte, i giudici di merito, correttamente identificate le norme (ed i principi di diritto) da applicare nella specie, con motivazione sufficiente, non contraddittoria e puntualmente argomentata, avevano escluso che le parti avessero previsto alcuna clausola di lavoro part- time verticale.

14. Il testuale richiamo al dictum della decisione di questa Corte, in punto, per quanto qui rileva, dell’esclusione della previsione di alcuna clausola di part-time verticale smentisce, all’evidenza, la tesi difensiva dell’Università sulla non identità delle questioni trattate nella fattispecie ora scrutinata, con precipuo riferimento alla clausola di lavoro part-time verticale.

15. Nè, al fine di impedire l’operatività del predetto giudicato sull’inesistenza della clausola di part-time verticale in riferimento al periodo in contestazione, l’Università ha specificamente censurato la sentenza impugnata, illustrando la dedotta violazione del giudicato e, specificamente, le asserite differenze ontologiche tra la sospensione del luglio 1999 (coperta da giudicato) e la sospensione ora scrutinata.

16. Neanche coglie nel segno la prospettazione della presupposizione dell’Università di aver sospeso il rapporto lavorativo nella legittima convinzione della sussistenza di un contratto part-time, fondata sul presupposto di uno stato soggettivo di incertezza per essere il giudicato intervenuto in epoca successiva alla contestata sospensione e alla cessazione del rapporto de quo (per dimissioni, il 31 gennaio 2001).

17. Invero, ciò che rileva e rende indifferente, ai fini della tesi prospettata, la collocazione temporale del giudicato è l’accertamento del diritto contenuto nella sentenza passata in giudicato in base ad una situazione di fatto immutata nel tempo.

18. Quanto allo stato soggettivo datoriale, quale l’asserita condizione di temporanea incertezza e legittima convinzione del carattere ciclico o periodico della prestazione lavorativa, la sospensione unilaterale del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro non è giustificata e non esonera il medesimo datore dall’obbligazione retributiva ove sia dipesa da un fatto del datore e, pertanto, a parte il rilievo che, nel lungo contenzioso tra le parti, già nel 1997 era risultato giudizialmente accertato il rapporto di lavoro a tempo indeterminato senza clausola di part-time, l’asserita obiettiva incertezza non costituisce, in definitiva, valida esimente della illegittima sospensione del rapporto di lavoro.

19. Il ricorso va, quindi, rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 50,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *