Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-04-2011) 12-10-2011, n. 36814 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 2 marzo 2010 la Corte di Appello di Venezia confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Padova in data 9 luglio 2009 con la quale J.Y. (imputata del reato di concorso nella illecita detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti) era stata condannata, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa.

Ricorre personalmente l’imputata con unico motivo, denunciando inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73) in punto di erronea qualificazione della condotta, tutt’al più riconducibile alla fattispecie del favoreggiamento reale.

Il ricorso è fondato.

La Corte di Appello di Venezia, nel richiamarsi in punto di fatto e con esplicito riferimento alla ricostruzione della vicenda nelle sue sequenze temporali, alla sentenza di primo grado attraverso una motivazione per relationem, ha escluso che nel caso di specie si versasse nella ipotesi del favoreggiamento optando invece per la tesi – già accolta dal Tribunale – del concorso nel reato di illecita detenzione di stupefacenti.

Tuttavia le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale, al di là dei rilievi formali prospettati dalla ricorrente, non appaiono convincenti sul piano logico. La sentenza impugnata ha infatti valorizzato la condotta della imputata concretizzatasi nel presentarsi, unitamente al connazionale C.R.Z. (proprietario della autovettura Kia Carnival ove era stata rinvenuta la droga) presso un autoparco ove il mezzo era stato trasportato dalla Polizia, per il successivo ritiro: l’attività concorsuale della J.Y. – e non meramente favoreggiatrice come invece sostenuto dalla difesa – è stata desunta dalla Corte in base alla circostanza che la donna fosse già consapevole dell’esistenza della droga nell’auto del suo conoscente e che, anche dopo la rimozione dell’autovettura dalla sede stradale ad opera della Polizia, la detenzione della droga non sarebbe mai venuta meno, in quanto l’imputata non aveva mai perduto il possesso della autovettura.

In ambito penale il concetto di detenzione implica un minimo di permanenza del rapporto materiale tra detentore e cosa detenuta ed un minimo apprezzabile di autonoma disponibilità del bene da parte del soggetto: il concetto di possesso va inteso in senso più ampio comprensivo quindi non solo della detenzione materiale della cosa ma anche della sua disponibilità giuridica.

Con riguardo alla materia disciplinata dal D.P.R. n. 309 del 1990, la "detenzione" di stupefacenti non implica necessariamente un contatto fisico immediato con la droga, ma va intesa come disponibilità di fatto di essa, anche in difetto dell’esercizio continuo e/o immediato di un potere manuale da parte del soggetto attivo, sicchè va considerato detentore non solo chi "ha" fisicamente la droga presso di sè, ma anche chi, pur in assenza di qualsivoglia contatto materiale, ne possa liberamente disporre, conoscendo il luogo di custodia ed avendone libero accesso (Cass. Sez. 4A 13.11.2008 n. 47472, P.G. in proc. Mara, Rv. 242389 e giurisprudenza ivi richiamata).

Nel caso di specie, a prescindere dalla confusione tra i concetti di possesso e detenzione in ambito penalistico ravvisabile nella motivazione della sentenza impugnata, in ogni caso risulta inappagante l’affermazione della prosecuzione della detenzione della droga anche dopo la rimozione dell’auto.

Come ripetutamele affermato da questa Corte in materia di detenzione illecita di sostanze stupefacenti, che costituisce una tipica ipotesi di reato permanente la cui consumazione si protrae sino a quando è ancora in essere la relazione di disponibilità della sostanza in capo al detentore (Cass. Sez. 4A 3.6.2009 n. 34332, Baye, Rv.

245200), non è configurabile il favoreggiamento in costanza della detenzione della droga in quanto nei reati permanenti qualsiasi agevolazione del colpevole prima che sia cessata la condotta di costui si risolve in un concorso nel reato, quanto meno morale (Cass. Sez. 4A 8.3.2006 n. 12915, Billeci ed altro, Rv. 233724; Cass. Sez. 6A 17.12.2003 n. 4927, P.G. in proc. c. Domenighini, Rv. 227986).

Ricorre, invece, l’ipotesi del favoreggiamento laddove l’aiuto prestato a colui che abbia perso il possesso della droga venga posto in essere al solo fine di recuperare la droga ritornando sul luogo del fatto, già presidiato dal giorno precedente dalla Polizia (Cass. Sez. 6A 12.3.2004 n. 21108, Cogotti, Rv. 228814).

Ciò premesso, non appare convincente sul piano logico l’affermazione della Corte secondo la quale era stato il custode dell’autoparco a proporre alla odierna ricorrente ed al C.R.Z. di ritirare l’autovettura, così da desumere la possibilità per entrambi di ritirare il mezzo in ogni momento, in quanto ciò sembra contrastare con il fatto che, in forza di precedenti accordi intercorsi con la Polizia (già a conoscenza che nell’auto era custodita la droga), il custode avrebbe dovuto avvisare immediatamente la Polizia nel caso in cui qualcuno si fosse presentato per il ritiro del mezzo, di fatto impedendo una relazione in termini di continuità tra la cosa ed il possessore.

Non risulta, ancora, adeguata la motivazione in punto di riconoscimento in capo alla J.Y. della possibilità di ritirare il mezzo in ogni momento in relazione alla avvenuta perdita della disponibilità giuridica.

Peraltro è pacifico che a detenere il mezzo fosse il custode e non certo il C.R.Z. e meno che mai l’imputata.

Non appare neanche adeguata la motivazione in merito alla asserita consapevolezza da parte della ricorrente che all’interno dell’auto fosse contenuta droga in quanto non vengono nemmeno richiamate le specifiche doglianze mosse con l’atto di appello sul punto.

Peraltro sarebbe occorsa una motivazione puntuale anche per distinguere la supposta attività concorsuale (desunta dalla preventiva conoscenza della esistenza della droga) dalla semplice attività di aiuto.

Invero laddove questo venga prestato nell’interesse esclusivo dell’autore del reato principale si può parlare di favoreggiamento personale, mentre laddove quell’aiuto venga prestato, o semplicemente offerto, per uno scopo di profitto, proprio dell’agente medesimo, pur se comune a quello di detto autore o di terzi, e prima o durante la commissione del reato principale, ricorrerà l’ipotesi di concorso nel reato stesso (Cass. Sez. 5A 17.1.2007 n. 4997, Accardi ed altri, Rv. 247324; Cass. Sez. 6A 18.2.2008 n. 21439, Mori,. Rv. 240062).

Ma di tali precisazioni la Corte territoriale non si è data carico, non apparendo sufficienti a tale fine le semplici proposizioni contenute a pag. 2 della sentenza impugnata secondo le quali le espressioni "roba" e "c’erano delle persone" pronunciate dalla imputata nelle due telefonate del 29 marzo e 3 aprile 2009 stessero a significare, al di là della consapevolezza, il diretto interesse della donna al perseguimento di uno scopo di profitto attraverso il ritiro dell’autovettura.

La sentenza va, pertanto, annullata con rinvio al giudice competente, che si atterrà ai principi di diritto sopra indicati, fornendo adeguata motivazione sui punti controversi sopra citati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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