Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-03-2012, n. 4585 Pensione di invalidità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 9.6/24.7.2009 la Corte di appello di Catania confermava la decisione di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da C.O. nei confronti dell’INPS ai fini dell’integrazione del trattamento pensionistico per come previsto dalla L. n. 448 del 2001, art. 38, comma 4.

Osservava la corte territoriale che il pensionato aveva diritto al richiesto incremento pensionistico in quanto titolare di un reddito non eccedente i limiti di legge, in quanto operava nel caso il diverso limite reddituale previsto per gli assicurati coniugati.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’INPS con un unico motivo, illustrato con memoria.

Resiste con controricorso C.O..

Motivi della decisione

1. Con un unico motivo l’Istituto denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione della L. n. 448 del 2001, art. 38 ed, al riguardo, osserva che una esegesi rispettosa del tenore letterale della norma imponeva di interpretare la disposizione nel senso che la stessa richiedeva, ai fini della concessione dell’integrazione pensionistica, un duplice e concorrente requisito reddituale, l’uno parametrato sui redditi propri, l’altro sui redditi dello stesso cumulati con quelli del coniuge.

2. Il ricorso è fondato.

3. Prevede la L. n. 448 del 2001, art. 38 per quanto qui di interesse, che: "A decorrere dal 1 gennaio 2002 è incrementata, a favore dei soggetti di età pari o superiore a settanta anni e fino a garantire un reddito proprio pari a 516,46 Euro al mese per tredici mensilità, la misura delle maggiorazioni sociali dei trattamenti pensionistici di cui:

alla L. 29 dicembre 1988, n. 544, art. 1 e successive modificazioni;

alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 70, comma 1 con riferimento ai titolari dell’assegno sociale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, all’art. 3, comma 6;

alla L. 29 dicembre 1988, n. 544, art. 2 con riferimento ai titolari della pensione sociale di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26….

4. I benefici incrementativi di cui al comma 1 sono altresì concessi ai soggetti di età pari o superiore a settanta anni, che risultino invalidi civili totali o sordomuti o ciechi civili assoluti titolari di pensione o che siano titolari di pensione di inabilità di cui alla L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 2. 5. L’incremento di cui al comma 1 è concesso in base alle seguenti condizioni:

a) il beneficiario non possieda redditi propri su base annua pari o superiori a 6.713,98 Euro;

b) il beneficiario non possieda, se coniugato e non effettivamente e legalmente separato, redditi propri per un importo annuo pari o superiore a 6.713,98 Euro, nè redditi, cumulati con quello del coniuge, per un importo pari o superiore a 6.713,98 incrementati dell’importo annuo dell’assegno sociale;

c) qualora i redditi posseduti risultino inferiori ai limiti di cui alle lettere a) e b), l’incremento è corrisposto in misura tale da non comportare il superamento dei limiti stessi;

d) per gli anni successivi al 2002, il lite di reddito annuo di 6.713,98 Euro è aumentato in misura pari all’incremento dell’importo del trattamento minimo delle pensioni a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, rispetto all’anno precedente…..". 4. Prospetta l’Istituto ricorrente che, ai fini del riconoscimento della maggiorazione pensionistica di cui al comma quinto lettera b) della norma in esame, è necessario che venga integrato un duplice e concorrente requisito reddituale, l’uno parametrato sui redditi propri del pensionato, l’altro sui redditi propri cumulati con quelli del coniuge, con la conseguenza che, in difetto anche di uno solo di tali limiti, deve escludersi il diritto all’incremento del trattamento.

Tale lettura appare conforme sia alla lettera della disposizione, quanto alle finalità dalla stessa perseguite.

Sotto il primo aspetto, il testo della norma prefigura, in realtà, con riferimento ai soggetti coniugati, una duplice situazione reddituale (l’una riferita al reddito "proprio" del coniuge, l’altra al reddito proprio, cumulato con quello del coniuge) e, lungi dal dar rilievo a tali situazioni in via disgiunta, attribuisce al reddito proprio del pensionato e a quello del suo nucleo familiare una portata concorrente, per come rende palese l’uso della congiunzione "nè", che svolge, appunto, all’interno della disposizione un ruolo additivo, o, in altri termini, risulta plausibilmente spiegabile, alla luce del senso letterale stesso delle parole utilizzate dal legislatore, con riferimento all’esigenza di prevedere una pluralità di requisiti reddituali per la concessione della prevista integrazione.

Il che vale quanto dire che la norma esclude che si possa tener conto indifferentemente dell’uno o dell’altro criterio, e impone, invece, all’interprete di verificare, innanzi tutto, se il reddito individuale del pensionato superi la prima soglia prevista (Euro 6.713,98) e, solo ove tale riscontro abbia esito negativo, richiede di considerare pure i redditi del coniuge, al fine di appurare se, con riferimento a tale ulteriore soglia, non venga superato l’importo complessivo della cifra rappresentata del cumulo del reddito individuale con l’ammontare annuo dell’assegno sociale. Ne deriva che la seconda verifica imposta dalla disposizione non può assumere carattere di autosufficienza, ma va coordinata con la prima ed è solo eventuale, assumendo in concreto rilievo solo ove il reddito del pensionato resti inferiore al reddito individuale previsto.

Tale interpretazione appare, del resto, conforme anche allo scopo dell’intervento legislativo.

L’art. 38 in esame è, infatti, destinato ad assicurare un "incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati" (così la rubrica della norma) e per tal fine prevede un incremento dei trattamenti pensionistici in favore di tali soggetti "fino a garantire un reddito proprio pari a 516.46 Euro al mese per tredici mensilità" (c.d. incremento al milione: v. tabelle INPS).

Il riferimento al reddito individuale rende evidente come, una volta che venga assicurata tale soglia di reddito (corrispondente all’importo annuo previsto di Euro 6.173,98), risulta soddisfatto lo scopo previsto dal legislatore, che è quello di incrementare taluni trattamenti pensionistici, e non diviene più necessaria alcuna ulteriore verifica.

La quale, invece, appare funzionale rispetto alla realizzazione della ratio della norma solo allorchè il reddito individuale del pensionato resti al di sotto di quello stabilito dalla legge e si impone, pertanto, al fine di assicurare l’incremento del trattamento pensionistico sino all’ammontare previsto, l’esigenza di determinare specifici criteri e limiti di compatibilità fra il reddito individuale e quello del nucleo familiare. Il che conferma, in definitiva, come il riconoscimento che la norma assegna al reddito familiare non riveste carattere di autosufficienza, ma ha solo una funzione strumentale, dal momento che la finalità di sostegno delle situazioni di disagio previste dalla legge riguarda solo la posizione reddituale individuale del pensionato e che tale finalità riflette una scelta discrezionale del legislatore non sindacabile sul piano della ragionevolezza e della opportunità. 5. Il ricorso va, pertanto, accolto alla luce del principio di diritto che, ai fini del riconoscimento dell’incremento pensionistico di cui alla L. n. 448 del 2001, art. 38 l’interprete deve verificare, innanzi tutto, se il reddito individuale del pensionato superi la soglia reddituale prevista (Euro 6.713,98) e, solo ove tale riscontro abbia esito negativo, deve prendere in considerazione pure i redditi del coniuge, al fine di appurare se, con riferimento a tale ulteriore limite, non venga superato l’importo complessivo della cifra rappresentata del cumulo del reddito individuale con l’ammontare annuo dell’assegno sociale, con la conseguenza che in difetto anche di uno solo di tali requisiti il diritto all’incremento richiesto non può ritenersi sussistente.

La sentenza deve, quindi, cassarsi e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da C.O. nei confronti dell’INPS. 6. Sussistono giusti motivi, in considerazione della novità delle questioni trattate e dell’esito delle precedenti fasi del processo, per compensare le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da O. C. nei confronti dell’INPS; compensa le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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