Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-03-2012, n. 4584

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1- La sentenza attualmente impugnata accoglie l’appello delI’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Bari del 9 dicembre 2008 e, in riforma della sentenza stessa, rigetta la domanda proposta da A. M. volta ad ottenere la riliquidazione della pensione INPS in godimento attraverso l’utilizzazione, ai fini della determinazione della retribuzione media pensionabile, del salario medio convenzionale degli operai agricoli a tempo determinato, risultante dal decreto ministeriale pubblicato nell’anno immediatamente successivo a quello di prestazione dell’attività lavorativa.

La Corte d’appello di Bari, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il giudice di primo grado ha affermato l’erroneità del calcolo dell’ammontare della pensione effettuato dall’INPS nella parte in cui per la determinazione della retribuzione annua pensionabile si è fatto riferimento ai salari medi convenzionali pubblicati con decreti ministeriali degli anni di prestazione del lavoro invece che al salario medio convenzionale degli operai agricoli a tempo determinato, risultante dal decreto ministeriale pubblicato nell’anno immediatamente successivo a quello di prestazione dell’attività lavorativa;

b) tuttavia, deve essere accolta la tesi dell’INPS perchè è conforme all’orientamento della giurisprudenza di legittimità – consolidatosi a partire dalla sentenza della Corte di cassazione 30 gennaio 2009, n. 2531 – al quale si aderisce in ragione della funzione nomofilattica delle decisioni e del loro elevato numero.

2- Il ricorso proposto da A., F., D. e P.C. – nella loro qualità di eredi M.A., deceduta il (OMISSIS) – domanda la cassazione della sentenza per un unico, articolato motivo; resiste, con controricorso, l’INPS, che deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Motivi della decisione

1 – Sintesi del ricorso.

1.- Con l’unico, articolato motivo di ricorso si denuncia (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 488 del 1968, artt. 5 e 28 della L. n. 457 del 1972, art. 3 della L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 21, della L. n. 153 del 1962, art. 14; della L. n. 160 del 1975, art. 26, comma 3, e della L. n. 297 del 1982, art. 3, comma 8, nonchè degli artt. 3 e 38 Cost..

Si rileva che la Corte d’appello si è uniformata all’indirizzo interpretativo di questa Corte, consolidatosi a partire da Cass. 23 febbraio 2009, n. 4355, e si sostiene che tale orientamento dia luogo ad una soluzione che si pone in contrasto con le suindicate disposizioni di legge ordinaria ed anche direttamente con i richiamati artt. 3 e 38 Cost.

Si soggiunge che anche la sopravvenuta norma di cui alla L. n. 191 del 2009, art. 2, comma 5, che è ispirata alla medesima logica seguita dal contestato orientamento giurisprudenziale, è costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 3, 38, 101, 102, 104 Cost..

In sintesi, ciò che si contesta, con ampie argomentazioni, è la tesi secondo cui per la pensione di vecchiaia in favore degli operai agricoli a tempo determinato la retribuzione pensionabile va determinata, per ciascun anno, sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale dell’anno precedente.

2 – Esame del ricorso.

2- Il ricorso non è da accogliere, per le ragioni di seguito illustrate.

Lo stesso ricorrente muove dalla premessa dell’esistenza, a partire dalla sentenza 30 gennaio 2009, n. 2531, di un consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui: in tema di pensione di vecchiaia degli operai agricoli a tempo determinato, la retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata applicando il D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 28 e, dunque, in forza della determinazione operata anno per anno dai Dd.Mm. sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale nell’anno precedente, ciò trovando conferma – oltre che nella impossibilità di rinvenire un diverso e più funzionale sistema di calcolo, che non pregiudichi l’equilibrio stesso della gestione previdenziale di settore – anche nella disposizione di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 21, che – nell’interpretare autenticamente la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3 concernente le prestazioni temporanee in favore dei lavoratori agricoli – ha inteso estendere ai lavoratori agricoli a tempo determinato l’applicazione della media della retribuzione prevista dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30 ottobre dell’anno precedente prevista per i salariati fissi, così da ricondurre l’intero sistema ad uniformità, facendo operare, ai fini del calcolo di tutte le prestazioni, le retribuzioni dell’anno precedente (vedi, fra le tante successive: Cass. 3 febbraio 2009, n. 2596; Cass. 23 febbraio 2009, n. 4355; Cass. 20 agosto 2010, n. 18833 Cass. 3 giugno 2011, n. 12143).

Tale indirizzo – pienamente condiviso dal Collegio – è stato confermato dalla disposizione interpretativa di cui alla L. 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 5, che recita: la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, comma 3 si interpreta nel senso che il termine ivi previsto del 30 ottobre per la rilevazione della media tra le retribuzioni per le diverse qualifiche previste dai contratti collettivi provinciali di lavoro ai fini detta determinazione della retribuzione media convenzionale da porre a base per le prestazioni pensionistiche e per il calcolo della contribuzione degli operai agricoli a tempo determinato è il medesimo di quello previsto dalla citata L. n. 457 del 1972, art. 3, comma 2 per gli operai a tempo indeterminato.

Di recente, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 257 del 2011, ha dichiarato la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale della suddetta L. n. 191 del 2009, art. 2, comma 5, sollevate, in riferimento all’art. 3 Cost., art. 111 Cost., commi 1 e 2, art. 117 Cost., comma 1, in relazione agli artt. 6 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, n. 848.

Il Giudice delle leggi ha, fra l’altro, sottolineato che la conformità a Costituzione della norma censurata si desume, principalmente, dal fatto che essa: a) ha affermato un principio già presente nell’ordinamento per gli operai agricoli a tempo determinato, sia pure limitatamente alla liquidazione delle prestazioni temporanee ( L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 21); b) ha enucleato una delle possibili opzioni ermeneutiche dell’originario testo normativo; c) ha superato una situazione di oggettiva incertezza di tale testo, evidenziata dai diversi indirizzi interpretativi che si erano manifestati nella giurisprudenza di legittimità prima della citata sentenza n. 2531 del 2009; d) non ha inciso su situazioni giuridiche definitivamente acquisite, non ravvisabili in mancanza di una consolidata giurisprudenza in materia.

Ne deriva che la ratio di ricondurre l’intero sistema ad uniformità, posta a base della giurisprudenza di questa Corte a partire dalla sentenza n. 2531 del 2009 – e che risponde a criteri di razionalità – ha trovato positivo riscontro sia nel successivo intervento legislativo interpretativo sia nella pronuncia della Corte costituzionale che lo ha scrutinato.

Conseguentemente tutte le censure prospettate nel ricorso appaiono prive di fondamento.

3 – Conclusioni.

In sintesi, il ricorso va rigettato.

Ricorrono giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione in quanto le questioni esaminate si sono dimostrate di non facile soluzione, come risulta dalla intervenuta emanazione di una norma di interpretativa, successivamente sottoposta al vaglio della Corte costituzionale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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