Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-03-2012, n. 4582 Malattia, assicurazione e assistenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Fermo accertava il diritto di C.M. all’indennità di malattia, negata dall’INPS per asserita prescrizione.

L’Istituto proponeva appello, formulando, preliminarmente, eccezione di decadenza dall’azione giudiziaria.

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Ancona ha confermato la decisione di primo grado, in particolare dichiarando inammissibile per genericità e, comunque, priva di fondamento l’eccezione di decadenza, in base al rilievo che: l’assicurato aveva presentato la domanda amministrativa della prestazione in data 10 marzo 2004; l’INPS ne aveva comunicato il rigetto il 15 ottobre 2004;

il C., in data 11 gennaio 2005 aveva presentato il ricorso amministrativo che era stato rigettato con provvedimento notificato il 24 marzo 2005; il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era stato depositato il 17 marzo 2006 e, dunque, quando ancora – rispetto alla data di reiezione del ricorso amministrativo – non era decorso il termine decadenziale di un anno, previsto dalla legge per le prestazioni temporanee, come quella oggetto di causa.

L’INPS chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso fondato su un unico motivo. La parte privata non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. Nell’unico motivo, deducendo violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, comma 1, (convertito nella L. n. 438 del 1992), l’INPS censura la sentenza impugnata sia per non aver considerato che la decadenza prevista dalle disposizioni di legge citate è rilevabile di ufficio, sia per aver dato rilievo, ai fini della verifica della tempestività della proposta azione giudiziaria, alla decisione di rigetto del ricorso amministrativo, viceversa del tutto irrilevante, essendo stata adottata dopo oltre 300 giorni dalla data di presentazione della domanda amministrativa della indennità. 2. Il ricorso è fondato.

3. La decadenza (di natura sostanziale) dall’azione, per il decorso di determinati termini previsti dalla legge, riguarda non un vizio dell’attività processuale, bensì la stessa ammissibilità della tutela giurisdizionale; per queste ipotesi, come le Sezioni unite di questa Corte hanno di recente precisato, la prospettiva del giusto processo non appare affatto incompatibile con la sua rilevabilità d’ufficio in ogni stato e grado in deroga ai principi generali della disponibilità della tutela giurisdizionale e dell’onere di impugnazione (cfr. Cass., sez, un., n. 26019 del 2008); ne deriva che non operano, al riguardo, nè l’onere di contestazione ai sensi dell’art. 416 c.p.c., comma 3, che riguarda solo i fatti materiali costitutivi della pretesa, nè l’onere di riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c., che riguarda soltanto le domande e le eccezioni in senso stretto (vedi anche Cass. n. 12748 del 2010).

4. Quella prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 come interpretato autenticamente, integrato e modificato dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6 (convertito nella L. n. 166 del 1991) e dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, comma 1, (convertito nella L. n. 438 del 1992), è, appunto, una decadenza "sostanziale" e "o di ordine pubblico", in quanto annoverabile fra quelle dettate a protezione dell’interesse alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti su bilanci pubblici; pertanto tale decadenza è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con il solo limite del giudicato (cfr., tra tante, Cass. n. 12473 del 2003c, da ultimo, Sez. un. n. 12718 del 2009).

5. Ne consegue, per quanto riguarda la presente controversia, la censurabilità della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito, ritenendo inammissibile, per genericità, l’eccezione formulata dall’INPS. ha affermato, in sostanza, che il dovere del giudice di procedere alla verifica della tempestività dell’azione giudiziaria rispetto ai termini inderogabilmente fissati per il suo esercizio, sussiste solo se sollecitato da una specifica eccezione di parte.

6. Ma parimenti non conforme a diritto è la statuizione di infondatezza della proposta eccezione.

7. L’affermazione secondo cui il termine annuale di decadenza non era, nella specie, ancora decorso, dovendo prendersi a riferimento, quale giorno di inizio, la data di notifica della decisione di rigetto del ricorso amministrativo (24 marzo 2005), è frutto di una interpretazione del dato normativo che è stata disattesa dalle Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 12718 del 2009 cit.) con l’affermazione del principio secondo cui il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 (nel testo modificato dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 convertito nella L. n. 438 del 1992) individua nella scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, aperto dalla domanda della prestazione previdenziale, la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di 120 giorni previsto, come spatium deliberandi, dalla L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 7 e del termine di centottanta giorni, complessivamente previsto dalla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 46 per la presentazione e la decisione del ricorso amministrativo) oltre la quale sia la presentazione di un ricorso tardivo, come pure l’adozione di una decisione di rigetto (o di inammissibilità) anch’essa tardiva, non consentono lo spostamento in avanti del dies a quo per l’inizio del computo del termine decadenziale, non potendo il privato, così come l’Istituto previdenziale, incidere (con atti irrituali ovvero posti in essere al di fuori dei limiti legislativamente previsti) sulla rigida e predeterminata scansione delle varie fasi in cui si articola il procedimento amministrativo in una materia nella quale la decadenza – per la natura pubblicistica che (come sopra detto) le è propria – deve trovare applicazione quale che sia il comportamento delle parti.

8. Alla stregua dell’indicato e condiviso principio, non può non rilevarsi che, nel caso controverso, la domanda amministrativa della indennità di malattia era stata presentata dal C. il 10 marzo 2004 mentre la decisione di rigetto del gravame amministrativo da lui proposto è intervenuta solamente il 24 marzo 2005, in una data, cioè, ampiamente successiva all’avvenuto decorso del periodo di trecento giorni più sopra indicato; conseguendone che, alla data di proposizione del ricorso giurisdizionale (depositato il 17 marzo 2006), non sussisteva più il diritto che doveva essere accertato, ed eventualmente affermato, in sede giudiziaria.

9. Per tutte le considerazioni su esposte il ricorso dell’INPS va accolto e cassata la sentenza impugnata, la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è decisa da questa Corte ( art. 384 c.p.c., comma 2) nel senso del rigetto della domanda dell’indennità di malattia proposta dall’odierno intimato.

10. Ravvisa la Corte nella problematicità delle questioni controverse – oggetto di un persistente contrasto di giurisprudenza che le Sezioni unite hanno risolto nei sensi sopra precisati in data appena precedente quella della sentenza impugnata – la sussistenza di giusti motivi ( art. 92 c.p.c.) per compensare fra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dall’odierno intimato. Compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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