Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-03-2012, n. 4581 Retribuzione pensionabile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Bari, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da C.G., titolare di pensione INPS quale operaio agricolo a tempo determinato, per ottenere la riliquidazione della prestazione, a suo dire erroneamente calcolata, per avere l’Istituto previdenziale utilizzato, come parametro di calcolo per la determinazione della retribuzione pensionabile, il salario medio convenzionale rilevato con decreto del Ministero del lavoro per l’anno immediatamente precedente quello della liquidazione del trattamento pensionistico, anzichè il salario medio convenzionale riferito all’ultimo anno di prestazione del lavoro (e individuato, quindi, con il decreto ministeriale dell’anno successivo).

Per la cassazione di questa sentenza l’assicurato ha proposto ricorso fondato su tre motivi. L’INPS ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Nel primo motivo il ricorrente denuncia l’illegittimità costituzionale della L. n. 191 del 2009, art. 2, comma 5, in relazione all’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., comma 2 e art. 38 Cost., comma 2. Irretroattività della norma e violazione dell’art. 11 preleggi. Sostiene che la norma interpretativa viola i criteri di ragionevolezza e di parità tra i cittadini ( art. 3 Cost.) nonchè quello della congruità delle prestazioni previdenziali ( art. 38 Cost.) Inoltre neppure può ritenersi retroattiva perchè non sceglie un’ interpretazione tra quelle rese possibili dal testo interpretato.

2. Nel secondo motivo – proposto per il caso in cui sia dichiarata incostituzionale la norma interpretativa (o se ne statuisca la irretroattività) – il ricorrente, con deduzione di violazione del D.P.R. n. 488 del 1968, artt. 5 e 28; della L. n. 457 del 1972, art. 3; della L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 21, della L. n. 297 del 1982, art. 3 e del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 3 censura la sentenza impugnata per essersi adeguata all’orientamento più recente della giurisprudenza della Corte di cassazione (sent. n. 4355 del 2009), a mente della quale la retribuzione pensionabile, per gli operai agricoli a tempo determinato, va calcolata utilizzando come parametro la media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale dell’anno precedente.

3. Nel terzo motivo, con deduzione di vizio di motivazione, si contesta alla sentenza impugnata di essersi limitata a trascrivere il principio espresso dalla sentenza di cassazione sopra citata, senza minimamente argomentare sulle numerose questioni in diritto proposte dall’appellato in dissenso da quella pronunzia.

4. Il ricorso, i cui motivi si esaminano congiuntamente per la loro stretta connessione, non è fondato.

5. Come ricorda anche il ricorrente, questa Corte ha rimeditato il precedente orientamento espresso con la sentenza n. 2377 del 5 febbraio 2007, affermando, nella sue più recenti decisioni (Cass. 30 gennaio 2009 n. 2531; Cass. 3 febbraio 2009 n. 2596; Cass. 23 febbraio 2009 n. 4355), il seguente principio di diritto "In tema di pensione di vecchiaia degli operai agricoli a tempo determinato, la retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata applicando il D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 28 e, dunque, in forza della determinazione operata anno per anno dai D.M. sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale nell’anno precedente, ciò trovando conferma – oltre che nella impossibilità di rinvenire un diverso e più funzionale sistema di calcolo, che non pregiudichi l’equilibrio stesso della gestione previdenziale di settore – anche nella disposizione di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 21, che, nell’interpretare autenticamente la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3 concernente le prestazioni temporanee in favore dei lavoratori agricoli, ha inteso estendere ai lavoratori agricoli a tempo determinato l’applicazione della media della retribuzione prevista dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30 ottobre dell’anno precedente prevista per i salariati fissi, così da ricondurre l’intero sistema ad uniformità, facendo operare, ai fini del calcolo di tutte le prestazioni, le retribuzioni dell’anno precedente". 6. Il significato dell’art. 3 cit., così come ricostruito dalla giurisprudenza sopra richiamata, è il medesimo esplicitato dallo ius superveniens costituito dalla norma – dichiaratamente di interpretazione autentica – contenuta nella L. n. 191 del 2009, art. 2, comma 5, (Finanziaria 2010), del seguente tenore "la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, comma 3 si interpreta nel senso che il termine ivi previsto del 30 ottobre per la rilevazione della media tra le retribuzioni per le diverse qualifiche previste dai contratti collettivi provinciali di lavoro ai fini della determinazione della retribuzione media convenzionale da porre a base per le prestazioni pensionistiche e per il calcolo della contribuzione degli operai agricoli a tempo determinato è il medesimo di quello previsto alla citata L. n. 457 del 1972, art. 3, comma 2 per gli operai a tempo indeterminato". 7. Investita da varie censure di illegittimità costituzionale, la norma interpretativa è stata oggetto della recente sentenza n. 257 del 2011 della Corte costituzionale, che le ha ritenute non fondate (in particolare con riferimento agli artt. 111 e 117 Cost., il contrasto con i quali era stato denunciato in relazione alla portata precettiva degli artt. 6 e 14 CEDU, come interpretati dalla Corte di Strasburgo) premettendo come, di fronte a una norma che si dichiari di interpretazione autentica, non sia decisivo verificare la stessa abbia carattere effettivamente interpretativo ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva (dovendosene solo verificare la ragionevolezza e la non contrarietà con altri valori e interessi costituzionalmente protetti) ed osservando, quindi, con specifico riferimento alla norma censurata, che non ne appare irragionevole la finalità, in quanto diretta a ricondurre il sistema ad una disciplina uniforme per gli operai agricoli a tempo determinato e per quelli a tempo indeterminato, utilizzando come parametro, ai fini del calcolo di tutte le prestazioni, siano esse di carattere temporaneo ovvero di durata, la media salariale convenzionale riferita all’anno precedente rispetto a quello di effettivo svolgimento dell’attività lavorativa.

8. Per tutte le considerazioni su esposte il ricorso è rigettato.

9. Nulla per le spese del giudizio di cassazione in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente prima delle modifiche apportate dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42 convertito nella L. n. 326 del 2003, nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *