Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-03-2012, n. 4579 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 18.05.2005 il Tribunale di Ravenna accoglieva la domanda proposta da R.E. nei confronti dell’INPS e accertava il diritto del ricorrente alla maggiorazione contributiva per le prestazioni pensionisti – che – L. n. 257 del 1992, ex art. 13, comma 8 – (e successive modifiche)- per il periodo lavorativo svolto con esposizione all’amianto per oltre un decennio. Tale decisione, appellata dall’INPS, è stata confermata dalla Corte di Appello di Bologna con sentenza n. 396 del 2009, la quale ha osservato che, ai fini del riconoscimento del beneficio pensionistico richiesto dal lavoratore, ricorreva nel caso di specie anche il requisito dell’esposizione qualificata al rischio amianto, giacchè il consulente tecnico di ufficio aveva accertato che il R. era stato esposto a tale rischio per periodo eccedente i dieci anni con livello "discretamente probabile" superiore al valore limite previsto dal D.Lgs. n. 277 del 1991, art. 24.

L’INPS ricorre per cassazione con un motivo, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Il R. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso l’INPS censura l’impugnata sentenza per violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, e per insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Al riguardo l’ente previdenziale rileva l’erroneità dell’impugnata decisione, per avere ritenuto l’esistenza dell’esposizione qualificata all’amianto, e ciò sulla base dell’indagine del consulente tecnico di ufficio, il quale ha concluso nel senso che "la valutazione di possibilità espositiva non può essere ritenuta essersi concretizzata in termini di elevata significatività probabilistica" e che "rimane unicamente accettabile considerare una discreta probabilità (intervallo probabilistico del 55-65%)".

Un simile accertamento, ad avviso dell’INPS, appare ostativo all’accoglimento della domanda del R., proprio perchè non è stata provato il raggiungimento di un "elevato grado di probabilità di esposizione all’amianto", condizione indispensabile per l’ottenimento del richiesto beneficio secondo l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione.

2. Le esposte doglianze meritano di essere condivise.

Questa Corte (cfr Cass. n. 4363 del 2009; Cass. n. 18274 del 2010) in analoghe controversie ha osservato che il fatto costitutivo del diritto in questione non si identifica con la mera durata ultradecennale di una attività lavorativa svolta in un luogo di lavoro in cui sia presente l’amianto, bensì con l’esposizione del lavoratore al rischio di ammalarsi a causa dell’inspirazione- per oltre un decennio- di fibre di amianto presenti in quel luogo in quantità superiore ai valori limite prescritti dalla normativa di prevenzione del D.Lgs. n. 277 del 1991. Ne consegue che l’accertamento giudiziale della semplice durata di quell’attività, senza accertamento del rischio effettivo e, quindi, senza l’apprezzamento di una esposizione "qualificata" (da intendersi raggiunta in presenza di un elevato grado di probabilità di esposizione all’amianto in misura superiore alle soglie previste dalla legge). non costituisce, di per sè, ragione di riconoscimento del diritto al beneficio contributivo.

Ciò precisato, va osservato che l’impugnata sentenza non si mostra coerente nello sviluppo delle argomentazioni svolte e nelle sue conclusioni. Invero essa, da un lato, pone in evidenza che il R. lavorò costantemente in officina meccanica di manutenzione di automezzi industriali, attività comportante sostituzione di ferodi costituiti da mescole contenenti fibre di amianto, e venne a contatto con le polveri di tale sostanza senza alcuna protezione; dall’altro lato, richiamandosi alla consulenza tecnica di ufficio, ritiene raggiunta la prova dell’esposizione qualificata sulla base di una valutazione "discretamente probabile" del livello di pericolosità.

Una valutazione siffatta non è soddisfacente, atteso che la prova di una esposizione "qualificata" al rischio amianto dovrebbe intendersi raggiunta, in conformità al richiamato indirizzo giurisprudenziale (cfr da ultimo Cass. n. 4898 del 2010; Cass. n. 10390 del 2009), in presenza di un "elevato grado di probabilità" di esposizione in misura superiore alle soglie previste dalla legge, mentre nel caso di specie il superamento di tali soglie è considerato come "discretamente probabile" in un ambito compreso tra il 55 % e il 65 %. 3. Le precedenti considerazioni conducono a ritenere fondato il ricorso, sicchè la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, che procederà ad una più approfondita e coerente verifica dell’esistenza dell’esposizione qualificata al rischio amianto, suscettibile, come tale di rivalutazione contributiva.

Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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