Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-03-2012, n. 4578 Licenziamento per riduzione del personale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 1815/07 in data 2.11.2007 il Tribunale di Potenza, in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro, in accoglimento della domanda azionata da S.G. con ricorso in data 24.01.2004 nei confronti del datore di lavoro P.P., annullava il licenziamento intimato in data 13.10.2003 ed ordinava al convenuto l’immediata reintegra nel posto di lavoro e lo condannava al pagamento del risarcimento del danno; le spese seguivano la soccombenza.

2. Avverso tale decisione interponeva appello il P. con atto depositato in data 11.01.2008. Deduceva difetto di motivazione della sentenza di primo grado; falso ed errato presupposto di fatto e di diritto", errata valutazione delle risultanze istruttorie"; e concludeva per la riforma dell’impugnata sentenza.

Si costituiva il S. per resistere all’avverso gravame, e concludeva per il rigetto dell’appello con tutte le conseguenze, anche in ordine alle spese.

Con sentenza del 22 marzo – 4 aprile 2008 la corte d’appello di Potenza respingeva l’appello e condannava le l’appellante al pagamento delle spese del grado.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il P. con due motivi. Resiste con controricorso la parte intimata.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 2103 c.c. e formula il seguente quesito di diritto: dica la corte se viola l’art. 2103 l’aver adibito il dipendente ad alcune soltanto delle mansioni a lui spettanti, distogliendolo da alcune altre.

Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione della L. n. 223 del 1991, art. 4; la sentenza non ha considerato le graduatorie della procedura di licenziamento collettivo concordate con le organizzazioni sindacali.

Inoltre la sentenza non ha tenuto conto del fatto che era stata fatta la valutazione comparativa della posizione del lavoratore rispetto a quella degli altri lavoratori.

2. Il ricorso – i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente – non può essere accolto perchè le censure mosse la ricorrente non sono centrate sulla ragione della decisione.

La sentenza impugnata pone in rilievo il demansionamento subito dal lavoratore che ha alterato i termini della sua valutazione quanto alla procedura di licenziamento collettivo. Questo presupposto del demansionamento, ritenuto illegittimo dai giudici di merito in primo grado ed in grado d’appello, non viene posto in discussione dal ricorso se non in termini meramente assertivi.

In particolare i giudici di merito hanno accecato che il S., dipendente con funzioni di responsabile dei servizi di zona, era stato assegnato a mansioni inferiori di guardia giurata a seguito della contestazione disciplinare in data 30.11.2002. Da tale assegnazione conseguiva la inclusione nel numero dei dipendenti licenziati ex Lege n. 223 del 1991, recesso dal quale erano invece esclusi i dipendenti con superiore inquadramento.

Il tribunale e poi la corte d’appello hanno valutato come illegittima tale assegnazione di mansioni che integrava la fattispecie di dequalificazione ex art. 2103 c.c..

Correttamente poi i giudici di merito hanno ritenuto che il demansionamento non può costituire una atipica sanzione disciplinare; ed hanno altresì rilevato che comunque il datore di lavoro non aveva dato prova della condotta colpevole addebitata al lavoratore.

Quindi, in sostanza, il S., tenendo conto dei criteri adottati dal datore di lavoro nell’intimazione del licenziamento collettivo ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 4, non poteva essere incluso tra i lavoratori destinatari del licenziamento in ragione della sua qualifica e delle corrispondenti mansioni alle quali avrebbe dovuto essere assegnato. Cfr. Cass., sez. lav., 3 febbraio 2000, n. 1198, secondo cui nei licenziamenti collettivi la scelta del personale da assoggettare alle misure espulsive va effettuata – in applicazione dei principi di correttezza e buona fede che, nel momento di gestione della crisi dell’impresa, costituiscono una clausola generale di chiusura, di trasparenza e di garanzia per la valutazione dei comportamenti imprenditoriali – sulla base di un rispetto sostanziale dei criteri di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 5, e quindi non tanto in funzione di astratti livelli o classificazioni contrattuali, quanto in conformità delle reali fasce di professionali e al contenuto oggettivo delle mansioni concretamente svolte.

3. Il ricorso va quindi rigettato.

Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 30,00 oltre Euro 2.000,00 (duemila) per onorario d’avvocato ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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