Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 13-10-2011, n. 36990 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 15.7.2008 il tribunale di Nola, dichiarò A. P. colpevole dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65, 71 e 72; al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95; al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181; all’ art. 349 c.p., condannandolo alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 900,00 di multa, con la sospensione condizionale della pena subordinata alla esecuzione dell’ordine di demolizione.

La corte d’appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe, dichiarò non doversi procedere in ordine alle contravvenzioni perchè estinte per prescrizione, revocò l’ordine di demolizione e la condizione apposta alla sospensione condizionale della pena, rideterminò la pena in mesi sette di reclusione ed Euro 700,00 di multa e confermò nel resto la sentenza di primo grado.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del reato di violazione dei sigilli. Lamenta che la corte d’appello non ha risposto al motivo di impugnazione con cui si era eccepita la insussistenza del reato, perchè egli si era limitato a realizzare un muro di cinta intorno al capannone ed all’area sottoposti a sequestro.

Motivi della decisione

Il motivo di ricorso consiste in una censura nuova non dedotta con l’atto di appello, e che non può quindi essere proposta per la prima volta in questa sede di legittimità. Con l’appello, infatti, l’imputato non aveva dedotto la insussistenza dello elemento oggettivo del reato di violazione dei sigilli per essersi egli limitato a realizzare un muro di cinta intorno al capannone ed all’area sottoposti a sequestro, bensì aveva dedotto solo la mancanza dello elemento soggettivo, nel senso che egli aveva inteso soltanto assicurare una maggiore protezione al fondo di cui era proprietario. La corte d’appello, pertanto, non era tenuta a rispondere ad una censura che non era stata proposta.

Il motivo sarebbe stato comunque manifestamente infondato perchè – come già evidenziato dal giudice di primo grado – la realizzazione, tutto intorno all’aerea dove sorgeva il capannone abusivo, di una recinzione in cemento armato, con una altezza variabile da m. 1 a m.

1,70, costituiva indubbiamente prosecuzione dei lavori abusivi e violazione del vincolo di indisponibilità imposto al fondo.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

In applicazione dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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