Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 13-10-2011, n. 36989 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 4.12.2007 il tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Sorrento, dichiarò D.M.R. e G. F. colpevoli dei reati di cui; A) al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); B) al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65, 71 e 72; C) al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95; D) al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181; F) all’art. 349 c.p., condannandoli ciascuno alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, con la sospensione condizionale della pena subordinata alla esecuzione dell’ordine di demolizione e di quello di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

La corte d’appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe, assolse la G. per non aver commesso il fatto, concesse al D.M. le attenuanti generiche prevalenti e rideterminò la pena in mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa, revocò la condizione apposta alla sospensione condizionale della pena, e confermò nel resto la sentenza di primo grado.

Il D.M. propone ricorso per cassazione deducendo:

1) mancanza o manifesta illogicità della motivazione sulla sussistenza del reato di violazione dei sigilli;

2) violazione di legge per non avere la corte d’appello dichiarato la già intervenuta prescrizione dei reati.

Motivi della decisione

Il primo motivo è innanzitutto generico, non essendo specificamente indicate le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la censura ed in ogni caso è manifestamente infondato perchè i giudici del merito hanno fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali hanno ritenuto provata la responsabilità del ricorrente per il reato di violazione dei sigilli, ed in particolare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, atteso che il D.M. era stato nominato custode dell’immobile ed in sede di spontanee dichiarazioni si era assunto la totale responsabilità degli abusi.

Il secondo motivo è anch’esso manifestamente infondato perchè la corte d’appello ha adeguatamente e congruamente rilevato che doveva tenersi conto del periodo totale di sospensione del corso della prescrizione di anni due e mesi cinque, sicchè alla data di emissione della sentenza impugnata la prescrizione non si era ancora maturata. E difatti, nella specie il decorso della prescrizione è cominciato a decorrere, per tutti i reati contestati, dal (OMISSIS), ossia dalla data di cessazione della permanenza e della continuazione dei reati stessi. Invero, deve essere applicata nella sua totalità la precedente disciplina sulla prescrizione in quanto più favorevole all’imputato (prevedendo per le contravvenzioni un termine massimo di tre anni e quattro anni e mezzo e non di cinque anni). Per la stessa ragione, anche il periodo di sospensione per impedimento dell’imputato va calcolato per intero e non limitatamente a 60 giorni.

Ne deriva che devono calcolarsi i seguenti periodi di sospensione della prescrizione: dal 14.12.03 al 10.4.04 ed all’1.3.05 per astensione del difensore (anni 1, mesi 2, giorni 15); nonchè dal 31.1.06 al 13.11.06, per impedimento, al 12.3.07 e al 22.10.07, per astensione (anni 1, mesi 8 e giorni 22), per un totale complessivo di anni 2, mesi 11 e giorni 7. Per il delitto il periodo di sospensione è invece di anni 2, mesi 3 e giorni 24.

Conseguentemente le contravvenzioni di cui ai capi A), B) e D), il cui termine massimo di prescrizione scadeva il 19.11.2008, si prescriveranno il 26.10.2011, mentre il delitto si prescriverà il 15.3.2014. La contravvenzione di cui al capo C) (reato antisismico), il cui termine massimo di prescrizione scadeva il 19.5.2007, si è prescritta il 26.4.2010, cioè in una data successiva a quella di emissione della sentenza impugnata (29.5.2009), che quindi esattamente non la ha rilevata e dichiarata.

Essendo il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, la circostanza che la prescrizione del reato sia maturata in una data successiva a quella in cui è stata emessa la sentenza impugnata, è del tutto irrilevante perchè, a causa della inammissibilità del ricorso non si è formato un valido rapporto di impugnazione il che preclude a questa Corte la possibilità di rilevare e dichiarare le eventuali cause di estinzione del reato, ivi compresa la prescrizione, verificatesi in data posteriore alla pronuncia della decisione impugnata (Sez. Un., 22 novembre 2000, De Luca, m. 217.266; giur. costante).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

In applicazione dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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