Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 13-10-2011, n. 36986

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Lecce confermò la sentenza emessa il 6.12.2008 dal giudice del tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Ostuni, che aveva dichiarato L. F. e G.V. colpevoli del reato di cui agli artt. 54 e 1162 c.n., condannandoli alla pena ritenuta di giustizia, mentre li aveva assolti dal contestato reato di cui all’art. 734 c.p., perchè il fatto non sussiste e dal reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), perchè estinto per prescrizione.

L.F. propone ricorso per cassazione deducendo:

1) vizio di motivazione e violazione di legge in ordine al reato di cui agli artt. 54 e 1161 c.n.. Osserva che aveva dedotto che l’area in questione non era più di interesse pubblicistico in seguito alla istanza di sdemanializzazione presentata nel 2001, per la quale la capitaneria di porto aveva espresso parere favorevole, il ministero aveva preso atto esprimendo il proprio benestare e successivamente non vi era stati più alcun intervento, così realizzandosi la fattispecie della sdemanializzazione tacita. Poichè questa si era verificata nel 2001, la permanenza del reato era cessata in quella data, sicchè il reato era ormai prescritto.

Osserva poi che, in ogni caso, la consumazione finale del reato è stata contestata alla data del 26.11.2000 e non vi è stata una ulteriore contestazione di prosecuzione della permanenza da parte del p.m., con la conseguenza che il reato era comunque prescritto.

2) violazione di legge perchè la corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), (capo A) non prescritto ma estinto per condono edilizio, in quanto era stata tempestivamente presentata la relativa richiesta, era stata pagata l’oblazione ed erano decorsi 36 mesi senza rilievi da parte della autorità amministrativa.

Motivi della decisione

Il primo motivo è infondato perchè esattamente la sentenza impugnata ha ritenuto che non si era verificata alcuna sdemanializzazione tacita a seguito del mero comportamento passivo tenuto dalla pubblica amministrazione a fronte della richiesta di acquisto da parte dell’imputata, con ciò facendo corretta e puntuale applicazione del principio costantemente affermato da questa Corte, secondo cui "In tema di tutela del demanio marittimo ed ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 1161 c.n. (abusiva occupazione di spazio demaniale), va esclusa la possibilità di una sdemanializzazione tacita del demanio marittimo, atteso che la stessa è possibile soltanto mediante uno specifico provvedimento di carattere costitutivo da parte dell’autorità amministrativa competente" (Sez. 3, 30.11.2005, n. 3672, Malatesta, m. 233289; Sez. 3, 21.5.2009, n. 25165, Olivetti, m. 244085). Le massime della cassazione civile richiamate nel ricorso non si riferiscono al demanio marittimo ma ad altri beni demaniali e comunque non possono giovare alla ricorrente perchè affermano pur sempre il principio che "La sdemanializzazione tacita non può desumersi dalla sola circostanza che un bene non sia più adibito anche da lungo tempo ad uso pubblico, ma è ravvisabile solo in presenza di atti e fatti che evidenzino in maniera inequivocabile la volontà della P.A. di sottrarre il bene medesimo a detta destinazione e di rinunciare definitivamente al suo ripristino" (Cass. civ., Sez. Un., 26.7.2002, n. 11101, m. 556306), mentre nella specie non sono stati rappresentati atti o fatti che dimostrino in modo inequivocabile una volontà della pubblica amministrazione di sottrarre il bene demaniale in questione alla destinazione ad uso pubblico o di rinunciare al ripristino di tale destinazione.

Il reato è stato contestato come accertato il 26.11.2000 e non già come consumato in tale data. Esattamente, quindi, la corte d’appello ha ritenuto che la permanenza era cessata alla data di emissione della sentenza di primo grado.

Il secondo motivo è anch’esso infondato perchè esattamente la corte d’appello ha ritenuto che il manufatto abusivo in questione non era condonabile, perchè si trattava di un intervento di nuova costruzione e di considerevoli dimensioni eseguito in area soggetta a vincolo e non rientrante tra le tipologie sanabili quando realizzate in area vincolata (cfr., per tutte, Sez. 3, 29.5.2007, n. 28517, Marzano, m. 237140) e comunque in area appartenente al demanio marittimo ( D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, comma 27, lett. g), convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003, n. 326).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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