Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 28-09-2011) 13-10-2011, n. 36925 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Catania, con sentenza in data 17/1/2011, confermava la sentenza del tribunale di Catania, in data 7/4/2009, appellata da Z.N., Z.P. e M.V., dichiarati colpevoli di ricettazione di un’autovettura Bmw 320 D, di provenienza furtiva, immatricolata in Belgio, Z.P. e M.V. anche dei reati satelliti di ricettazione del certificato di immatricolazione e della carta di circolazione della predetta Bmw, e dei reati di falsità ideologica in atto pubblico e condannati con la continuazione e la riduzione del rito, Z.P. alla pena di anni cinque di reclusione e Euro 26.000 di multa, Z.N., con le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, alla pena di anni due di reclusione e Euro 200 di multa, M.V. alla pena di anni due, mesi sei di reclusione e Euro 1000 di multa. Proponevano ricorso per cassazione i difensori di tutti gli imputati Nell’interesse di Z. N. venivano dedotti i seguenti motivi:

a) mancanza e illogicità della motivazione in relazione agli elementi probatori, labili e irrilevanti che hanno indotto la Corte territoriale a confermare la sentenza di condanna, con particolare riferimento all’incendio doloso dell’autovettura, al prezzo irrisorio di acquisto e al mancato controllo del numero di telaio della vettura acquistata;

b) violazione di legge per non aver derubricato la Corte territoriale il reato di ricettazione in incauto acquisto il difensore di Z.P. e M.V. deduceva, con riferimento al primo, i seguenti motivi:

a) violazione dell’art. 64 c.p.p., comma 3, in combinato disposto con il comma 3 bis e con gli artt. 178 e segg. c.p.p. e art. 191 c.p.p. e inutilizzabilità dell’interrogatorio, avendo reso l’imputato dichiarazioni spontanee senza essere a conoscenza degli specifici elementi di prova e degli elementi su cui si fondava l’accusa, essendo privo di documentazione che non era neanche in possesso del difensore, in quanto l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. era contestuale all’art. 375 c.p.p., avendo espressamente richiesto un interrogatorio, mai effettuato all’esito della visione degli atti; b) violazione di legge per non aver rilevato la Corte di merito l’intervenuta prescrizione con riferimento ai reati di cui ai capi c), d), e), f);

c) violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al reato di ricettazione del certificato di immatricolazione della carta di circolazione della Bmw, non essendo stato il soggetto in grado di ricevere e non avendo, comunque, ricevuto tali documenti;

d) violazione di legge con riferimento al reato di cui all’art. 648 bis c.p., non avendo mai personalmente presentato istanza di immatricolazione della Bmw, avendo incaricato per le formalità inerenti tale veicolo l’agenzia pratiche auto del geometra L. S., nonchè travisamento della prova per quanto concerne la mancata indicazione delle generalità del venditore della predetta auto.

In relazione alla posizione di M.V. rilevava l’omessa valutazione dell’elemento psicologico del reato, essendo stato ritenuto responsabile del reato ascrittogli in forza di un atto notarile, senza la certezza della riconducibilità della firma al ricorrente, in mancanza di un interesse concreto dello stesso, ritenendo, tutt’al più, sussistente il meno grave reato di falso, già prescritto alla data del giudizio di appello; veniva, inoltre, dedotto il difetto di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche.

Motivi della decisione

1) Il ricorso di Z.N. è inammissibile perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata. Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4, sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5, sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2, sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

La Corte di Appello di Catania, invero, con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria, ha escluso la buona fede dell’imputato in ragione del prezzo irrisorio (Euro 1000) pattuito per l’acquisto della Bmw e in considerazione della circostanza che il prevenuto, essendo esperto in materia di autovetture, non poteva non avvedersi della palese contraffazione del telaio, non fornendo alcuna giustificazione in riferimento a tale censure, evidenziando, inoltre, i giudici di merito l’incendio doloso del predetto veicolo avvenuto ad una settimana dall’acquisto.

Gli argomenti proposti dal ricorrente costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.

2) Inammissibile è anche il ricorso proposto nell’interesse di Z.P..

Nel caso in cui gli ufficiali di polizia giudiziaria delegati dal pubblico ministero abbiano assunto l’interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare, pur avendo il difensore segnalato di non essere ancora in possesso delle copie richieste ex articolo 415 bis c.p.p., l’omissione in oggetto non comporta l’univoca ed ineludibile conseguenza della nullità dell’interrogatorio e relativa caducazione della misura, ove, come nel caso di specie, l’indagato, pur aver preso atto delle eccezioni della difesa, dichiari di essere disposto a rendere dichiarazioni spontanee.

Dal contesto dell’interrogatorio risultano inoltre essere stati indicati gli elementi delle fonti di prova a carico del ricorrente, emergendo la puntuale indicazione della fattispecie concreta, degli elementi rilevanti in fatto, dei risultati delle investigazioni espletate, delle fonti probatorie dell’accusa. In tale ipotesi la mancanza delle copie richieste ex art. 415 c.p.p. dal difensore non comporta nocumento alcuno per una corretta conduzione dell’interrogatorio, nè emerge alcuna violazione del diritto di difesa, risultando dallo stesso verbale una chiara contestazione dell’addebito con la specificazione degli elementi di fatto su cui si fonda l’accusa, compresa l’indicazione degli elementi di prova acquisiti, come richiesto dagli artt. 64 e 65 c.p.p..

3) In relazione alla dedotta intervenuta prescrizione con riferimento ai reati di cui ai capi c) art. 480 c.p., d) art. 483 c.p., e) art. 480 c.p., f) art. 483 c.p., commessi, rispettivamente, in data 21.5.2003 i primi due e in data 30.7.2003 gli ultimi due, occorre considerare che all’originario termine di prescrizione di anni sette e mesi sei per tutti i reati, (scadente, rispettivamente in data 21.9.2010 e 30.1.2011) vanno aggiunti 240 gg di sospensione (120 in primo grado e 120 in secondo grado, ex art. 159 c.p., computando un termine massimo di 60 gg, per ogni rinvio), con scadenza del termine di prescrizione, rispettivamente, in data 21.5.2011 e 30.9.2011, quest’ultimo non ancora maturato.

Il Collegio osserva, con riferimento ai termini scadenti il 21.5.2011 che non possono trovare applicazione le norme sulla prescrizione del reato, pur essendo maturati i relativi termini, dal momento che – secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte – l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’art. 581 c.p.p., ovvero alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (cfr.: Cass. Sez. Un., sent. n. 21 del 11.11.1994 dep. 11.2.1995 rv 199903; Cass. Sez. Un., sent. n. 32 del 22.11. 2000 dep. 21.12.2000 rv 217266).

4) Con ulteriori censure formulate nell’interesse di Z. P. il ricorrente si limita a fornire una diversa interpretazione dei fatti, generica e apodittica.

Sul punto appare utile ribadire – oltre a richiamare i principi di questa Corte già sopra riportati per situazioni analoghe di altri ricorrenti – che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione essere limitato a riscontrare l’esistenza di un logico e complessivo apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza o l’inconferenza fattuale delle argomentazioni di cui il Giudice di merito si sia avvalso per sottolineare il suo convincimento ovvero la loro rispondenza alle acquisizioni processuali, e ciò al fine di evitare che il controllo demandato alla Cassazione, anzichè "sui requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità della motivazione", si eserciti muovendo dagli atti del processo sul contenuto della decisione (cfr.

Cass. Sez. 3, sent. 12657 del 2006, Coppolino). Per tale ragione, la motivazione può essere censurata quando essa sia mancante, contraddittoria ovvero manifestamente illogica e tali vizi devono risultare dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame. La motivazione, dunque, si considera mancante non solo quando è completamente omessa, ma anche quando è apparente o priva di singoli momenti esplicativi in ordine ai temi sui quali deve vertere il giudizio. Si considera manifestamente illogica allorchè l’incoerenza è evidente, ovvero di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi di diritto (cfr. Cass. Sez. Un. 23/6/2000 n. 12, Jakani; conf. Cass. Sez. Un. 16/12/1999 n. 24, Spina; Sez. 3, Sentenza n. 40542 del 12/10/2007 Ud. – dep. 06/11/2007 – Rv. 238016).

La Corte territoriale, con motivazione logica e non contraddittoria, evidenzia tutti gli elementi di responsabilità emersi nei confronti del ricorrente, essendo emerso che l’istanza di immatricolazione della Bmw e la richiesta di rilascio del certificato di proprietà della stessa autovettura sono state presentate dallo stesso; inoltre l’autovettura, circolante in Belgio all’epoca dei fatti, non poteva essere venduta da M.V. a Z.P., così come falsamente attestato nell’atto pubblico di vendita davanti al notaio, non potendo conseguire il trasferimento di proprietà della vettura da parte del possessore di un’autovettura di origine furtiva.

Appare, pertanto, irrilevante ai fini della responsabilità del prevenuto, la dedotta procura a vendere conferita dal ricorrente al L..

Gli stessi imputati, inoltre, avevano compiuto operazioni atte a ostacolare la provenienza delittuosa del veicolo e non hanno, comunque, indicato il venditore.

Nel caso in esame il ricorrente propone, peraltro in via ipotetica, una ricostruzione alternativa a quella operata dai giudici di merito, valutata dalla Corte territoriale "palesemente inverosimile", avendo sostenuto l’acquisto estemporaneo, in un’area di servizio, da uno sconosciuto, di una costosa vettura di grossa cilindrata, senza una previa verifica delle condizioni del veicolo, con una caparra asserita non accompagnata da alcuna garanzia, senza la mancata indicazione delle modalità di pagamento del prezzo.

In materia di ricorso per Cassazione, perchè sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la ricostruzione contrastante con il procedimento argomentativo del giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare soltanto una ipotesi alternativa, peraltro inverosimile, a quella ritenuta in sentenza. (V., con riferimento a massime di esperienza alternative, Cass. Sez. 1 sent. n. 13528 del 11.11.1998 dep. 22.12.1998 rv 212054).

5) Medesime considerazioni valgono anche con riferimento al ricorso nell’interesse di M.V..

Con riferimento all’elemento soggettivo del reato va evidenziato che l’autovettura Bmw, di origine belga, circolante nel paese di origine, non poteva essere venduta dal ricorrente a Z.P., così come, invece, falsamente attestato nell’atto pubblico di vendita rogato davanti al notaio, trattandosi di vettura di provenienza furtiva cui erano già state compiute operazioni manipolative atte ad ostacolarne la provenienza delittuosa, nè gli imputati hanno fornito elementi idonei a risalire all’identità del venditore di cui non hanno neanche evidenziato le generalità.

A tal proposito questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede, (si vedano: Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 27/02/1997 Ud. – dep. 13/03/1997 – Rv. 207313; Sez. 2, Sentenza n. 16949 del 27/02/2003 Ud. – dep. 10/04/2003 – Rv. 224634).

6) Le doglianze relative al diniego di concessione delle attenuanti generiche sono manifestamente infondate in quanto il giudizio sulle circostanze e sulla quantificazione della sanzione deve ritenersi esaurientemente compiuto con il porre in risalto anche una sola delle circostanze suscettibili di vantazione. Nel caso specifico la motivazione è stata esposta con riguardo alle modalità esecutive della condotta che dimostra una tecnico operativa ben collaudata nel tempo, ai numerosi precedenti specifici sia di Z.P. che di M.V. non essendo il giudice comunque tenuto a considerare in maniera analitica i singoli elementi di cui all’art. 133 c.p. esponendo per ciascuno di questi le rispettive ragioni che lo hanno indotto a formulare proprio conclusivo giudizio (Cass. 2, 2.9.00 n. 9387, ud. 15.6.00, rv. 216924).

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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