Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 28-09-2011) 13-10-2011, n. 36920 Persona offesa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 30.6.2009, il G.U.P. del Tribunale di Parma, fra l’altro, dichiarò C.M. responsabile dei reati di estorsione aggravata e lesioni aggravate, unificati sotto il vincolo della continuazione e -concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, con la diminuente per il rito – lo condannò alla pena di anni 5 di reclusione ed Euro 600,00 di multa, pena accessoria.

Avverso tale pronunzia l’imputato, con altri, propose gravame ma la Corte d’appello di Bologna, con sentenza in data 11.6.2010, fra l’altro, confermò la decisione di primo grado riguardo a C. M..

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:

1. violazione di legge in relazione all’errata valutazione delle risultanze probatorie; l’affermazione di responsabilità si fonda solo sulle dichiarazioni della persona offesa, nonostante alcune discrasie presenti nelle stesse e l’assenza di riscontri;

2. violazione di legge in relazione al ritenuto concorso dell’imputato nel reato; C.M. sarebbe giunto a Parma solo il 4.10.2008, mentre l’attività estorsiva era iniziata nel mese di settembre, quando egli ancora si trovava in Romania;

3. vizio di motivazione in relazione al mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti, nonostante l’assenza di precedenti penali, la giovane età e la corretta condotta processuale.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è proposto al di fuori dei casi consentiti in quanto svolge censure di merito ed è manifestamente infondato.

Va ricordato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, in tema di valutazione della prova testimoniale, a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa e quelle di un testimone legato da stretti vincoli di parentela con la medesima. Ne consegue che la deposizione della persona offesa dal reato, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva, non richiedendo necessariamente neppure riscontri esterni, quando non sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua attendibilità. (Cass. Sez. 3 sent. n. 22848 del 27.3.2003 dep. 23.5.2003 rv 225232).

La Corte territoriale ha condiviso la valutazione del primo giudice di attendibilità della persona offesa R.G.E., sia alla luce della intrinseca coerenza, sia per le conferme provenienti dai testi S., B. e St., oltre che di altri riscontri.

Si tratta di valutazione di merito nella cui motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

La Corte territoriale ha posto a base dell’affermazione di responsabilità del ricorrente le dichiarazioni della persona offesa secondo cui appena C.M. giunse in Italia si recò ad abitare con gli altri ed iniziò a percuoterla ed a minacciarla insieme agli altri.

Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, per il corretto adempimento dell’obbligo della motivazione in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee è sufficiente che il giudice dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art. 133 c.p.. E gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto, essendo sottratto al sindacato di legittimità, in quanto espressione del potere discrezionale nella valutazione dei fatti e nella concreta determinazione della pena demandato al detto giudice, il supporto motivazionale sul punto quando sia aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e sia, altresì, logicamente corretto. (Cass. Sez. 1, sent. n. 3163 del 28.11.1988 dep. 25.2.1989 rv 180654).

La Corte territoriale ha confermato il giudizio di equivalenza fra attenuanti generiche ed aggravanti in ragione della gravità della condotta tenuta dal ricorrente.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’0imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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