Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 28-09-2011) 13-10-2011, n. 36919

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 16.3.2010, il Tribunale di Rimini, fra l’altro, dichiarò D.A. responsabile di tre reati di rapina aggravata (capi A, B e C), ed E.V. responsabile di rapina aggravata (capo D) unificati sotto il vincolo della continuazione i reati ascritti a D. e – concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, con la diminuente per il rito abbreviato – condannò:

D. alla pena di anni 4 mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa, pena accessoria;

Esposito alla pena di anni 3 mesi 4 di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, pena accessoria.

Avverso tale pronunzia i predetti ed altro imputato proposero gravame ma la Corte d’appello di Bologna, con sentenza in data 18.11.2010, confermò la decisione di primo grado.

Ricorrono per cassazione i difensori degli imputati.

Il difensore di D.A. deduce:

1. vizio di motivazione in relazione al mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti in ragione della leale condotta processuale dell’imputato che si sarebbe sottoposto a rilievi foto antropometrici così da consentire il confronto con le immagini delle rapine;

2. vizio di motivazione in relazione alla reiezione della richiesta di riduzione della pena.

Il difensore di E.V. deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata assoluzione dell’imputato a carico del quale vi era un solo elemento indiziario (le telefonate alla moglie desunte dai tabulati) e la consulenza della difesa smentirebbe quella del P.M. circa la compatibilità delle fattezze dell’imputato con le immagini dei rapinatori riprese durante la rapina.

Motivi della decisione

Il primo ed il secondo motivo di ricorso proposti nell’interesse di D.A. sono manifestamente infondati e proposti al di fuori dei casi consentiti.

Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, per il corretto adempimento dell’obbligo della motivazione in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee è sufficiente che il giudice dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art. 133 c.p. gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto, essendo sottratto al sindacato di legittimità, in quanto espressione del potere discrezionale nella valutazione dei fatti e nella concreta determinazione della pena demandato al detto giudice, il supporto motivazionale sul punto quando sia aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e sia, altresì, logicamente corretto. (Cass. Sez. 1, sent. n. 3163 del 28.11.1988 dep. 25.2.1989 rv 180654).

Ciò la Corte territoriale ha fatto valutando il numero e la gravità dei reati.

La determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicchè l’obbligo della motivazione da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del 20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. N. 155508; n. 148766; n. 117242).

Il ricorso proposto nell’interesse di E.V. è inammissibile per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, perchè deduce censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata.

La Corte territoriale, richiamando la sentenza di primo grado, ha dato conto delle ragioni per le quali è stata ritenuta condivisibile la conclusione del consulente del P.M..

In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5, sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2, sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di motivazione o la sua manifesta illogicità.

Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità degli enunciati che la compongono.

I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, gli imputato che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *