Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-09-2011) 13-10-2011, n. 36905

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza n. 289 del 15.7.2010 la Corte di Appello di Potenza ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Potenza in data 9.10.2008 a M.D. ai sensi dell’art. 646 c.p. (oltre al risarcimento danni) per essersi indebitamente appropriato di due assegni ricevuti in pagamento di mobilio venduto e mai consegnato alla parte offesa.

Avverso la pronunzia della Corte di Appello l’imputato ha proposto, a mezzo di avvocato, ricorso per cassazione articolando tre censure.

Una prima sulla erronea applicazione della legge assegno (R.D. n. 1736 del 1933) e della L. n. 386 del 1990 avendo la Corte fondato la propria decisione sul rilascio di assegni (oggetto di appropriazione indebita) a titolo di garanzia, pur costituendo l’assegno esclusivamente un mezzo di pagamento come tale inidoneo ad assolvere una funzione di garanzia, e a costituire perciò bene suscettibile di appropriazione;

Una seconda censura concerna la contraddittorietà ed illogicità della motivazione con riguardo al danno subito dalla parte offesa, consistito a giudizio della Corte – e in assenza di riscontro probatorio – nel successivo acquisto di altro bene dello stesso genere di quello non consegnato dall’imputato;

Una terza censura investe la mancanza di motivazione non avendo la Corte di appello pronunciato sulla qualità dell’imputato segnalata dalla difesa, ossia non diretto contraente e beneficiario del contratto ma mero rappresentante della impresa venditrice, reale destinataria della controprestazione integrata dai titoli di credito.

2. – Il primo motivo è fondato. Certamente, integra il delitto di cui all’art. 646 c.p. la condotta del prenditore che ponga all’incasso un assegno bancario appropriandosi della somma riscossa in violazione del patto di garanzia concluso con l’emittente.

Infatti, il regime legale di circolazione dell’assegno bancario, cui inerisce la regola del pagamento a vista e della invalidità di ogni contraria disposizione riportata per iscritto sul titolo stesso, non esclude che le parti di un rapporto obbligatorio, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, possano convenire di utilizzare l’assegno bancario, anzichè nella funzione tipica di mezzo di pagamento, come fattuale strumento di garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni dedotte nel programma negoziale (cfr.

Cass, sez. 2, 29.2.2000, Manibelli). Tuttavia, nel caso di specie gli assegni non hanno assolto nessuna atipica funzione di garanzia, essendo stati utilizzati nella loro funzione propria di mezzi di pagamento. E infatti, il rapporto giuridico tra i contraenti – per come ricostruito nella decisione impugnata – si esaurisce nelle contrapposte obbligazioni della consegna della merce venduta e del pagamento del relativo prezzo; quest’ultima prestazione è stata oggettivamente eseguita attraverso la dazione di assegni, costituenti per legge mezzi di pagamento. Invece, non risulta nessun’altra obbligazione a carico dell’imputato in riferimento alla quale avrebbe potuto programmarsi la funzione non di pagamento ma di garanzia attribuita agli assegni consegnati dalla parte civile. Di modo che, sotto il profilo civilistico la condotta contestata all’imputato si inscrive nell’area dell’inadempimento contrattuale; sul piano penalistico, non si lascia sussumere in fattispecie di reato. Per l’acclarata insussistenza del fatto, i restanti motivi sono assorbiti.

3. – Per le esposte ragioni, la sentenza impugnata deve essere annullata in quanto il fatto non sussiste.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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