Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-09-2011) 13-10-2011, n. 36933 Provvedimenti impugnabili Provvedimento abnorme

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza del 1.3.2011 il GUP presso il Tribunale di Spoleto, provvedendo sulle questioni preliminari nel procedimento n. 206/2005, rilevata la mancata notifica dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. nei confronti di alcuni imputati dichiarava la nullità della richiesta di rinvio a giudizio limitatamente a tali posizioni disponendo stralcio degli atti relativi e restituzione degli stessi al PM. L’imputato B.V., a mezzo di difensore, ha proposto ricorso contro l’ordinanza affermandone l’abnormità per essere stato violato il diritto di difesa del proprio assistito a seguito della separazione dei processi decisa dal GUP su una fattispecie (associazione a delinquere) che postulerebbe invece la inscindibilità dei processi.

Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, affermando la doverosità della decisione assunta dal giudice nella fattispecie concreta.

A tali conclusioni ha aderito la parte civile Poste Italiane.

Con memorie in replica la difesa dell’imputato ha insistito nelle rassegnate conclusioni.

2. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

La categoria dell’abnormità (sulla quale v. in particolare le pronunce delle Sezioni Unite 25957 del 26 marzo 2009 e della Cass. sez. 6, 12 novembre 2009, n. 2945) si definisce, invero, in rapporto al tema della tassatività, che impronta il regime delle impugnazioni in generale e del ricorso per cassazione in particolare. Essa individua propriamente uno sviamento della funzione giurisdizionale, la quale non rispecchia più il modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento.

Tanto che si tratti di un atto strutturalmente "eccentrico" rispetto a quelli positivamente disciplinati, quanto che si versi in una ipotesi di atto normativamente previsto e disciplinato, ma "utilizzato" al di fuori dell’area che ne individua la funzione e la stessa ragione di essere nell’iter procedimentale, ciò che segnala la relativa abnormità è proprio l’esistenza o meno del "potere" di adottarlo.

In questa prospettiva, dunque, abnormità strutturale e funzionale si saldano all’interno di un "fenomeno" unitario. Ove sia proprio l’attribuzione" a far difetto – e con essa, quindi, il legittimo esercizio della funzione giurisdizionale – la conseguenza non potrà essere altra che quella dell’abnormità, cui consegue l’esigenza di rimozione. Se invece all’autorità giudiziaria può riconoscersi "attribuzione" circa l’adottabilità di un determinato provvedimento, i relativi, eventuali vizi saranno solo quelli previsti dalla legge.

Non importa e non basta dunque, per la sussistenza dell’abnormità, che il potere, esistente, sia solo stato male esercitato, giacchè in tal caso esso sfocia in un atto illegittimo ma non abnorme. Nel caso in esame, il GUP ha indubbiamente esercitato un potere riconosciutogli – ossia di decidere sulla separazione delle cause ai sensi dell’art. 18 c.p.p., comma 1, lett. a) – senza peraltro incorrere in violazioni di legge corrispondendo anzi ad una regola fondamentale di disporre la separazione quando solo nei confronti di alcuni imputati, e non anche nei confronti di tutti, è possibile pervenire prontamente alla decisione (come nel caso in oggetto in cui l’omessa notifica imponeva il rinnovo di attività processuali rispetto ad alcuni imputati).

3. – All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che si stima equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *