Corte Costituzionale sentenza n. . 244 SENTENZA 22 – 28 ottobre 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, commi 98
e 99, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di
stabilita’ 2013), promosso dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia
nel procedimento civile vertente tra Marchio’ Anna ed altri e il
Ministero della giustizia ed altro con ordinanza del 5 marzo 2013,
iscritta al n. 108 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale,
dell’anno 2013.
Visti gli atti di costituzione di Marchio’ Anna ed altri, nonche’
gli atti di intervento dell’INPS e del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 7 ottobre 2014 il Giudice
relatore Mario Rosario Morelli;
uditi gli avvocati Pasquale Lattari per Marchio’ Anna ed altri,
Piera Messina per l’INPS e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri
per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza depositata il 5 marzo 2013 – emessa nel corso
di una controversia promossa nei confronti del Ministero della
giustizia ed altro da alcuni dipendenti, per ottenere la cessazione
della trattenuta (del 2,50%) operata a loro carico in conto del
trattamento di fine servizio (TFS) e la restituzione delle somme, a
tale titolo, trattenute dal 1° gennaio 2011 – l’adito Tribunale
ordinario di Reggio Emilia, motivatane la rilevanza al fine del
decidere, ha sollevato questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 1, commi 98 e 99, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – Legge di stabilita’ 2013).
1.1.- Il comma 98 del predetto art. 1 della legge n. 228 del 2012
– nel prevedere che «Al fine di dare attuazione alla sentenza della
Corte costituzionale n. 223 del 2012 e di salvaguardare gli obiettivi
di finanza pubblica, l’articolo 12, comma 10, del decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
luglio 2010, n. 122, e’ abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2011
[…]» – contrasterebbe, secondo il rimettente, con gli artt. 3 e 36,
primo comma, Cost., in quanto il ripristino del precedente regime del
TFS per i dipendenti pubblici introdurrebbe una «disparita’ di
trattamento tra costoro (cui continua/riprende a essere applicato un
prelievo del 2,5% sull’80% della retribuzione) e i dipendenti privati
(per i quali non e’ previsto nessun prelievo a titolo previdenziale,
ma solo un accantonamento del 6,91% sull’intera retribuzione, non
tassabile); e tra i dipendenti pubblici assunti prima del 2001 (per i
quali e’ stato ripristinato il TFS) e quelli assunti post 2001, per i
quali e’ in vigore la disciplina del T.F.R., ai sensi del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri del 20 dicembre 1999»; inoltre,
perche’ consentirebbe allo Stato «una riduzione dell’accantonamento,
irragionevole perche’ non collegata con la qualita’ e quantita’ del
lavoro prestato».
1.2.- A sua volta, la disposizione di cui al successivo comma 99
del medesimo art. 1 della su citata legge – con il prescrivere che «I
processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del contributo
previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5% della base
contributiva utile prevista dall’articolo 11 della legge 8 marzo
1968, n. 152, e dall’articolo 37 del testo unico delle norme sulle
prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari
dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29
dicembre 1973, n. 1032 si estinguono di diritto» – violerebbe:
– gli artt. 101, 102 e 104 Cost., «interferendo con funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario»;
– gli artt. 3 e 24 Cost., per la sostanziale vanificazione, che
attuerebbe, del diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale, e
per l’ingiustificata disparita’ di trattamento, che ne deriverebbe,
«tra coloro che hanno gia’ adito l’autorita’ giudiziaria ottenendo
una pronuncia favorevole alla restituzione del prelievo forzoso del
2,50% […], coloro che sono sub iudice in questo momento, ovvero non
l’hanno ancora adito»;
– con gli artt. 3, 24, 102 e 113 Cost., sul presupposto che la
compensazione delle spese, conseguentemente alla estinzione
automatica dei giudizi pendenti realizzi una illegittima interferenza
del potere legislativo nella sfera della giurisdizione, non potendo
il giudice decidere sulle spese in senso favorevole al ricorrente.
Solo nel dispositivo dell’ordinanza di rinvio e’ menzionato anche
l’art. 35, secondo comma, Cost., con riferimento al quale non v’e’,
dunque, prospettazione di questione alcuna.
2.- In questo giudizio si sono costituite le parti private, con
argomentazioni adesive alla prospettazione del Tribunale rimettente.
2.1.- E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri
che, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, ha preliminarmente
eccepito l’inammissibilita’, per difetto di rilevanza, delle censure
riferite al comma 99 dell’art. 1 della citata legge n. 228 del 2012
per essere il giudice a quo chiamato a decidere su ricorsi proposti
successivamente all’intervenuta abrogazione della legge 30 luglio
2010, n. 122 (Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’ economica)
e non gia’ "pendenti" alla data di entrata in vigore della
disposizione abrogativa; ed ha, comunque, contestato, nel merito, la
fondatezza delle questioni sollevate sotto ogni profilo della loro
prospettazione.
2.2.- Ha depositato, altresi’, atto di intervento l’INPS, che –
nella dichiarata sua qualita’ di terzo portatore di un interesse
qualificato concreto ed attuale inerente al rapporto sostanziale sub
iudice – ha contestato, a sua volta, la fondatezza di ogni censura
formulata dal rimettente.

Considerato in diritto

1.- Con riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 24, 35,
secondo comma (menzionato, per altro solo nel dispositivo
dell’ordinanza di rimessione), 36, primo comma, 101, 102, 104 e 113
della Costituzione, il Tribunale ordinario di Reggio Emilia dubita
della legittimita’ dell’art. 1, commi 98 e 99, della legge 24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013).
2.- Le disposizioni censurate costituiscono l’ultimo segmento di
una complessa sequenza normativa in tema di trattamento previdenziale
dei pubblici dipendenti.
2.1.- Inizialmente tale trattamento era costituito esclusivamente
dalla indennita’ di buonuscita disciplinata per i dipendenti del
comparto statale dal d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione
del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore
dei dipendenti civili e militari dello Stato) e dalla indennita’
premio di servizio, riconosciuta ai dipendenti del comparto locale
dalla legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia
previdenziale per il personale degli Enti locali).
L’indennita’ di buonuscita – o cosi’ detto trattamento di fine
servizio (TFS) – di cui, in particolare, agli artt. 37 e 38 del
citato d.P.R. n. 1032 del 1973, era – ed e’ tuttora (nei limiti di
cui si dira’) – corrisposta da un fondo finanziato, tra l’altro, da
un contributo del 9,60% sull’80% della retribuzione lorda a carico
dell’Amministrazione di appartenenza, con diritto, della stessa, di
rivalersi sul dipendente del 2,50% di tale importo.
2.2.- L’art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 20 dicembre 1999, recante «Trattamento di fine rapporto e
istituzione dei fondi pensione dei pubblici dipendenti» (nel testo
modificato dall’art. 1 del successivo d.P.C.m. 2 marzo 2001,
identicamente denominato) – dando concreta attuazione alle previsioni
gia’ contenute nella legge 8 agosto 1995 n. 335 (Riforma del sistema
pensionistico obbligatorio e complementare), rimaste sino a quel
momento inattuate – ha disposto il passaggio al regime del
trattamento di fine rapporto (TFR), di cui all’art. 2120 del codice
civile, nei confronti del personale delle pubbliche amministrazioni
assunto (a tempo indeterminato) successivamente al 31 dicembre 2000;
dando cosi’ luogo ad un duplice regime: TFS, per i dipendenti assunti
ante 2001 e TFR per i dipendenti assunti a partire dall’1 gennaio di
detto anno.
2.3.- Per completare l’estensione delle regole civilistiche in
materia di trattamento di fine rapporto ai pubblici dipendenti, il
successivo decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’
economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 30 luglio 2010, n. 122, sub art. 12, comma 10, aveva
testualmente cosi’ disposto: «Con effetto sulle anzianita’
contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2011, per i
lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite
nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione […]
per i quali il computo dei predetti trattamenti di fine servizio,
comunque denominati, in riferimento alle predette anzianita’
contributive non e’ gia’ regolato in base a quanto previsto
dall’articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di
fine rapporto, il computo dei trattamenti di fine servizio si
effettua secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice
civile, con applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento».
2.4.- Detta disposizione, nel determinare l’applicazione
(nell’esteso regime del TFR) dell’aliquota del 6,91%, nulla aveva
specificato in ordine alla vigenza, o meno, della trattenuta del
2,50%, che l’Amministrazione aveva di fatto continuato, comunque, ad
operare nei confronti del dipendente.
Da qui l’intervento di questa Corte che, con sentenza n. 223 del
2012, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del predetto art.
12, comma 10, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte, appunto, «in cui
non esclude[va] l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa
pari al 2,50% della base contributiva prevista dall’art. 37, comma 1,
del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032».
2.5.- Al dichiarato fine di dare attuazione alla predetta
sentenza, ed a quello di salvaguardare gli obiettivi di finanza
pubblica, e’ stato, quindi, emanato il decreto-legge 29 ottobre 2012,
n. 185 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine
servizio dei dipendenti pubblici), prevedente l’abrogazione in toto
dell’art. 12, comma 10, del d.l. n. 78 del 2010, con sostanziale
ripristino del regime di TFS per i dipendenti pubblici da questo
interessati.
2.6.- Il d.l. n. 185 del 2012 e’ decaduto per mancata conversione
in legge, ma i suoi effetti sono stati fatti salvi dalla legge n. 228
del 2012 ora appunto in esame.
3.- Nel riprodurre il contenuto del d.l. n. 185 del 2012 (non
convertito), l’art. 1 della legge 228 del 2012, nei censurati suoi
commi 98 e 99, rispettivamente, conferma ora l’abrogazione dell’art.
12, comma 10, del d.l. n. 78 del 2010, disponendo che «I trattamenti
di fine servizio, comunque denominati, liquidati in base alla
predetta disposizione prima della data di entrata in vigore del
decreto-legge 29 ottobre 2012, n. 185, sono riliquidati d’ufficio
entro un anno dalla predetta data ai sensi della disciplina vigente
prima dell’entrata in vigore del citato articolo 12, comma 10 […]»
(comma 98); e, contestualmente, reitera la previsione della
estinzione di diritto dei «processi pendenti aventi ad oggetto la
restituzione del contributo previdenziale obbligatorio del 2,50 per
cento della base contributiva utile prevista dall’articolo 11 della
legge 8 marzo 1968, n. 152 e dall’articolo 37 del testo unico […]
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973,
n. 1032», stabilendo che «le sentenze eventualmente emesse, fatta
eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti»
(comma 99).
Nella prospettazione del rimettente, la riferita normativa
violerebbe:
– gli artt. 3 e 36 Cost., in quanto, a suo avviso, «il ripristino
del precedente regime del TFS per i dipendenti pubblici reintroduce
una disparita’ di trattamento tra costoro (cui continua/riprende ad
essere applicato un prelievo del 2,5% sull’80% della retribuzione) ed
i dipendenti privati (per i quali non e’ previsto nessun prelievo a
titolo previdenziale, ma solo un accantonamento del 6,91 sull’intera
retribuzione, non tassabile); e tra i dipendenti pubblici assunti
prima del 2001 (per i quali e’ stato ripristinato il TFS) e quelli
assunti post 2001, per i quali e’ in vigore la disciplina del TFR, ai
sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20
dicembre 1999»;
– gli artt. 101, 102 e 104 Cost. «interferendo con funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario»;
– gli artt. 3 e 24 Cost. poiche’ verrebbe «sostanzialmente
vanificato il diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale» e si
creerebbe «una disparita’ ingiustificata di trattamento tra coloro
che hanno gia’ adito l’autorita’ giudiziaria, ottenendo una pronuncia
favorevole alla restituzione del prelievo forzoso del 2,50% […],
coloro che sono sub iudice in questo momento, ovvero non l’hanno
ancora adito»;
– gli artt. 3, 24, 102 e 113 Cost., poiche’ l’estinzione
necessariamente automatica di tutti i giudizi pendenti, con la
compensazione delle spese realizzerebbe «una illegittima interferenza
del potere legislativo nella sfera della giurisdizione, […] non
potendo il giudice decidere sulle spese in senso favorevole al
ricorrente», con relativa soppressione del diritto dell’interessato a
essere «tenuto indenne dal pagamento, al proprio difensore, delle
spese processuali sostenute».
4.- Con diffuse argomentazioni adesive alla motivazione
dell’ordinanza di rimessione, la difesa delle parti private ha
auspicato la declaratoria di illegittimita’ costituzionale delle
disposizioni impugnate.
Ad opposte conclusioni e’ pervenuta, invece, l’Avvocatura
generale dello Stato, per l’intervenuto Presidente del Consiglio dei
ministri. La difesa statale ha, in via pregiudiziale, per altro,
eccepito che le censure riferite alle disposizioni processuali, di
cui al comma 99, sarebbero «irrilevanti, perche’ i ricorrenti hanno
promosso il giudizio, nel corso del quale e’ stata sollevata la
questione di costituzionalita’, in data 9 novembre 2012, quando era
gia’ in vigore il decreto-legge n. 185 del 2012 […] che,
ripristinando l’indennita’ di buonuscita, rendeva infondata la
domanda di restituzione del contributo del 2,50%».
5.- Preliminarmente va confermata l’ordinanza adottata nel corso
dell’udienza pubblica, ed allegata alla presente sentenza, con la
quale e’ stato dichiarato ammissibile l’intervento dell’INPS, che ha
concluso anch’esso per la non fondatezza delle questioni sollevate
dal rimettente.
6.- In via ancora preliminare, va respinta l’eccezione di
inammissibilita’ per irrilevanza, come sopra articolata
dall’Avvocatura generale dello Stato.
La tesi per cui i ricorsi promossi nella gia’ intervenuta vigenza
della norma di ripristino del TFS avrebbero dovuto essere respinti in
applicazione della stessa ne presuppone infatti la legittimita’
costituzionale.
Ma cio’ e’ proprio quel che il rimettente, come detto, per piu’
profili contesta; per cui l’eccezione in esame si risolve, e
confluisce, nella contestazione della fondatezza delle questioni
sollevate da quel Tribunale.
7.- Nel merito, nessuna censura e’ fondata.
7.1.- Non sussiste, in primo luogo, la denunciata duplice
violazione degli artt. 3 e 36 Cost.
Il trattamento di fine servizio e’, infatti, diverso e – come
sottolineato dalla stessa sentenza n. 223 del 2012 – normalmente
"migliore" rispetto al trattamento di fine rapporto disciplinato
dall’art. 2120 cod. civ., per cui il fatto che il dipendente – che
(in conseguenza del ripristinato regime ex art. 37 del d.P.R. 29
dicembre 1973, n. 1032) ha diritto all’indennita’ di buonuscita –
partecipi al suo finanziamento, con il contributo del 2,50% (sull’80%
della sua retribuzione), non integra un’irragionevole disparita’ di
trattamento rispetto al dipendente che ha diritto al trattamento di
fine rapporto. Per altro verso, il fatto che alcuni dipendenti delle
pubbliche amministrazioni godano del trattamento di fine servizio ed
altri del trattamento di fine rapporto e’ conseguenza del transito
del rapporto di lavoro da un regime di diritto pubblico ad un regime
di diritto privato e della gradualita’ che, con specifico riguardo
agli istituti in questione, il legislatore, nell’esercizio della sua
discrezionalita’, ha ritenuto di imprimervi.
7.2.- Del pari insussistente e’, poi, per ogni denunciato suo
aspetto, la violazione degli altri parametri (artt. 24, 101, 102, 104
e 113 Cost.) evocati dal rimettente.
Non illegittima e’, in primo luogo, infatti, la disposta
estinzione dei giudizi in corso, atteso che l’interesse dei
ricorrenti alla restituzione del contributo del 2,50% – che essi
assumevano illegittimamente prelevato dalle rispettive retribuzioni
in aggiunta all’accantonamento dell’aliquota del 6,91%, nel quadro
del regime codicistico del TFR, loro esteso dal citato d.l. n. 78 del
2010 – e’ venuto meno con il ripristino (ad opera della normativa
impugnata) del previgente regime di TFS, nel cui contesto quel
contributo concorre a finanziare il fondo erogatore dell’indennita’
di buonuscita.
Come, infatti, da questa Corte gia’ affermato, il legislatore,
intervenendo a regolare una data materia, puo’ anche incidere sui
giudizi in corso, dichiarandoli estinti, senza ledere il diritto alla
tutela giurisdizionale garantito dall’art. 24 Cost., ove la nuova
disciplina, lungi dal tradursi in una sostanziale vanificazione dei
diritti azionati, sia tale da realizzare, come nella specie, le
pretese fatte valere dagli interessati, cosi’ eliminando le basi del
preesistente contenzioso (sentenze n. 223 del 2001 e n. 310 del
2000).
7.3.- Neppure puo’ dirsi, poi, irragionevole la diversita’ di
trattamento tra i dipendenti che, nelle more, abbiano ottenuto la
restituzione del 2,50% con sentenza passata in giudicato
(restituzione divenuta «indebita» a seguito dell’abrogazione
dell’art. 12, comma 10, del citato d.l. n. 78 del 2010) e quelli che
non l’abbiano ottenuta per il sopravvenuto ripristino dell’indennita’
di buonuscita. Cio’ essendo inevitabilmente dovuto alla successione
di diverse disposizioni normative ed al generale principio di
intangibilita’ del giudicato.
7.4.- La disposta estinzione dei giudizi in corso non si
accompagna, nella norma impugnata, alla previsione di una automatica
compensazione delle correlative spese di lite, della quale il
rimettente non ha, quindi, fondatamente ragione di dolersi.
7.5.- All’apodittico riferimento all’art. 35, comma secondo,
Cost., contenuto nel solo dispositivo dell’ordinanza di rinvio, non
e’, infine riconducibile alcun sostanziale profilo di censura che
possa qui venire in esame.
8.- In conclusione, le questioni sollevate sono, per ogni aspetto
e profilo, non fondate.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 1, commi 98 e 99, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), sollevata, in riferimento
agli artt. 3, 24, 35, secondo comma, 36, primo comma, 101, 102, 104 e
113 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia, con
l’ordinanza in epigrafe.

Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2014.

F.to:
Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 28 ottobre 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI

Allegato:
Ordinanza emessa all’udienza del 7 ottobre 2014

ORDINANZA

Visti gli atti relativi al giudizio di legittimita’
costituzionale introdotto con ordinanza del Tribunale di Reggio
Emilia, depositata il 5 marzo 2013 (reg. ord. n. 108 del 2013);
rilevato che in tale giudizio e’ intervenuto l’INPS – Istituto
nazionale della previdenza sociale, in persona del Presidente e
legale rappresentante p.t., con atto depositato il 6 giugno 2013;
considerato che il suddetto Istituto non e’ parte del giudizio
principale;
che, per costante giurisprudenza di questa Corte, nei giudizi in
via incidentale sono legittimati ad intervenire i soggetti che, pur
non essendo parti del giudizio principale, siano tuttavia portatori
di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto
sostanziale dedotto in giudizio (tra le tante, ordinanze nn. 318, 134
e 116 del 2013);
che, nel caso specifico, l’Istituto nazionale della previdenza
sociale e’ portatore di un siffatto interesse qualificato,
suscettibile di essere inciso dall’esito del processo principale, in
quanto ente erogatore del trattamento di fine servizio per i
dipendenti delle pubbliche amministrazioni ripristinato dalla
normativa oggetto del giudizio di costituzionalita’.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile l’intervento dell’INPS – Istituto nazionale
della previdenza sociale.

F.to: Paolo Maria Napolitano, Presidente

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

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