Corte Costituzionale sentenza n. 242 SENTENZA 22 – 24 ottobre 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 4,
lettera f), della legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme per la parita’
scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione),
promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, nel
procedimento vertente tra l’Istituto G. Verga di Frattamaggiore ed
altri ed il Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della
Ricerca, con ordinanza del 5 aprile 2013 iscritta al n. 132 del
registro ordinanze del 2013, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visto l’atto di costituzione di Silvio Duilio, nella qualita’ di
legale rappresentante dell’Istituto G. Verga di Frattamaggiore,
nonche’ l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza del 7 ottobre 2014 il Giudice relatore
Giuliano Amato;
uditi l’avvocato Carlo Rienzi per Silvio Duilio e l’avvocato
dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei
ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha
sollevato – in riferimento agli artt. 3, 33, 41 e 76 Cost. –
questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 4,
lettera f), della legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme per la parita’
scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione),
il quale prevede, fra i requisiti necessari ai fini del
riconoscimento della parita’ degli istituti scolastici, «l’organica
costituzione di corsi completi: non puo’ essere riconosciuta la
parita’ a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi
corsi completi, ad iniziare dalla prima classe».
Le censure del rimettente hanno ad oggetto la disposizione in
esame «nel combinato disposto interpretativo di cui al regolamento ex
decreto 29 novembre 2007, n. 267, art. 1, comma 6, lettere e) ed f) e
D.M. n. 83 del 10 ottobre 2008, art. 3, punto 3.4, lettera f), alla
luce dei commi 2 e 3 dell’art. 1, e comma 1 dell’art. 8 del d.P.R. 15
marzo 2010, n. 87 (Regolamento recante norme per il riordinamento
degli istituti professionali, a norma dell’art. 64, comma 4,
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,
nella legge 6 agosto 2008, n. 133)». »
La norma viene censurata nella parte in cui – nella fase
transitoria di passaggio al nuovo ordinamento scolastico – introduce
per gli istituti paritari il divieto di costituire intere sezioni ex
novo, consentendo di costituire solo la prima classe a partire
dall’anno scolastico 2010/2011, e gradualmente ciascuna classe per
ogni successivo anno, fino al completamento del corso, in
considerazione della progressiva entrata in vigore del nuovo
ordinamento per tutte classi.
2.- Il TAR riferisce di essere investito della decisione in
ordine al ricorso proposto da un istituto scolastico privato e da
alcuni studenti lavoratori, al fine di ottenere l’annullamento dei
decreti con i quali l’Ufficio scolastico regionale della Campania ha
riconosciuto la parita’ scolastica per la sola prima classe
dell’istituto ricorrente, e ha disposto il diniego per le classi
successive, gia’ attive. A sostegno dell’impugnativa, i ricorrenti
hanno dedotto l’inesistenza di norme ostative al riconoscimento della
parita’ scolastica anche per le classi successive alla prima, gia’ a
partire dall’anno scolastico 2010/2011.
Il giudice a quo evidenzia di avere accolto le istanze cautelari
dei ricorrenti, mediante la sospensione dei provvedimenti impugnati,
e di avere risolto un’identica questione con le proprie precedenti
sentenze nn. 1233, 1234 e 1235 del 2011, nelle quali sarebbe offerta
una lettura delle disposizioni richiamate in armonia con i principi
costituzionali di cui agli artt. 3, 33 e 41 Cost.
2.1.- E’ lo stesso giudice rimettente, tuttavia, a riferire che
con la decisione n. 4208 del 2011, il Consiglio di Stato ha annullato
la sentenza n. 1235 del 2011 del medesimo TAR Lazio e ha escluso la
possibilita’ di riconoscere la parita’ scolastica per classi
successive alla prima, laddove cio’ comporti una scissione fra la
prima classe – da istituirsi ex novo secondo il nuovo ordinamento – e
le classi successive, da costituire sulla base del vecchio
ordinamento.
Secondo l’interpretazione fatta propria dal Consiglio di Stato,
il riferimento alla nozione di «corsi completi», contenuto nell’art.
1, comma 4, lett. f), della legge n. 62 del 2000, dovrebbe essere
letto in relazione al periodo successivo, in cui si esclude la
possibilita’ di riconoscere la parita’ in relazione a singole classi,
fatta salva l’ipotesi di istituzione di nuovi corsi completi. Il
principio di gradualita’ richiederebbe che l’introduzione del nuovo
corso di studi avvenga a partire dalla prima classe, in base ad un
sistema che ammette, in una fase transitoria, la coesistenza di
classi «a vecchio ordinamento» e di classi «a nuovo ordinamento»,
fino al definitivo esaurimento del primo; il principio di organicita’
non consentirebbe di riconoscere la parita’ a classi, successive alla
prima, costituite in base ad ordinamenti di studi che la normativa
nazionale ha inteso superare.
2.2.- Pur non condividendo tale indirizzo interpretativo, il TAR
evidenzia di doversi uniformare ad esso – in quanto costituente
diritto vivente nella fattispecie – e di dovere pertanto ritenere
legittimo il provvedimento impugnato. E tuttavia, proprio alla luce
della sentenza del Consiglio di Stato sopra richiamata, il TAR
ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 4, lett. f), della l.
n. 62 del 2000.
2.2.1.- Ad avviso del giudice rimettente, il divieto implicito
affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 4208 del 2011,
violerebbe in primo luogo l’art. 33 Cost., per la compressione del
diritto dello studente e della famiglia di scegliere la scuola, in
quanto gli studenti delle classi successive alla prima non potrebbero
scegliere il sistema scolastico paritario per 5 anni, e sarebbero
costretti a rivolgersi alle scuole statali.
2.2.2.- Il divieto determinerebbe inoltre la violazione dell’art.
3 Cost., introducendo una disparita’ di trattamento tra scuole
paritarie e scuole statali, poiche’ soltanto le prime subirebbero la
preclusione in ordine alle iscrizioni di studenti delle classi
successive alla prima, nonche’ tra quegli studenti che avrebbero
preferito l’istituto paritario e non potranno rivolgersi a tale
offerta formativa per 5 anni, e gli studenti che invece scelgono di
iscriversi alle scuole pubbliche, i quali potrebbero farlo
liberamente. Il vincolo dell’iscrizione presso un istituto statale,
derivante dalla scelta interpretativa fatta propria dal Consiglio di
Stato, determinerebbe la compressione della liberta’ di scelta dello
studente, la quale costituisce condizione imprescindibile per la
realizzazione del pieno sviluppo della persona umana, sancito
nell’art. 3, cpv., Cost.
2.2.3.- Il divieto implicito, ritenuto dal Consiglio di Stato, si
porrebbe altresi’ in contrasto con l’art. 41 Cost., sacrificando la
liberta’ imprenditoriale della societa’ che gestisce la scuola;
infatti, gli istituti scolastici paritari di nuova istituzione –
potendo attivare soltanto la prima classe – sarebbero tenuti a
predisporre un’intera struttura, sopportando i costi relativi ai
contratti con gli insegnanti e il personale non docente, nonche’ le
spese di gestione dei locali per ospitare le classi di un intero
ciclo.
2.2.4.- Infine, il divieto implicito posto alle scuole paritarie
violerebbe l’art. 76 Cost. per eccesso di delega, in quanto si
porrebbe in contrasto con i principi stabiliti dall’art. 1 della
legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo per la definizione
delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle
prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale), il
quale individua – quale obiettivo della normativa delegata – quello
di «favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel
rispetto dei limiti dell’eta’ evolutiva, delle differenze e
dell’identita’ di ciascuno e delle scelte educative della famiglia,
nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con
il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i
principi sanciti dalla Costituzione». Tra i valori prefissati dalla
legge delega sarebbe quindi ricompresa la liberta’ di scelta dello
studente e delle famiglie, quale espressione qualificante della sfera
di autodeterminazione dei cittadini.
La norma delegata risulterebbe dissonante rispetto a tali
principi e quindi viziata per eccesso di delega, in violazione
dell’art. 76 Cost.
3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e’ intervenuto nel
giudizio con memoria depositata il 2 luglio 2013 eccependo, in via
preliminare, l’inammissibilita’ delle questioni sollevate dal TAR,
attesa l’inesistenza di un orientamento giurisprudenziale
consolidato, idoneo a configurare diritto vivente nella fattispecie.
Nel merito, l’Avvocatura dello Stato ha dedotto l’infondatezza
delle censure formulate nell’ordinanza di rimessione, evidenziando in
particolare che il meccanismo di entrata in vigore dei nuovi
ordinamenti dei corsi di studio e’ del tutto analogo per le scuole
statali e per quelle paritarie: entrambe le tipologie di scuola
possono mantenere, sino ad esaurimento, solo le classi gia’
autorizzate secondo il vecchio ordinamento di studio, mentre vige un
divieto generale di istituire ex novo classi di questo tipo.
4.- Con atto depositato il 26 giugno 2013, e’ intervenuto Silvio
Duilio, nella qualita’ di legale rappresentante dell’Istituto
scolastico Verga di Frattamaggiore, chiedendo l’accoglimento della
questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 4, lett.
f), della legge n. 62 del 2000, per violazione degli artt. 3, 33, 41
e 76 Cost. A sostegno della dedotta incompatibilita’ della
disposizione censurata con i parametri costituzionali evocati, la
difesa della parte privata ha svolto le medesime argomentazioni
contenute nell’ordinanza di rimessione.
4.1.- Con memoria depositata il 17 settembre 2014, la stessa
parte privata ha dedotto il superamento del regime transitorio –
atteso l’avvenuto esaurimento dei corsi appartenenti al vecchio
ordinamento – e ha quindi richiesto, in via subordinata, che sia
dichiarata la cessazione della materia del contendere e la questione
sia rimessa al giudice a quo, affinche’ valuti l’attualita’
dell’interesse alla questione.
4.2.- Con successiva memoria, depositata il 6 ottobre 2014, la
stessa parte privata, dopo avere evidenziato l’illegittimita’
dell’attuale composizione di questa Corte, attesa la mancanza di due
giudici di nomina parlamentare, ha chiesto che sia dichiarata la
illegittimita’ costituzionale degli artt. 1 e 16 della legge
costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 (Norme integrative della
Costituzione concernenti la Corte costituzionale), dell’art. 3 della
legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2 (Modificazione dell’art.
135 della Costituzione e disposizioni sulla Corte costituzionale), e
dell’art. 26 della legge 25 gennaio 1962, n. 20 (Norme sui
procedimenti e giudizi di accusa), «e delle altre norme vigenti», per
violazione degli artt. 24, 111, 135 e 137 Cost., «nella parte in cui
non prevedono un termine temporale alla mancata nomina della
componente parlamentare dei Giudici costituzionali e nemmeno la
possibilita’ di nominare, in via alternativa, in caso di membri
dimissionari della Corte ovvero alla scadenza del mandato, i propri
membri facendo ricorso ad altri sistemi, come le commissioni
parlamentari, l’abbassamento del quorum, la votazione palese, o
l’affidamento alla stessa Corte o ad Autorita’ indipendenti nominate
con la maggioranza dei due terzi dal Parlamento di designare anche
temporaneamente i Giudici mancanti».
In via subordinata, la difesa della parte privata ha avanzato
istanza di rinvio della decisione, sino a data successiva alla
nomina, da parte del Parlamento, dei due giudici costituzionali.

Considerato in diritto

1.- Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha
sollevato – in riferimento agli artt. 3, 33, 41 e 76 Cost. –
questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 4,
lettera f), della legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme per la parita’
scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione),
il quale prevede, fra i requisiti necessari ai fini del
riconoscimento della parita’ degli istituti scolastici, «l’organica
costituzione di corsi completi: non puo’ essere riconosciuta la
parita’ a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi
corsi completi, ad iniziare dalla prima classe».
Le censure del rimettente hanno ad oggetto la disposizione in
esame «nel combinato disposto interpretativo di cui al regolamento ex
decreto 29 novembre 2007, n. 267, art. 1, comma 6, lettere e) ed f) e
D.M. n. 83 del 10 ottobre 2008, art. 3, punto 3.4, lettera f), alla
luce dei commi 2 e 3 dell’art. 1, e comma 1 dell’art. 8 del d.P.R. 15
marzo 2010, n. 87 (Regolamento recante norme per il riordinamento
degli istituti professionali, a norma dell’art. 64, comma 4,
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,
nella legge 6 agosto 2008, n. 133)».
La norma viene censurata nella parte in cui – nel periodo
transitorio di passaggio al nuovo ordinamento scolastico – introduce
il divieto per gli istituti paritari di costituire intere sezioni ex
novo, consentendo di costituire solo la prima classe a partire
dall’anno scolastico 2010/2011, e gradualmente ciascuna classe per
ogni successivo anno, fino al completamento del corso, in
considerazione della progressiva entrata in vigore del nuovo
ordinamento per tutte classi.
2.- In via preliminare, il Presidente del Consiglio dei ministri
ha eccepito l’inammissibilita’ delle questioni formulate dal TAR
Lazio, attesa l’inesistenza di un orientamento giurisprudenziale
consolidato, idoneo a configurare il "diritto vivente" nella
fattispecie.
L’eccezione non e’ fondata, perche’ la giurisprudenza
amministrativa si e’ ormai fermamente attestata sulle posizioni
censurate dal giudice a quo, cosi’ da assumere i caratteri di un vero
e proprio diritto vivente, come dimostra una cospicua serie di
decisioni del Consiglio di Stato, tutte dello stesso segno (Consiglio
di Stato 21 maggio 2013, n. 2717; Consiglio di Stato 26 ottobre 2012,
n. 5488; Consiglio di Stato 26 ottobre 2012, n. 5487; Consiglio di
Stato 26 giugno 2012, n. 3763; Consiglio di Stato 18 maggio 2012, n.
2910; Consiglio di Stato 18 maggio 2012, n. 2909; Consiglio di Stato
12 luglio 2011, n. 4208).
A questo riguardo va rilevato che, in presenza di un orientamento
giurisprudenziale consolidato, il giudice a quo – se e’ pur libero di
non uniformarvisi e di proporre una sua diversa esegesi, essendo la
"vivenza" della norma una vicenda per definizione aperta, ancor piu’
quando si tratti di adeguarne il significato a precetti
costituzionali – ha alternativamente la facolta’ di assumere
l’interpretazione censurata in termini di "diritto vivente" e di
richiederne su tale presupposto il controllo di compatibilita’ con
parametri costituzionali (sentenze n. 191 del 2013, n. 258 e n. 117
del 2012 e n. 91 del 2004).
3.- Va inoltre rilevato, sempre in via preliminare, che nella
formulazione dell’ordinanza di rimessione, le questioni di
legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 4, lett. f), della
legge n. 62 del 2000, sono sollevate «nel combinato disposto
interpretativo» di alcune disposizioni di carattere regolamentare, ed
in particolare del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 87 (Regolamento recante
norme per il riordino degli istituti professionali, a norma
dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133);
del d.m. del Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della
Ricerca del 10 ottobre 2008, n. 83 (Linee guida per l’attuazione del
decreto ministeriale contenente la disciplina delle modalita’
procedimentali per il riconoscimento della parita’ scolastica e per
il suo mantenimento); nonche’ del d.m. del Ministero dell’Istruzione,
dell’Universita’ e della Ricerca del 29 novembre 2007, n. 267
(Regolamento recante «Disciplina delle modalita’ procedimentali per
il riconoscimento della parita’ scolastica e per il suo mantenimento,
ai sensi dell’articolo 1-bis, comma 2, del D.L. 5 dicembre 2005, n.
250, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 febbraio 2006, n.
27").
Peraltro, la censura del giudice a quo investe in via principale
l’art. 1, comma 4, lett. f), della legge n. 62 del 2000, fonte
normativa di rango primario che stabilisce i requisiti per il
conseguimento della parita’, mentre le disposizioni regolamentari
contestualmente impugnate contribuiscono a chiarire il contenuto
applicativo della disposizione legislativa, della quale costituiscono
specificazione; pertanto, e’ solo unitamente a quest’ultima che le
stesse possono rientrare nella valutazione rimessa a questa Corte
(sentenza n. 34 del 2011; sentenze n. 354 e 162 del 2008; sentenza n.
456 del 1994).
4.- Va inoltre disattesa la richiesta, avanzata dalla difesa
delle parti private, di restituzione degli atti al giudice a quo, «ai
fini della valutazione della permanenza dell’attualita’
dell’interesse», atteso il completamento del corso per il quale era
stata richiesta la parita’.
Dall’art. 21 delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale discende infatti che il giudizio di
costituzionalita’ e’ autonomo rispetto al giudizio a quo, nel senso
che non risente delle vicende di fatto successive all’ordinanza di
rimessione. Pertanto, la rilevanza della questione deve essere
valutata alla luce delle circostanze sussistenti al momento
dell’ordinanza di remissione, senza che assumano alcun rilievo eventi
sopravvenuti (ex multis, sentenze n. 42 del 2011; n. 354 e n. 227 del
2010; n. 272 del 2007; n. 244 del 2005; n. 24 del 2004; ordinanza n.
270 del 2003; sentenza n. 383 del 2002).
5.- Quanto alle istanze avanzate dalla difesa della parte
privata, volte all’accertamento della illegittimita’ dell’attuale
composizione della Corte e delle norme (anche di rango
costituzionale) che ne disciplinano il funzionamento, e’ sufficiente
rilevare che le stesse rivolgono a questa Corte richieste del tutto
irricevibili.
6.- Nel merito, le questioni non sono fondate.
6.1.- L’art. 1, comma 4, della legge n. 62 del 2000, prevede una
serie di requisiti, che devono contestualmente sussistere, ai fini
del riconoscimento della parita’ degli istituti scolastici;
nell’ambito di tali requisiti, e’ prevista, alla lett. f),
«l’organica istituzione di corsi completi» e la possibilita’ – in via
eccezionale, nella fase di istituzione di nuovi corsi – di ottenere
la parita’ per singole classi, ad iniziare dalla prima.
L’interpretazione della norma in esame deve tenere conto sia del
riferimento alla nozione di "corsi completi", sia dell’ulteriore
principio di "organicita’"; entrambi inducono ad escludere – nella
fase transitoria di passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento
scolastico – la possibilita’ del riconoscimento della parita’ per
quelle classi che non possano piu’ funzionare sulla base
dell’ordinamento ormai superato.
Va inoltre rilevato che, al momento dell’avvio della riforma
degli ordinamenti scolastici degli istituti superiori, la
possibilita’ di attivare solo le classi prime dei nuovi percorsi
didattici e’ stata affermata allo stesso modo, sia per le scuole
statali, sia per le scuole non statali.
Risulta infatti che, con nota del 16 marzo 2010, il Ministero
dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca ha fornito le
indicazioni, destinate alle scuole paritarie e alle scuole statali,
in ordine alla introduzione dei nuovi ordinamenti scolastici,
stabilendo che, a partire dall’anno scolastico 2010/11, tutte le
istituzioni scolastiche paritarie, al pari delle istituzioni statali,
dovevano confluire nel nuovo ordinamento e potevano attivare solo
classi prime relative ai nuovi percorsi didattici.
Pertanto, l’introduzione del nuovo ordinamento scolastico
consente – alle scuole statali, cosi’ come alle scuole paritarie –
l’attivazione delle sole prime classi dei nuovi percorsi; il divieto
di attivare classi successive alla prima si applica ad entrambe le
tipologie di istituzioni scolastiche e non determina alcuna
disparita’ di trattamento nei confronti delle scuole paritarie. La
prosecuzione del percorso scolastico delle classi gia’ funzionanti,
fino al graduale esaurimento dei corsi, viene infatti riferita allo
stesso modo sia alle scuole statali, sia alle scuole paritarie.
Ne consegue che e’ solo negli istituti scolastici statali, o in
quelli paritari preesistenti, che puo’ verificarsi una fisiologica e
temporanea coesistenza fra le nuove classi prime del corso di studi,
da sviluppare in conformita’ al nuovo ordinamento, e le ulteriori
classi, gia’ avviate secondo il vecchio corso di studi, da completare
sino al suo esaurimento.
Tale interpretazione della norma censurata porta ad escludere la
sussistenza di alcuna irragionevole disparita’ di trattamento nei
confronti degli istituti paritari.
6.2.- Per i medesimi motivi, risulta infondata la censura
relativa all’art. 33 Cost., atteso che la ratio del divieto di
istituire classi successive alla prima va individuata nell’esigenza
di assicurare il graduale ed organico passaggio dai vecchi ai nuovi
corsi di studio.
Infatti, il principio di organicita’ sopra richiamato e’ volto ad
escludere dall’ambito della parita’ scolastica quegli istituti che –
nell’indirizzare la propria attivita’ verso un’offerta formativa
ormai superata – non assicurino la piena rispondenza al progetto
educativo della programmazione scolastica statale.
Ed invero puo’ escludersi che sussista tale rispondenza per
quegli istituti privati, non ancora paritari, che chiedano il
riconoscimento della parita’ non solo per il nuovo corso istituito a
partire dalla prima classe in base al nuovo ordinamento, ma per la
prosecuzione di corsi gia’ avviati in base all’ordinamento
previgente.
Cosi’ individuata la ratio della norma in esame, la stessa appare
coerente con la finalita’ di assicurare il rispetto degli standard
qualitativi ai quali la scuola paritaria deve rispondere e, in
secondo luogo, di garantire il ruolo riconosciuto alle scuole
paritarie nel sistema nazionale di istruzione pluralistico, previsto
dall’art. 33, quarto comma, Cost.
6.3.- Quanto alla dedotta lesione dell’art. 41 Cost.,
l’infondatezza della questione discende dalla considerazione delle
finalita’ che il contestato divieto consentirebbe di soddisfare,
quali l’organico passaggio dai vecchi corsi di studio a quelli nuovi.
Ed invero, la liberta’ d’iniziativa economica puo’ essere anche
"ragionevolmente limitata" (art. 41, commi 2 e 3, Cost.), nel quadro
di un bilanciamento con altri interessi costituzionalmente rilevanti.
6.4.- Con riferimento infine al denunciato eccesso di delega, e’
sufficiente osservare che la disposizione censurata non e’ stata
adottata in attuazione della legge delega indicata dal giudice a quo,
che e’ persino successiva (legge 28 marzo 2003, n. 53, Delega al
Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei
livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
formazione professionale), con la conseguenza che il parametro
invocato dal rimettente risulta del tutto inconferente. Eventuali
antinomie devono essere risolte facendo ricorso agli ordinari criteri
logici applicabili alle fonti normative di pari grado, e non tramite
l’utilizzo dell’incidente di costituzionalita’.
Le medesime considerazioni valgono anche con riferimento alle
disposizioni regolamentari richiamate dal rimettente, atteso che le
stesse, oltre a non poter formare oggetto del sindacato di
costituzionalita’ rimesso a questa Corte, non sono state neppure esse
adottate in attuazione della legge delega n. 53 del 2003.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimita’ costituzionale
dell’art. 1, comma 4, lettera f), della legge 10 marzo 2000, n. 62
(Norme per la parita’ scolastica e disposizioni sul diritto allo
studio e all’istruzione), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 33,
41 e 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2014.

F.to:
Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *