Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-09-2011) 13-10-2011, n. 36901

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – La Corte di appello di Roma, con sentenza in data 2/2/2011, n. 730, ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma, in data 7/10/2010, appellata da K.O., dichiarato colpevole di rapina impropria e lesioni.

L’imputato ha presentato a mezzo di difensore ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi:

a) violazione degli artt. 56 e 628 c.p. nonchè carenza e manifesta illogicità della motivazione sul punto (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione agli artt. 56 e 628 c.p.) non avendo la Corte di Appello correttamente applicato la legge ed adeguatamente motivato la sussistenza del reato consumato di rapina impropria anzichè del delitto tentato pur essendo appurato in atti che l’imputato aveva operato sotto l’osservazione della polizia ferroviaria che, assistendo alla sottrazione, aveva prima seguito e poi bloccato il prevenuto che aveva reagito violentemente cercando di darsi alla fuga, senza riuscirvi;

b) violazione dell’art. 576 c.p., n. 1, art. 61 c.p., n. 2 e art. 628 c.p., comma 2 sotto il profilo della incompatibilità tra circostanza aggravante comune dell’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro ovvero per conseguire o assicurare a sè o ad altri il prodotto, il profitto o il prezzo di altro reato, ed elemento soggettivo del delitto di rapina impropria; carenza e manifesta illogicità della motivazione sul punto (art. 606, comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’art. 576 c.p., n. 1, art. 61 c.p., n. 2 e art. 628 c.p., comma 2).

2. – Entrambi i motivi sono infondati, cosicchè il ricorso deve essere rigettato.

Circa il primo motivo, deve rilevarsi che il Giudice di merito ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione, evidenziato tutte le ragioni per le quali è ravvisabile nella fattispecie il delitto consumato e non tentato, emergendo dagli atti di causa che il prevenuto, dopo aver conseguito il possesso del bene ed essersi allontanato dal luogo della sottrazione, era stato raggiunto dagli agenti di polizia che l’avevano bloccato all’esito di una breve colluttazione.

Sulla qualificazione giuridica del reato è appena il caso di rilevare che l’art. 628 c.p., comma 2, sanziona chi, come nel caso di specie, immediatamente dopo la sottrazione usi violenza contro chiunque per procurarsi l’impunità. In particolare, la Corte territoriale – confermandosi alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2 marzo 2004, n. 17264) – ha escluso la configurazione del tentativo di rapina, ritenendo il reato già consumato, avendo l’imputato conseguito il possesso del bene sottratto al di fuori della sfera di vigilanza e controllo della parte lesa, sia pure in termini temporali ristretti. A tal riguardo, a nulla rileva che la condotta si sia svolta dietro l’osservazione di soggetti terzi atti ad intervenire (cfr. Cass. sez. 2, 12 gennaio 2011, n. 4826; Cass. 9 maggio 2008 n. 23020).

Circa il secondo motivo, va rilevato che la Corte di merito ha svolto una adeguata motivazione escludendo che possa realizzarsi una duplicazione tra aggravante del nesso teleologico di rapina impropria e di lesioni e dolo specifico di rapina impropria in quanto il delitto di rapina è nel caso di specie consistito in atti che hanno cagionato lesioni e non semplici percosse, consentendo così di stabilire un collegamento finalistico tra i due diversi reati pur concretizzatisi in una unica condotta criminosa. Nella giurisprudenza di questa Corte in ordine al problema della compatibilita tra l’aggravante del nesso teleologico e il concorso formale di reati comprensivi di un estremo comune, e il concorso materiale contestuale tra i reati stessi, vi è contrasto tra una tesi affermativa (Cass. 27703/2008 riv. 240880; Cass. 26435/2005, riv. 232004) ed una tesi negativa (Cass. 42371/2006 riv. 235570).

La Corte territoriale, aderendo al primo orientamento, ha ritenuto che lo stesso fatto materiale possa integrare sia il delitto di rapina impropria che l’aggravante Ideologica senza violare l’art. 15 c.p. sulla non sussumibilità dello stesso fatto in più fattispecie penali al fine di una duplice imputazione dello stesso. A sostegno della tesi esposta valgono le seguenti ragioni.

Nel delitto di rapina impropria la violenza e la minaccia integrano elementi costitutivi di fattispecie insieme all’elemento oggettivo dell’impossessamento e all’elemento soggettivo del dolo specifico di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto. In particolare, violenza e minaccia costituiscono modalità dell’impossessamento (nella rapina propria) o mezzi per consolidare la sottrazione già realizzata o assicurarsi la impunità (nella rapina impropria).

La violenza costituisce elemento di fattispecie anche del delitto di percosse. L’art. 581 c.p., comma 2, precisa che la fattispecie penale non ricorre quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo di un altro reato. E così accade per il delitto di rapina impropria. Per conseguenza, la sussistenza di quest’ultima fattispecie esclude la ricorrenza della prima (cfr. Cass. sez. 2, 6 aprile 2005 n. 16059). La violenza costituisce, inoltre, elemento di fattispecie del delitto di lesioni personale (art. 582 c.p.). In tal caso, e attesa la maggiore gravita di questa figura di reato rispetto al delitto di percosse (determinandosi solo nel primo caso, e non anche nel secondo, una malattia nel corpo o nella mente) non è ripetuta una clausola del tenore dell’art. 582 c.p., comma 2.

Infatti, la qualità e l’intensità della violenza necessarie a determinare lesioni in quanto esorbitanti nel fine dalla misura sufficiente per integrare il delitto di rapina impropria ne giustifica, secondo la legge, la resistenza in una valutazione (quella appunto di lesioni) autonoma rispetto ad altre e diverse fattispecie pur integrate dall’elemento della violenza.

Per quanto esposto, la sussistenza del delitto di rapina impropria, pur genericamente condividendo con il delitto di lesioni l’elemento di fattispecie della violenza, non sprigiona effetti sul secondo. A differenza del delitto di percosse, il delitto di lesioni resta autonomamente apprezzabile accanto alla rapina impropria ancorchè entrambi frutto della medesima condotta materiale. Infatti, la violenza necessaria perchè vi sia lesioni è di diversa e più grave intensità rispetto a quanto occorra per realizzare la rapina impropria (ossia un grado di violenza non eccedente le percosse), e non ne resta assorbita.

La acclarata compresenza delle due fattispecie di reato determina l’interrogativo sul nesso in cui esse stanno: ed è evidente che il delitto di lesioni è strumentale al delitto di rapina impropria.

Questo nesso è codificato nelle forme di circostanze aggravanti nell’art. 61 c.p., n. 2, secondo cui costituisce circostanza aggravante l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro ovvero per conseguire o assicurare a sè o ad altri il risultato del reato ovvero la impunità.

L’evidenza del nesso teleologico tra reato-fine (rapina) e reato- mezzo (lesioni) impone la rilevanza della citata aggravante nella fattispecie concreta.

Sembra a tal punto prospettarsi la questione di una possibile duplicazione della valutazione del fatto costituito dal fine di conseguire il risultato del reato o l’impunità attraverso la violenza integrante sia elemento psicologico del delitto di rapina impropria sia il contenuto dell’aggravante teleologica.

In realtà, non sussiste alcuna duplicazione in quanto il dolo specifico del delitto di rapina impropria esaurisce la sua funzione nell’ambito di detta fattispecie contenendo l’estensione della rilevanza penale della condotta al ricorrere di una precisa intenzione nell’esercizio della minaccia o della violenza. Invece l’aggravante teleologica lega due autonome fattispecie di reato, tra di loro non sovrapponibili. Commesso il delitto di rapina impropria, trasmodando l’azione violenta in lesioni, rendendosi perciò autonomamente rilevante accanto alla fattispecie di rapina la fattispecie di lesioni, l’aggravante teleologica lega queste due figure di reato secondo lo schema del mezzo e del fine.

Oggetto del dolo specifico della rapina impropria è la violenza non purchè sia, ma nei limiti di efficienza delle percosse; qualora l’azione trasmodi quel livello legale massimo di intensità (segnalato dall’assorbimento del reato di percosse a fronte della persistenza del reato di lesioni) genera conseguenze ulteriori, non contenibili nella fattispecie "rapina impropria", e perciò in tesi autonomamente rilevati per la legge penale.

L’intenzione rilevante nella prima figura (rapina impropria) non può essere assimilata alla ragione per cui insieme al primo reato se ne commette un secondo, quando tale ragione sia specificamente considerata dalla legge nella sua penale offensività. In conclusione, mentre la modalità violenta della condotta non spiega autonoma rilevanza quando non supera la soglia delle percosse, invece trasmodando in lesioni personale, e concretizzando pertanto una figura di reato autonoma e coesistente con quella della rapina impropria determina, con la sussistenza del secondo reato, l’autonoma rilevanza del nesso di collegamento ideologico tra i due delitti, in nessun modo assimilabile al collegamento tra elementi della fattispecie "rapina impropria" volti ad integrare l’elemento soggettivo del dolo specifico.

Che poi tali elementi giuridici integrino qualificazioni desunte da una unica condotta materiale non può ritenersi determinare una duplicazione di valutazione dello stesso fatto. A questa conclusione osta un limite sistematico, evidenziato nella regola sull’assorbimento della violenza nella più ampia fattispecie della rapina impropria con assorbimento del delitto di percosse da un lato, e sulla opposta regola nel caso di lesioni dall’altro: la considerazione di insieme delle due regole evidenzia infatti come lo stesso fatto possa determinare la autonomo apprezzamento di più figure di reato; a tal punto, nulla si oppone a che si consideri anche il nesso teleologico tra tali autonomi reati. In altre parole, è dalla sussistenza del reato-mezzo e del reato-fine per come integrati dall’unico fatto materiale che deve trarsi la logica conseguenza derivante da quel rapporto quando sussunta in una specifica norma di legge: come l’art. 61 c.p., n. 2. Come la coesistenza dei due reati non si pone in contrasto con l’art. 15 c.p., allo stesso modo non può ritenersi tale contrasto quando i due reati sono apprezzati nell’oggettivo rapporto finalistico che li connette.

3. – Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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