Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 08-09-2011) 13-10-2011, n. 36950

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di L’Aquila, con ordinanza del 15 marzo 2011, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di F.F. avverso la sentenza del Tribunale di Teramo, Sezione Distaccata di Atri per palese difetto di specificità dei motivi.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il F., a mezzo del proprio difensore, lamentando, di converso, la piena legittimità della proposta impugnazione nonchè la mancata notifica dell’ordinanza alla parte personalmente.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte Suprema di Cassazione ha chiesto, a sua volta, la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. In primis, la mancata notifica dell’ordinanza d’inammissibilità dell’impugnazione non determina la nullità del provvedimento, in quanto costituisce adempimento successivo alla sua venuta ad esistenza, per cui i vizi della notifica non possono dedursi come vizi dell’atto.

3. Osserva, inoltre, il Collegio come la Corte territoriale abbia fatto corretta applicazione dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c) e dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) che, a pena d’inammissibilità, prescrivono che nell’atto d’impugnazione siano enunciati, oltre ai capi o punti della sentenza e alle richieste, "i motivi con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta".

Pur nella libertà della loro formulazione, i motivi d’impugnazione (anche nel giudizio d’appello) devono indicare con chiarezza le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondino le censure, al fine di delimitare con precisione l’oggetto dell’impugnazione e di evitare impugnazioni generiche o dilatorie.

In punto di diritto, ciò implica che la parte impugnante deve esplicitare con sufficiente chiarezza la censura d’inosservanza o di violazione della legge penale, non potendo ritenersi che la semplice menzione di un articolo del codice possa integrare "l’indicazione specifica" richiesta dall’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), soprattutto quando, come nel caso in esame, non è dato cogliere, dalla lettura della sentenza di primo grado, la benchè minima inosservanza o violazione di legge.

In punto di fatto, non è neppure sufficiente a integrare il necessario requisito di specificità la prospettazione di astratte plurime spiegazioni che possano, in ipotesi, essere date di un comportamento dei soggetti coinvolti nella vicenda processuale, essendo invece necessario indicare le ragioni per cui si ritiene errata la valutazione che il Giudice ha compiuto delle prove legittimamente acquisite nel dibattimento.

Nè può ritenersi che, rispetto al giudizio di cassazione, le esigenze di specificità dei motivi siano attenuate nel giudizio d’appello, che è competente a rivalutare anche il fatto.

Tale rivalutazione, essendo l’appello un’impugnazione devolutiva, può e deve avvenire nei rigorosi limiti di quanto la parte appellante abbia legittimamente investito il Giudice d’appello con il mezzo d’impugnazione (conformemente alle previsioni di cui all’art. 581 c.p.p.), che serve sia a circoscrivere l’ambito dei poteri del Giudice sia a evitare impugnazioni dilatorie, che impegnino inutilmente e dannosamente le risorse giudiziarie, limitate e preziose e che concorrano a impedire la realizzazione del principio della ragionevole durata del processo ( art. 111 Cost., comma 2).

In conclusione, l’appellante non aveva espresso censure di inosservanza o di violazione di legge con la determinatezza necessaria a porre il Giudice dell’impugnazione in condizione di verificare l’eventuale fondatezza del vizio lamentato.

Correttamente, pertanto, il Giudice d’appello ha concluso per la declaratoria d’inammissibilità dell’appello.

4. Il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *