Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-03-2012, n. 4751

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- K.M. ha proposto ricorso per cassazione – affidato a tre motivi – contro il provvedimento depositato in data 14.4.2001 con il quale il Giudice di pace di Lecce ha respinto la sua opposizione contro il provvedimento di espulsione emesso nei suoi confronti dal PrefettO di Lecce, con ordine del Questore di allontanarsi entro i cinque giorni dalla notifica.

Ha osservato il giudice del merito che:

Il provvedimento Prefettizio del 21.2.11 oggetto di gravame era stato emesso ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. a) e successive modifiche perchè il ricorrente era stato trovato privo di passaporto e di permesso di soggiorno per non averlo mai posseduto.

Il ricorrente aveva eccepito di avere fatto ingresso in Italia da un paese aderente al trattato Schengen e aveva esibito copia informe di un passaporto e visto turistico che assumeva riferirsi ad un ingresso in (OMISSIS) ma il passaporto ed il visto, oltre a non essere stati esibiti agli organi di polizia, non abilitavano comunque il ricorrente a permanere nel territorio dello Stato Italiano, essendo privo di permesso di soggiorno.

Circa la doglianza relativa all’utilizzo della lingua, il giudice del merito ha rilevato che la ratio del T.U. sull’immigrazione ( D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7), che dispone la comunicazione all’interessato del decreto di espulsione unitamente ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove ciò non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola, è quella di consentire allo straniero espulso la comprensione della misura e l’apprestamento della difesa. Pertanto con la traduzione nelle tre lingue indicate dal citato art. 7, risultava osservato il dettato legislativo e il ricorrente, attraverso la presentazione di un ricorso ben articolato e motivato, aveva dimostrato di aver ben compreso le motivazioni poste a sostegno del decreto di espulsione e degli atti successivi.

Riguardo alla dedotta violazione dell’art. 4 della Direttiva 2008/115/CE che prevede che "se sussiste il pericolo di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli stati membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni" va rilevato come il ricorrente per potersi allontanare dal territorio nazionale volontariamente non era in possesso del passaporto e non aveva mezzi finanziari e inoltre aveva dichiarato di non voler rimpatriare e di voler lavorare in Italia. Infine, in merito alla possibilità di un rilascio di un permesso di soggiorno per protezione sociale, la circostanza non poteva essere vagliata dal giudice adito.

2.- L’Amministrazione intimata resiste con controricorso.

3.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 deducendo che l’espulsione era stata emessa sull’erroneo presupposto che egli fosse entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera (art. 13, lett. a) D.Lgs. n. 286 del 1998) mentre era entrato in Italia con visto turistico Schengen rilasciato dalla (OMISSIS).

3.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, deducendo che il provvedimento di espulsione era stato tradotto in lingua inglese ma in modo incompleto. Deduce l’inapplicabilità della sanatoria di cui all’art. 156 c.p.c. alla predetta nullità. 3.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 7 della direttiva 2008/115/CE perchè non è stata privilegiata la partenza volontaria sull’assunto di un inesistente pericolo di fuga del ricorrente stesso.

4.1.- Osserva la Corte che il primo motivo del ricorso è fondato e il suo accoglimento comporta l’assorbimento della altre censure.

Invero, risulta dal provvedimento impugnato che il ricorrente aveva eccepito di avere fatto ingresso in Italia da un paese aderente al trattato Schengen e aveva esibito copia informe di un passaporto e visto turistico che assumeva riferirsi ad un ingresso in (OMISSIS).

Il Giudice di pace, però, ha ritenuto che il passaporto ed il visto, oltre a non essere stati esibiti agli organi di polizia, non abilitavano comunque il ricorrente a permanere nel territorio dello Stato Italiano, essendo privo di permesso di soggiorno.

Sennonchè al ricorrente era stata contestata, nel provvedimento di espulsione, l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, lett. a) per essere entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera mentre la motivazione del provvedimento impugnato ritiene sufficiente – per il rigetto del ricorso – la mancanza del permesso di soggiorno, ipotesi prevista, invece, dalla lett. b) dell’art. 13 cit.

In proposito giova richiamare la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’obbligo di motivazione del decreto prefettizio di espulsione amministrativa dello straniero, di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 3 rispondendo alla finalità di consentire al destinatario la tempestiva tutela dei suoi diritti mediante l’opposizione, postula che il predetto provvedimento, pur in mancanza dell’indicazione delle norme violate, contenga gli elementi necessari e sufficienti dai quali, con la normale diligenza, sia possibile identificare con sufficiente chiarezza la violazione addebitata al ricorrente che ha dato luogo all’adozione del provvedimento amministrativo (Sez. 1, Ordinanza n. 462 del 13/01/2010).

Peraltro, l’obbligo di motivazione del decreto prefettizio di espulsione amministrativa dello straniero – di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 3, – comporta che in esso sia chiaramente esposta la specifica situazione di fatto assunta a presupposto ed autorizzante l’espulsione, contestazione in fatto che costituisce elemento del tutto immutabile. Solo alla stregua di essa l’espellendo è in grado di apprestare le sue difese dinanzi al giudice dell’opposizione, essendo irrilevanti, nel decreto, eventuali erronee evocazioni delle norme di legge, non attagliantisi all’ipotesi di fatto contestata, semprechè dall’errato richiamo non discenda confusione che possa indurre errore scusabile nell’apprestamento delle dette difese (Sez. 1, Sentenza n. 1828 del 07/02/2003).

Ha errato, dunque, il giudice del merito nel ritenere irrilevante la prova offerta dal ricorrente circa le modalità di ingresso nel nostro Paese.

Il provvedimento impugnato, dunque, deve essere cassato con rinvio per nuovo esame e per il regolamento delle spese al Giudice di pace di Lecce in persona di diverso magistrato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese al Giudice di pace di Lecce in persona di diverso magistrato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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