Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 08-09-2011) 13-10-2011, n. 36940

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trieste del 17.5.2006, ha assolto l’imputato dai reati di falso confermando la condanna per il tentativo di truffa in danno dell’Ente Pubblico e, riconosciute le attenuanti generiche e l’attenuante di cui all’art. 56 c.p., u.c., prevalenti sulla contestata aggravante, ha rideterminato la pena in mesi due e giorni quindici di reclusione ed Euro 40 mila di multa, ricorre la difesa del S., chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo a motivo:

a) la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) per mancanza e contraddittorietà della motivazione per l’erronea valutazione delle prove e della prova testimoniale contraria. Deduce il ricorrente il travisamento della prova dichiarativa del dirigente dr Sc., che non ha mai affermato di aver verificato il registro cartaceo delle presenze del giorno 7 ottobre. I giudici hanno travisato le dichiarazioni del teste che pacificamente effettuò i controlli solo il giorno successivo e prima che l’imputato vi apportasse le correzioni. Con le correzioni tutte ben visibili ed effettuate senza coprire lo scritto sottostante l’imputato aveva inteso dichiarare che si era assentato dall’ufficio per motivi personali. b) la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) per erronea applicazione della legge penale e violazione di legge per la mancata assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2.

Appare evidente che con le correzioni successive l’imputato manifesto l’intenzione di rendere palese e senza infingimenti il proprio operato e che pertanto non volle realizzare nessun artificio e che l’accertamento da parte dell’ufficio fu fatto prima che il S. potesse manifestare l’intenzione di rendere evidenti le sue reali intenzioni;

c) la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) per erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 640 c.p., le correzioni sul registro sono state apportare senza nascondere nulla e pertanto non può essere attribuito al S. nessun intendimento truffaldino.

Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 Il ricorrente, infatti, non denuncia alcuno dei vizi tipici di legittimità che riguardano esclusivamente la motivazione e la sua formulazione ma reitera la sua prospettazione difensiva, così come rappresentata ai giudici del merito, tentando di accreditarla come ricostruzione alternativa e maggiormente fondata rispetto a quella ritenuta dai giudici della Corte territoriale.

Questi ultimi,infatti, con motivazione che non evidenzia vizi, hanno ricostruito i fatti, evidenziando che il S. si era sicuramente assentato dal lavoro senza motivo istituzionale e senza permesso, nel pomeriggio del giorno 7 e nelle prime ore del giorno 8; entrando in servizio alle h.9,49 del giorno 8, aveva compilato,a posteriori, giustificazione delle assenze con informazioni mendaci sulla sua presenza presso altri uffici istituzionali. Dopo alcune ore, a reato già consumato, si era preoccupato di correggere i precedenti scritti finalmente attestando l’assenza per motivi personali. Nel ricorso si tenta di accreditare una diversa scansione temporale dei fatti, anche, genericamente, invocando il travisamento della prova dichiarativa del teste Sc.. Ma la formulazione dei motivi, oltre che consistere in una alternativa ricostruzione degli elementi fattuali, non consentita in sede di legittimità, in ragione dei limiti propri del giudizio di legittimità, è anche generica, perchè manca dell’allegazione dei documenti che si richiamano per accreditarne la diversa valenza probatoria, così rendendo il ricorso non autosufficiente e, anche per tale ragione, inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *