Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-07-2011) 13-10-2011, n. 36928

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Giova premettere, per le implicazioni che ne derivano sul piano processuale in ordine alla questione sottoposta all’attenzione di questa Corte, che:

– in data 11 ottobre 2010, il P.M. presso il tribunale di Roma disponeva la perquisizione domiciliare ed il conseguente sequestro, ai sensi dell’art. 252 c.p.p., di quanto rinvenuto nei confronti dell’odierno ricorrente e di altri indagati;

– in data 21 ottobre 2010 gli operanti procedevano al sequestro, fra l’altro, di una somma di denaro contante pari a complessivi Euro 46.700,00;

– con ordinanza del 24 novembre 2010 veniva dichiarata inammissibile la richiesta di riesame con riferimento alla predetta somma, rilevandosi che il sequestro del denaro costituiva attività non riconducibile alla sfera di efficacia del provvedimento del P.M. e perciò necessitava di apposita convalida;

– con ordinanza del 13 dicembre 2010 il tribunale del riesame annullava un primo decreto di sequestro preventivo, per difetto di idonea domanda cautelare;

– a ciò seguiva rituale richiesta da parte del P.M. di sequestro preventivo, accolto dal g.i.p. con provvedimento emesso in data 30 dicembre 2010;

– avverso tale ultimo provvedimento cautelare era presentata istanza di riesame dal L., rigettata col provvedimento in questa sede impugnato.

Tutto ciò premesso, il L. propone quindi ricorso per cassazione, allegando due motivi. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla parte dell’ordinanza censurata in cui si afferma che sul fumus commissi delicti si sarebbe formato il cd. giudicato cautelare in relazione a quanto statuito con l’ordinanza del 24 novembre 2010;

affermazione contestata dal ricorrente, in quanto l’accertamento in ordine all’esistenza di gravi indizi di colpevolezza aveva riguardato unicamente i beni oggetto del sequestro disposto dal P.M., mentre per la somma di denaro l’istanza di riesame era stata dichiarata tout court inammissibile, stante la sua estraneità alla sfera di efficacia del provvedimento impugnato.

Col secondo motivo il L. censura l’ordinanza impugnata nella parte in cui motiva le ragioni per cui deve essere mantenuto il sequestro anche con riferimento al D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies sebbene la prospettiva di un’eventuale confisca non sia mai stata evidenziata nè dal pubblico ministero con la sua richiesta, nè nel decreto del g.i.p..

Il primo motivo di ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il cd. "giudicato cautelare" formatosi in relazione all’ordinanza del tribunale del riesame del 24 novembre 2010, infatti, riguarda i fatti ivi accertati, che sono sempre gli stessi e ciò a prescindere dalla circostanza che, con la medesima ordinanza, si è ritenuto che il primo provvedimento il sequestro preventivo disposto dal p.m. non comprendesse anche il denaro. Trattasi infatti di un unico procedimento ed il successivo sequestro del denaro è stato disposto in relazione alle medesime ipotesi di reato poste a fondamento del primo provvedimento cautelare reale. Poichè è evidente che il giudicato cautelare in materia reale non riguarda il bene sequestrato in sè considerato, bensì i fatti per i quali è stato disposto il sequestro, correttamente ha motivato sul punto l’ordinanza impugnata e la censura in esame non merita accoglimento.

Il secondo motivo di ricorso è invece inammissibile.

Al riguardo è tranciante la considerazione che avverso i provvedimenti cautelari reali il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge, "in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice" (Cass. sez. un. 29 maggio 2008, n. 25932; conf. Cass. sez. un. 29 maggio 2008, n. 25933).

Nella specie, a prescindere dal nomen iuris, il ricorso prospetta unicamente la denunzia di un vizio di motivazione, quindi insuscettibile di essere vagliato da questa Corte. Si contesta, infatti, l’integrazione della motivazione del decreto impugnato che il tribunale del riesame avrebbe operato motuproprio con riferimento al D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, in realtà mai invocato ne dal P.M. nè dal g.i.p..

Poichè il primo motivo di ricorso risulta infondato ed il secondo inammissibile, l’impugnazione in esame deve essere rigettata, con conseguente condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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