Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-07-2011) 13-10-2011, n. 36927 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con decreto in data 18 novembre 2010, il g.i.p. del Tribunale di Trani disponeva il sequestro preventivo dei beni aziendali e delle scritture contabili della società irregolare amministrata da Va.Gi., assumendo che egli se ne fosse indebitamente appropriato, trattenendo il compendio per sè pur dopo la revoca dalla carica di amministratore. Con ordinanza in data 24 gennaio 2011, il Tribunale della libertà di Trani annullava il predetto decreto di sequestro e disponeva la restituzione delle scritture contabili e dei beni aziendali in favore del già menzionato Va.Gi..

Avverso tale provvedimento propone ricorso V.G., socio della società irregolare amministrata dal fratello Gi. e quindi parte offesa del reato contestato a quest’ultimo. A sostegno del ricorso sono esposti due motivi. Con il primo il ricorrente si duole di essere stato estromesso dal giudizio innanzi al tribunale del riesame con ordinanza del 24 gennaio 2011, che disponeva la restituzione allo stesso della documentazione prodotta unitamente all’originale della memoria difensiva depositata. Col secondo motivo, il provvedimento impugnato è censurato nella parte in cui disattende il giudicato formatosi nel procedimento civile in ordine alla revoca di Va.Gi. dalla carica di amministratore della società.

L’indagato ha depositato note difensive sostenendo innanzitutto l’inammissibilità del ricorso perchè tardivo. Osserva, al riguardo, che il tribunale del riesame ha disposto estromissione della parte offesa dal procedimento con provvedimento autonomo rispetto a quello di annullamento del sequestro: la prima ordinanza è stata pronunziata in udienza con contestuale lettura della motivazione in data 24 gennaio 2011, sicchè il termine per la sua impugnazione sarebbe iniziato a decorrere immediatamente, a differenza di quanto avvenuto per il provvedimento principale (pronunziato in pari data, ma con motivazione depositata il 4 marzo 2011). Sempre sul piano dell’inammissibilità, l’indagato sostiene che la parte offesa non avrebbe alcun potere autonomo di impugnazione, se non nel caso di abnormità del provvedimento, nella specie non ricorrente; e che il ricorso in esame non indica le norme di legge che si assumono violate. In via subordinata, chiede il rigetto del ricorso perchè infondato nel merito.

Il ricorso è inammissibile.

Com’è noto, nei procedimenti in cui parte offesa è una persona giuridica, la giurisprudenza di questa Corte è propensa a ritenere che sono legittimati a costituirsi parte civile anche i singoli soci i quali – nonostante la separazione patrimoniale – possono essere considerati soggetti danneggiati dal reato. Nondimeno, la qualità soggettiva di danneggiato è certamente diversa da quella di persona offesa e l’autonomia patrimoniale fra le società di capitali ed i singoli soci si riverbera sul piano delle domande che i vari soggetti possono svolgere nell’ambito del processo penale. In particolare, nel caso che per effetto del reato vi sia stato lo spossessamelo della società, solo quest’ultima può avanzare richieste restitutorie dei beni di cui è stata privata, mentre i soci uti singuli possono formulare solamente una domanda risarcitoria.

Si aggiunga che nell’ipotesi in cui il reato offenda una persona giuridica, la titolarità e l’esercizio dei relativi diritti processuali spetta all’organo munito dei poteri di gestione e di rappresentanza secondo le norme legali e statutarie (Cass. 2 febbraio 1995, n. 3445), con esclusione di un potere rappresentativo suppletivo in capo ai soci, i cui diritti individuali sono tutelati – come dapprima chiarito – mediante il riconoscimento della veste di danneggiati dal reato.

Dall’applicazione di tali principi discende che nella specie deve escludersi che V.G., in quanto danneggiato dal reato, avesse diritto alla restituzione dei beni sequestrati, ricadendo gli stessi semmai nella sfera patrimoniale della società amministrata dal fratello Gi..

Ciò posto, va richiamato al riguardo l’insegnamento delle Sezioni unite, secondo cui la persona offesa è legittimata a partecipare al procedimento di riesame del sequestro solo a condizione che abbia diritto alla restituzione delle cose sequestrate (Cass. sez. un. 29 maggio 2008, n. 25932).

Esclusa la sussistenza di tale diritto in capo a V.G., dello stesso correttamente il Tribunale del riesame ha disposto l’estromissione dal giudizio. Egli non risulta neppure legittimato alla proposizione del ricorso in esame, che pertanto deve essere dichiarato inammissibile.

Potendosi ravvisare profili di colpa nell’inammissibilità del ricorso, l’imputato va condannato al pagamento di una sanzione a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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