Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 13-10-2011, n. 37009

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 28 gennaio del 2011, il Tribunale di Lecce rigettava la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di A.A., avverso l’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari disposta nei confronti del predetto, quale indagato per i delitti di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 43, comma 1, per avere sottratto all’accertamento ed al pagamento dell’imposta bevande alcoliche, nonchè del delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, per avere occultato la contabilità al fine di non consentire la ricostruzione dei redditi ed il volume degli affari. Fatti commessi in Ostuni fino al mese di ottobre del 2010. Con la recidiva reiterata.

A fondamento della decisione il tribunale osservava che la documentazione non era stata prodotta nonostante che fosse stata inevitabilmente formata avendo l’imprenditore presentato, tra l’altro, specifiche dichiarazioni d’intento per attribuirsi la qualità di abituale esportatore cedente intracomunitario al fine di potere beneficiare di acquisti in sospensione d’imposta sul valore aggiunto ed avendo sicuramente effettuato operazioni commerciali nell’anno 2009.

Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:

1) la nullità dell’interrogatorio di garanzia e la conseguente inefficacia della misura a cautelare per la violazione dell’art. 293 c.p.p., comma 3, in quanto, dopo l’esecuzione della misura cautelare, non era stata depositata la comunicazione della notizia di reato trasmessa il 18 marzo del 2010 alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Brindisi a carico dell’indagato nonostante che la stessa fosse stata menzionata nel provvedimento d’applicazione della misura cautelare; il Tribunale, interpellato sul punto, aveva liquidato la questione con un’argomentazione illogica e contraddittoria;

2) la nullità dell’ordinanza applicativa della misura cautelare per avere il giudice per le indagini preliminari utilizzato le dichiarazioni rese ai funzionari doganali il 3 maggio del 2010 ed il 19 maggio del 2010 dall’indagato, dichiarazione che erano inutilizzabili per l’omissione degli avvisi di cui all’art. 64 c.p.p.; il tribunale aveva superato il problema affermando che all’epoca l’ A. non aveva ancora assunto la veste di indagato, invece il predetto era indagato già in epoca antecedente agli ascolti del 3 e del 19 maggio come si desumeva dalla stessa comunicazione di notizia di reato del 10 marzo del 2010; inoltre anche a volere condividere l’orientamento del tribunale, sarebbe stato violato l’art. 63 codice di rito per avere i funzionari omesso di avvisare l’ A. dell’insorgenza di indizi a suo carico;

3) illegittimità dell’ordinanza applicativa della misura cautelare per avere il giudice per le indagini preliminari valutato come indizio il silenzio dell’imputato;

4) illegittimità dell’ordinanza applicativa della misura cautelare per la violazione della norma applicata in quanto non si era preliminarmente accertata l’effettiva istituzione della contabilità che si assumeva occultata e nel dubbio si doveva applicare la sanzione amministrativa di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 9;

5) omessa motivazione sul punto relativo all’adeguatezza della misura interdittiva del "divieto temporaneo di esercitare determinate attività imprenditoriali".

Motivi della decisione

Il ricorso va respinto perchè infondato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese.

Con riferimento al primo motivo si rileva che il ricorrente sostiene che sarebbe stati omessi il deposito e successivamente la trasmissione della comunicazione di notizia di reato del 18 marzo del 2010 tenuta presente dal giudice nell’applicazione della misura cautelare.

In proposito si osserva che, secondo il tribunale, l’anzidetta comunicazione era stata inserita negli atti trasmessi, sia pure come allegato n. 1 della successiva comunicazione di notizia di reato del 15 giugno del 2010. In ogni caso trattasi di atto che, ancorchè eventualmente non trasmesso, non ha avuto alcuna rilevanza ai fini dell’applicazione della misura cautelare, ma è stato richiamato dal giudice per le indagini preliminari solo per segnalare che l’ A. "non era nuovo alla consumazione di reati tributari", come si desumeva appunto dalla precedente comunicazione del 18 marzo del 2010. Esso, quindi, non ha avuto alcuna rilevanza probatoria ai fini della valutazione della gravita indiziaria relativamente ai fatti per i quali ora si procede e, pertanto, non ha inciso sul diritto di difesa e non determina l’inefficacia della misura cautelare per la violazione dell’art. 309 comma 5. Invero, la violazione del diritto di difesa e l’inefficacia della misura non si verifichino per una qualsivoglia lacuna nella trasmissione degli atti di cui all’art. 291 c.p.p., comma 1, ma solo per la mancata trasmissione di tutti gli atti o comunque per l’omessa trasmissione anche di un solo atto, quando però tale atto sia stato effettivamente ritenuto determinante ai fini dell’applicazione della misura. In termini sostanzialmente analoghi si è già pronunciata questa Corte con le decisioni n 8114 del 2006, rv233530; n 6231 del 2000, rv216252;n 48979 del 2000, rv 217595).

Ugualmente infondato è il secondo motivo. L’indagato è stato sentito dal funzionario dell’agenzia delle dogane il 3 maggio del 2010 nell’ambito di una verifica amministrativa diretta ad accertare la regolare applicazione delle disposizioni in materia d’IVA con riferimento alle transazioni intracomunitarie.

In tale contesto dichiarò la regolare istituzione e tenuta della contabilità fino a 45 giorni prima. Tale dichiarazione successivamente è stata ritrattata in data 19 maggio del 2010 allorchè l’ A. ha affermato che la contabilità non era stata istituita. Non si versa quindi, come puntualmente evidenziato dai giudici del merito, in alcuna ipotesi di nullità patologica, quanto meno con riferimento alle dichiarazioni del 3 maggio del 2010 (le uniche utilizzate), perchè all’epoca l’ A. non era ancora indagato per i fatti per i quali si procede, in quanto solo il 15 giugno del 2010 i funzionari doganali inoltrarono, a seguito di ulteriori approfondimenti, la relativa notizia di reato alla competente Procura. La comunicazione di reato del 10 marzo del 2010 riguardava fatti diversi da quelli oggetto del presente procedimento.

Non sussiste quindi nè la violazione dell’art. 64 c.p.p. perchè l’ A. all’epoca di quelle dichiarazioni, per i fatti per i quali si procede, non aveva ancora assunto la veste di indagato, nè quella di cui all’art. 63, in quanto le dichiarazioni del 3 maggio non sono state rese nè all’autorità giudiziaria nè alla polizia giudiziaria, giacchè in quel contesto procedimentale i funzionari della dogana non stavano svolgendo attività di polizia giudiziaria, ma una mera verifica fiscale diretta a controllare la puntualità degli adempimenti in materia d’imposta sul valore aggiunto. Tale verifica non era necessariamente destinata a configurare ipotesi di reato. D’altra parte, quelle dichiarazioni non contenevano alcun elemento indiziante a carico dell’ A. proprio perchè il predetto aveva dichiarato di avere istituito la contabilità. Gli indizi sono emersi in un momento successivo allorchè non si è rinvenuta la contabilità che l’ A. aveva dichiarato di avere istituito. In ogni caso la prova della regolare istituzione della contabilità poi occultata non si fonda solo sulle dichiarazioni anzidette, ma su tutta una serie di altri indizi analiticamente indicati dai giudici del merito, Pertanto, quand’anche si fossero ritenute inutilizzabili quelle dichiarazioni, non sarebbe venuta meno la gravita indiziaria relativamente al delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, proprio perchè la prova dell’istituzione della contabilità si fonda anche su altri elementi.

Il silenzio dell’imputato non è stato considerato dal tribunale del riesame un indizio, ma nella valutazione della condotta dell’indagato è stata apprezzato insieme con altri elementi, aderendo in tale modo ad un orientamento di questa Suprema Corte. Invero, secondo questa Corte, al giudice non è precluso valutare la condotta processuale dell’imputato, coniugandola con ogni altra circostanza sintomatica, con la conseguenza che egli, nella formazione del suo libero convincimento, ben può considerare, in concorso di altre circostanze, la portata significativa del silenzio su circostanze potenzialmente idonee a scagionarlo (Cass. n. 22651 del 2010; n. 12182 del 2006).

Con riferimento al quarto motivo, come già accennato, la prova dell’istituzione della contabilità si desume oltre che dalle dichiarazioni rese dall’ A., alle quali si è prima fatto riferimento, anche dalla circostanza che si era assunta la qualità di esportare abituale intracomuninitario al fine di potere beneficiare di acquisti in sospensione di imposta sul valore aggiunto nonchè dalla natura delle operazioni compiute le quali, come accertato dai giudici del merito, presupponevano l’esistenza di una contabilità.

Ugualmente infondato è anche il quinto motivo Premesso che in caso di conferma la motivazione del tribunale del riesame si integra con quella applicativa della misura cautelare, si osserva che anche sulle esigenze cautelari e sui divieti imposti dal giudice per le indagini preliminari la motivazione appare adeguata essendosi fatto riferimento alla spiccata pericolosità sociale dell’indagato, in base alla quale si è ritenuto che l’unica misura idonea ad evitare il pericolo della reiterazione dei fatti fosse quella custodiale non essendo garantita l’osservanza di quella interdittiva.

P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p.;

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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