Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 13-10-2011, n. 37007

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il tribunale del riesame di Genova, con ordinanza del 7 febbraio del 2011, rigettava l’appello proposto nell’interesse di S.C. avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di La Spezia del 14 gennaio del 2011, con cui si era respinta l’istanza di revoca della misura carceraria avanzata dalla predetta, quale indagata per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e di quello di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12.

A fondamento della decisione osservava che sussisteva il pericolo di reiterazione di fatti della medesima indole, per la gravità dei fatti stessi, per il ruolo assunto nell’ambito dell’organizzazione dall’indagata, per la non occasionalità dell’attività e per il fatto che l’indagata ritraeva i mezzi di sostentamento esclusivamente dall’attività illecita svolta; inoltre era priva di fissa dimora in Italia.

Ricorre per cassazione l’indagata per mezzo del proprio difensore deducendo la violazione di norme procedurali (non indicate) poichè le ragioni cautelari evidenziate dal tribunale, per la loro genericità, sarebbero del tutto inidonee a giustificare la misura cautelare restrittiva.

Il ricorso è inammissibile per la sua manifesta infondatezza.

La motivazione del tribunale in merito alla sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, lett. c) non presenta alcun profilo di incongruenza. Invero il giudice per formulare il giudizio prognostico in ordine alla pericolosità sociale dell’indagato deve tenere conto degli elementi indicati nell’art. 133 c.p. e segnatamente della gravita e modalità del fatto e della capacità a delinquere dell’indagato. In base a tali elementi deve stabilire la sussistenza di un’inclinazione a ricadere nel medesimo illecito, avuto riguardo al fatto che quanto più grave è il reato tanto maggiori sono le spinte criminogene e minori i freni inibitori.

Nella fattispecie il pericolo di reiterazione è stato legittimamente desunto, non solo dalla gravita e reiterazione dei fatti oltre che dal ruolo svolto dall’indagata, ma anche dalla circostanza che la predetta traeva i mezzi di sostentamento esclusivamente dal reato. Di conseguenza è estremamente probabile che, se rimessa in libertà, possa riprendere l’attività criminosa.

Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che, nella specie, non sussistono elementi per ritenere che la parte "abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p.;

DICHIARA inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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