Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 13-10-2011, n. 37004

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con ordinanza in data 9.12.2010 il Tribunale di Alessandria, in parziale accoglimento della richiesta di riesame, proposta nell’interesse di F.N., avverso il decreto di perquisizione e contestuale sequestro emesso dalla Procura della Repubblica di Alessandria il 9.11.2010, revocava il sequestro della documentazione sequestrata in data 15.11.2011 dalla G.d.F. di Valenza ad eccezione di quella relativa alla Diraction s.r.l., nonchè dei dati contenuti nelle copie dei supporti informatici, relativi alla medesima società.

Premetteva il Tribunale che il decreto di perquisizione e sequestro era stato emesso a seguito di indagini investigative della G. d. F. di Valenza nei confronti di numerosi soggetti che avevano eseguito bonifici verso conti esteri e/o società estere in cambio di fatture per operazioni inesistenti. Nel corso di siffatte indagini la G.d.F. individuava cinque società italiane, clienti del F., esercente la professione di commercialista. In particolare due delle predette società (la Diraction srl e la Mediasoftel srl) risultavano aver effettuato un bonifico in favore della società statunitense CTO Solution srl.

Tanto premesso, pur alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui il riesame non deve limitarsi a verificare l’astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto della documentazione e delle deduzioni offerte dalle parti, riteneva il Tribunale che sussistesse il fumus del reato ipotizzato ( art. 110 c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2) in relazione alla documentazione sequestrata relativa alla sola Diraction srl. La Difesa non aveva, invero, offerto alcuna prova del dedotto reale e lecito rapporto (il versamento di Euro 10.000,00 avrebbe costituito la provvigione per la presentazione alla società estera di due clienti). L’assenza di documentazione sulla liceità del rapporto e la circostanza che la Diraction srl aveva sede nello stesso ufficio del F. ed era riconducibile alla moglie del predetto, faceva ritenere, secondo il Tribunale, sussistente il fumus del reato in relazione alle operazioni sospette poste in essere dalla medesima Diraction. 2) Ricorre per cassazione il F., a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge, nonchè la carenza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.

Il Tribunale, pur aderendo in premessa alla più recente giurisprudenza di legittimità, ha omesso di esaminare la documentazione, già esistente in atti, che provava la liceità dei rapporti tra le due società. Risultava evidente, alla luce della suddetta documentazione, l’insussistenza del fumus del reato ipotizzato (irrilevanti dovevano ritenersi le circostanze relative alla sede della Diraction ed alla sua riferibilità alla moglie del ricorrente). Peraltro, agli atti non esiste alcuna prova del fumus della ritenuta falsità della fattura e dell’utilizzo della stessa ai fini della configurabilità del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2. 3) Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.

3.1) Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. in particolare sez. unite 29.1.1997, ric. P.M. in proc. Bassi), nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzatale una "plena cognitio" del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell’esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obbiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l’assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell’accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale risponde all’esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum causae", così da determinare una non consentita preventiva verifica della fondatezza dell’accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di competenze nell’ambito di un medesimo procedimento. L’accertamento, quindi, della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono – in una prospettiva di ragionevole probabilità – di sussumere l’ipotesi formulata quella tipica. Il Tribunale del riesame non deve, pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (ex multis anche Cass. pen. sez. 3 n. 40189 del 2006 – ric. Di Luggo). Il limite introdotto dalle sezioni unite non restringe il potere di valutazione in diritto, ma quello di accertamento in fatto.

Il Tribunale del riesame è quindi tenuto a controllare, sulla base del fatto contestato dal P.M., l’astratta configurabilità giuridica del reato, ma non può accertare la concreta sussistenza del reato medesimo nè tantomeno accertare la colpevolezza dell’indagato.

E’ assolutamente evidente, però, che il Tribunale non deve accettare "passivamente" la prospettazione giuridica operata dal P.M. anche quando questa appaia ictu oculi insussistente; altrimenti si attribuirebbe all’organo dell’accusa il potere di stabilire l’esistenza del "fumus" senza alcun vaglio giurisdizionale fino al processo. Una diversa impostazione porterebbe alla conseguenza che i giudici del riesame dovrebbero ritenere sussistente il fumus boni iuris anche quando difettasse l’astratta configurabilità del reato ed il P.M. potrebbe procedere al sequestro probatorio anche in presenza di una ipotesi di reato inesistente (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 2635 del 13.10.2005). Il controllo non può quindi limitarsi ad una verifica meramente burocratica della riconducibilità in astratto del fatto indicato dall’accusa alla fattispecie criminosa, ma deve essere svolto attraverso la valutazione dell’antigiuridicità penale del fatto come contestato, ma tenendosi conto, nell’accertamento del "fumus commissi delicti", degli elementi dedotti dall’accusa risultanti dagli atti processuali e delle relative contestazioni difensive.

Secondo anche la già citata sentenza (sei. un. n. 23/1997), non sempre correttamente richiamata, al giudice del riesame spetta quindi il dovere di accertare la sussistenza del cd. fumus commissi delicti che, pur se ricondotto nel campo dell’astrattezza, va sempre riferito ad una ipotesi ascrivibile alla realtà fattuale e non a quella virtuale (principi affermati piò volte da questa sezione 3, 29.11.1996, Carli; Cass. sez. 3, 1.7.1996, Chiatellino; 30.11.199, Russo; 2.4.2000, P.M. c. Cavagnoli; n. 5145/2006).

In conclusione la verifica da parte del giudice del riesame del "fumus commissi delicti", ancorchè limitata all’astratta configurabilità del reato ipotizzato dal p.m., importa che lo stesso giudice, lungi dall’essere tenuto ad accettare comunque la prospettazione dell’accusa, abbia il potere-dovere di escluderla, quando essa appaia giuridicamente infondata (cfr. Cass. pen. sez. 1 n. 15914 del 16.2.2007-Borgonovo).

3.2) Lo stesso Tribunale ha richiamato tale più recente giurisprudenza, omettendo però di esaminare compiutamente le deduzioni della parte in ordine alla liceità dei rapporti tra la Diraction e la società CTO Solution. Secondo il ricorrente, proprio in esecuzione del decreto di perquisizione e sequestro impugnato, era stata acquisita la fattura di acquisto n. 89 del 23.11.2009, regolarmente registrata, n. 2 schede di mastro contabile relativo alla ditta CTO Solution Inc., anni 2009-2010, copia di n. 4 pagine del libro giornale, n. 1 contratto in originale stipulato tra la Diraction e la Solution. Tale documentazione comprovante la liceità dei rapporti tra le due società, essendo stata sequestrata, non era più nella disponibilità del ricorrente, per cui non poteva essere allegata.

3.2.1) Rimanendo assorbita ogni altra doglianza, l’ordinanza impugnata va annullata, con rinvio, al Tribunale di Alessandria che accerterà, alla luce dei rilievi difensivi e della documentazione sequestrata, la natura dei rapporti tra le due società e, conseguentemente, la configurabilità o meno del fumus del reato ipotizzato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Alessandria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *