Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 13-10-2011, n. 37001 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Reggio Calabria, con ordinanza del 3/12/2010, pronunciandosi in sede di rinvio, a seguito dell’annullamento della ordinanza resa il 19/5/09 dalla stessa Corte, in diversa composizione, a seguito della sentenza n. 647/2010 della Corte di Cassazione, ha rigettato la istanza di riparazione per ingiusta detenzione proposta da F.P..

Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione la difesa del F., con i seguenti motivi:

violazione dell’art. 314 c.p.p. e carente ed erronea motivazione, in combinato disposto con l’art. 627 c.p.p., comma 3, rilevato che il giudice di legittimità aveva invitato la Corte territoriale a valutare meglio l’excursus motivazionale della sentenza assolutoria del Tribunale e le significative emergenze riscontrate a seguito della perquisizione domiciliare, al fine di ritenere se da tali elementi potessero emergere condotte integranti la colpa grave ex art. 314 c.p.p.;

– violazione dell’art. 314 c.p.p. in punto di corretta qualificazione del requisito della colpa, visto che il giudice di merito ha omesso di considerare che la droga rinvenuta nella abitazione del F. unitamente al metadone, era destinata ad uso esclusivamente personale dello stesso e non allo spaccio;

– violazione dell’art. 314 c.p.p. in relazione alla inesistenza del nesso eziologico tra la condotta valutata ai fini di cui al citato articolo e i fatti accertati, essendo evidente la discrasia motivazionale laddove nulla dice e nulla rileva riguardo al presunto nesso tra quanto realmente rinvenuto a carico di un tossicodipendente e quanto, invece, sostanziato ai fini indiziari nel corpo della ordinanza ai fini della integrazione del requisito della colpa ex art. 314 c.p.p.;

– ha errato il decidente nell’affermare che il F. non fosse tossicodipendente attuale, ma solo in passato, in quanto ha così travisato gli elementi di prova acquisiti, come il rinvenimento del metadone;

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti requisitoria scritta nella quale conclude per la inammissibilità del ricorso, avendo rilevato che la Corte distrettuale è pervenuta al rigetto della istanza, avendo fatto buon governo dei poteri di delibazione che spettano al giudice dell’equa riparazione, rileggendo il materiale di accusa che era stato, a suo tempo, a disposizione del giudice.

L’Avvocatura Generale dello Stato, nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha inoltrato in atti memoria nella quale contesta ogni censura formulata in ricorso e conclude per la inammissibilità dello stesso.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La ordinanza impugnata è argomentata con logicità e correttezza.

Si osserva che in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito per valutare se l’imputato vi abbia dato o concorso a darvi causa, con dolo o colpa grave, deve apprezzare tutti gli elementi probatori disponibili, tenendo conto di quei comportamenti che denotino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di norme o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità: il giudice deve fondare la propria decisione su fatti concreti, esaminando la condotta del richiedente, al fine di stabilire, con vantazione ex ante, non se la condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorchè in presenza di errore da parte dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (Cass. S.U. 15/10/02, n. 34559).

Nel caso di specie la Corte distrettuale ha rilevato che il F. era stato tratto in arresto e citato per la convalida e il giudizio direttissimo a seguito del rinvenimento, presso la sua abitazione, di più quantitativi di eroina e di sette flaconi contenenti metadone, evidenziando che il predetto soggetto, pur avendo avuto un passato di tossicodipendente, da tempo non faceva uso di sostanze stupefacenti, circostanza, questa, da sola idonea a ritenere che la detenzione della droga del tipo eroina, unitamente alle modalità di conservazione della stessa, minuziosamente occultata, parte all’interno di un set per manicure, sotto un doppio fondo, parte in un diverso astuccio, sempre sotto un doppio fondo, e parte nel portafoglio, abbia costituito un comportamento di certo altamente imprudente, tale da rappresentare per il giudice circostanza comprovante la responsabilità del prevenuto e il coinvolgimento dello stesso nell’attività illecita di spaccio di sostanze stupefacenti.

Quanto osservato permette di ritenere non meritevole di riforma il provvedimento impugnato, che ha puntualmente focalizzato le ragioni ostative all’accoglimento della istanza di equa riparazione avanzata dall’interessato, evidenziando che il F. ha determinato, con il suo comportamento, i presupposti dell’arresto e della applicazione delle successive misure restrittive della libertà personale.

Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il F. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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