Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-03-2012, n. 4710

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’I.N.A.I.L. proponeva appello avverso la sentenza, pronunziata in data 10 luglio 2003 dal Tribunale di Torre Annunziata, con la quale era stata accolta la domanda proposta la L.P. e dichiarato il diritto dello stesso alla rendita per infortunio sul lavoro nella misura del 100% a decorrere dal (OMISSIS).

Deduceva che erroneamente il primo giudice aveva recepito le conclusioni cui era pervenuto il consulente medico legale, senza considerare che la modestia dell’infortunio sul lavoro, sofferto in data (OMISSIS) dall’appellato, non giustificava la gravissima patologia psichica qualificata come postumo permanente dall’ausiliare.

Concludeva pertanto chiedendo, previa rinnovazione della consulenza, la riforma della sentenza impugnata ed il rigetto della domanda proposta dall’assicurato.

Si costituiva L.A., quale tutore del L., resistendo al gravame, deducendo l’inammissibilità dell’appello per carenza di specifiche censure e l’infondatezza nel merito poichè la consulenza di primo grado risultava corretta anche sotto il profilo del contestato nesso causale.

La Corte d’appello di Napoli, rinnovata la c.t.u., con sentenza depositata il 29 aprile 2010, accoglieva parzialmente il gravame, dichiarando il diritto del L. alla rendita per infortunio nella misura del 40%, condannando l’Istituto al pagamento della relativa prestazione, con gli accessori di legge.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la L., affidato a duplice motivo.

Resiste l’I.N.A.I.L. con controricorso, poi illustrato con memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la L. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 74 e 79, ed omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, consistente nell’errata valutazione dei postumi permanenti residuati al rappresentato L. a seguito dell’infortunio.

Lamenta in particolare che il secondo c.t.u. aveva errato nel disconoscere che anche la "superfetazione psicologica" del trauma, con conseguente autismo, potessero trovare un qualunque nesso con l’infortunio occorso, mentre risultava corretta la valutazione espressa dal precedente ausiliare, secondo cui anche tale patologia era sicuramente connessa (almeno temporalmente, cfr. pag. 16 del ricorso) con l’infortunio in questione. Posta la manifesta discordanza (sia pur parziale) dei pareri degli ausiliari, la corte territoriale aveva errato nel condividere le conclusioni del secondo.

A tal fine si limitava ad inserire nel ricorso le copie delle consulenze e di stralci di taluni trattati di malattie psichiatriche.

Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato.

Inammissibile laddove si limita, nell’argomentare circa l’erroneità della seconda c.t.u., ad allegare le relazioni peritali senza evidenziare e specificare gli errori diagnostici in tesi contenuti nella seconda consulenza.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (ex plurimis, Cass. ord. 8 novembre 2010 n. 22707; Cass. 15 luglio 2003 n. 11054), nel giudizio in materia di accertamento dell’invalidità civile, "qualora il giudice del merito si sia basato sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, affinchè sia denunciabile in cassazione il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza è necessario che eventuali errori e lacune della consulenza, che si riverberano sulla sentenza, si sostanzino in carenze o deficienze diagnostiche, o in affermazioni illogiche o scientificamente errate, non già in semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e il valore diverso allo stesso attribuito dalla parte".

Più in particolare questa Corte ha chiarito che "il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale traducendosi, quindi, in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (Cass. 29 aprile 2009 n. 9988).

Come sopra osservato la ricorrente si limita ad evidenziare un contrasto tra due consulenze, ritenendo, senza fornire alcun elemento di valutazione circa la riferita devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, corretta la prima ed erronea la seconda.

Sotto tale profilo deve inoltre evidenziarsi che non risultano utili allo scopo la mera spillatura al ricorso di certificati ed estratti di trattati di medicina (cfr. Cass. sez. un. 17 luglio 2009 n. 16628).

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 149 disp. att. c.p.c., laddove prevede che il giudice debba tener conto anche degli aggravamenti delle patologie verificatisi in corso di causa. Argomentava circa l’applicabilità della citata norma anche alle prestazioni erogate dall’I.N.A.I.L..

Il motivo è infondato, nulla deducendo la ricorrente circa il successivo lamentato aggravamento della patologia nel corso del giudizio, limitandosi ad invocare principi astratti senza alcun riferimento al caso di specie.

Il ricorso va pertanto rigettato. Non essendo applicabile, ratione temporis, il D.L. n. 269 del 2003, art. 42, nulla deve disporsi quanto alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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