Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 13-10-2011, n. 37000 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) In data 8.11.2010 E.H.M. proponeva, alla luce della sentenza pronunciata dalla Corte europea di giustizia l’8.11.2007 (in proc. Schwibbert), istanza di revoca di tre sentenze emesse nei suoi confronti per il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d).

Con ordinanza in data 16.12.2010 il Tribunale di Gela, in composizione monocratica, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza, assumendo che la condanna era intervenuta sostanzialmente per la diversa fattispecie di cui all’art. 171 ter, lett. c), essendo stata la mancanza del contrassegno SIAE ritenuta quale elemento sintomatico della illecita duplicazione, nonchè per il reato di ricettazione.

2) Propone ricorso per cassazione E.H.M., a mezzo del difensore, denunciando la inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, nonchè la carenza di motivazione.

Erroneamente il Tribunale ha ritenuto che la condanna sia intervenuta per il reato di cui all’art. 171 ter, lett. c); la contestazione faceva, infatti, riferimento all’art. 171 ter, lett. d) ed in ordine ad essa era stata pronunciata la sentenza di condanna. Ha omesso, inoltre, di pronunciarsi in ordine alla richiesta di revoca anche delle condanne per ricettazione (reato per il quale era reato presupposto quello abrogato). Il giudice dell’esecuzione, poi, ha ritenuto che in sede esecutiva non potesse essere data una qualificazione giuridica diversa da quella risultante dalla sentenza, senza tener conto però che con l’istanza non si chiedeva di dare una qualificazione giuridica diversa ma di applicare la sentenza Schibbert.

3) Il ricorso è infondato.

3.1) Non c’è dubbio che il GE non possa dare al fatto una qualificazione giuridica differente da quella effettuata dal giudice della cognizione (Cass. sez. 1 ord. n. 27300/05).

Il giudice richiesto in sede di esecuzione, ai sensi dell’art. 673 c.p.p., della revoca di una sentenza di condanna deve, però, "interpretare il giudicato e renderne esplicito il contenuto e i limiti desumendo dalla decisione irrevocabile tutti quegli elementi, anche non chiaramente espressi, necessari all’applicazione o al diniego della disciplina dettata dal citato art. 673 c.p.p." (cfr.

Cass. pen. sez. 6, 18.2.2003 n. 8030).

3.2) Tanto premesso, rileva il Collegio che, correttamente, il G.E. ha ritenuto che non possa trovare applicazione la sentenza della Corte di Giustizia europea (emessa in data 8.11.2007 nel procedimento C-20/05, Schwibbert) che ha incluso la normativa che prevede l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE sui supporti, contenenti opere sottoposte al diritto d’autore, tra le "regole tecniche", in ordine alle quali è previsto l’obbligo di comunicazione alla Commissione europea per consentirle di verificarne la compatibilità con il principio comunitario di libera circolazione delle merci. La Corte ha stabilito che tali regole tecniche non possono produrre effetti nei confronti dei privati e vanno disapplicate dal giudice interno qualora non siano state notificate alla Commissione delle Comunità Europee.

Questa Corte ha, con varie pronunce, rilevato che "tra le fattispecie penali in cui il contrassegno è previsto come elemento negativo rientra quella di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d) (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248) che appunto punisce chiunque detiene per la vendita supporti musicali, o audiovisivi, cinematografici etc. privi del contrassegno SIAE. Tra tali fattispecie non rientra invece quella di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. c) (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248), appunto perchè non prevede come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno in parola, ma punisce soltanto chiunque detiene a fini commerciali supporti illecitamente duplicati o riprodotti, pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione. In quest’ultimo caso, insomma, la mancanza del contrassegno può essere semmai valutata come mero indizio della illecita duplicazione o riproduzione, ma non assurge al ruolo costitutivo della condotta" (cfr. Cass. pen. sez. 3 sent. N. 334 del 12.2.2008, ric. Valentino).

3.2.1) Ha rilevato il GE che le pronunce di condanna non hanno ritenuto a carico del ricorrente, come fonte di responsabilità, l’autonoma condotta della mancanza del timbro SIAE, ma hanno fatto derivare da tale mancanza una circostanza indiziante in ordine all’avvenuta illecita riproduzione.

Tanto emerge chiaramente dalle sentenze impugnata, che in motivazione fanno espresso riferimento alla duplicazione illecita del materiale (l’accertamento sul punto, in mancanza di impugnazione, è divenuto irrevocabile).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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