Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 13-10-2011, n. 36997 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, quale giudice dell’esecuzione, con sentenza del 10 gennaio del 2007, pronunciata sull’accordo delle parti, disponeva tra l’altro la demolizione delle opere realizzate in Ischia il 2 novembre del 2004. Divenuta irrevocabile la sentenza, il Procuratore della Repubblica ha ingiunto la demolizione.

Gli interessati hanno proposto incidente di esecuzione al fine di ottenere la revoca (in via principale) ovvero la sospensione (in via subordinata), dell’ordine di demolizione lamentando la mancata considerazione, da parte del Pubblico Ministero che aveva ingiunto la demolizione, della pendenza di istanze di condono, presentate sia a norma della L. n. 47 del 1985, artt. 31 e 32.

Il tribunale sospendeva l’esecuzione. Ricorreva per cassazione il pubblico ministero e questa Corte con ordinanza del 3 dicembre del 2008 dichiarava inammissibile l’impugnazione.

Il tribunale, adito nuovamente, con ordinanza del 9 agosto del 2010, revocava la precedente sospensione dell’ordine di demolizione e rigettava l’istanza avanzata da I.G. e C. G.. A fondamento della decisione osservava che trattatasi di opera non condonabile (nuova costruzione in zona paesaggistica) peraltro ultimata oltre il termine del 31 marzo del 2003 Pertanto era inutile sospendere il processo esecutivo.

Ricorrono per cassazione gli imputati sulla base di due motivi.

Con il primo deducono la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 38 e del D.L. n. 269 del 2003, art. 32 convertito nella L. n. 326 del 2003 per avere il tribunale omesso di considerare che il pagamento dell’oblazione ritenuta congrua, decorsi 36 mesi dal versamento, determina la revoca dell’ordine di demolizione secondo quanto previsto dalla L. n. 47 del 1985, art. 39 Sostengono che il fatto che un illecito edilizio sia stato realizzato in zona sottoposta a vincolo di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 32 non è di per sè ostativo alla sanatoria prevista dalla L. n. 326 del 2003, art. 32, anche se l’intervento sia riconducibile alle categorie di cui ai nn. 1, 2, 3 della legge anzidetta.

Con il secondo motivo deducono l’illegittimità dell’ingiunzione a demolire del pubblico ministero perchè la competenza spettava all’Ufficio Tecnico della Regione Campania trattandosi d’intervento realizzato in zona sismica ed emesso a norma della L. n. 64 del 1974, art. 24, ora art. 100 del testo unico sull’edilizia.

Motivi della decisione

Il ricorso va respinto perchè infondato.

Con riferimento al primo motivo si osserva che, secondo l’orientamento costante di questa Corte (cfr. tra le molte, sez. terza, sentenza n. 24665 del 15/04/2009), il pagamento completo e nei termini della somma versata a titolo di oblazione per la definizione dell’illecito edilizio non determina, ove sia intervenuta sentenza di condanna irrevocabile, nè l’estinzione del reato nè l’automatica caducazione dell’ordine di demolizione.

In materia di sanatoria edilizia, infatti, il legislatore non ha compreso l’estinzione della pena e la cessazione della sua esecuzione fra le conseguenze derivanti dall’oblazione intervenuta dopo il giudicato di condanna, in quanto preciso intendimento legislativo è stato quello di limitare l’efficacia estintiva del condono edilizio fino alle sentenza definitiva.

L’oblazione in funzione della domanda di condono non può, perciò, degradare da causa speciale di estinzione del reato a causa estintiva della pena o della sua esecuzione, se corrisposta dopo il giudicato irrevocabile; in tale ipotesi, infatti, l’avvenuta sanatoria comporta la cessazione solo di alcuni degli effetti penali della condanna, essendosi esclusa la sua computabilità ai fini della recidiva e la valutabilità della stessa come precedente ostativo alla concessione della sospensione condizionale della pena, come risulta dalla L. n. 47 del 1985, art. 38, comma 3. Pertanto la determinazione da parte dell’amministrazione comunale di congruità dell’oblazione versata non è idonea a determinare la revoca o la sospensione dell’esecuzione dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna, in quanto soltanto a seguito del rilascio del permesso sorge in capo al giudice dell’esecuzione l’obbligo di verifica della legittimità dello stesso e della compatibilità del manufatto con gli strumenti urbanistici (Sez. terza, Sentenza n. 3988 del 03/12/2003 Rv. 227555);

Secondo quest’ultimo orientamento la sospensione può essere disposta solo allorquando sia ragionevolmente e concretamente prevedibile che in un breve lasso di tempo l’autorità amministrativa o quella giurisdizionale adottino un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con l’ordine di esecuzione (Sez. 3 n. 11051 del 30/1/2003, Rv. 224347).

Nella fattispecie il tribunale ha ritenuto inutile sospendere il procedimento trattandosi di opera non condonabile: di nuova costruzione in zona vincolata peraltro ultimata oltre il termine prescritto per l’applicabilità del condono. Invero secondo il consolidato orientamento di questa Corte (cfr per tutte Cass. n. 24647 del 2009) le opere realizzate in area vincolata sono insuscettibili di condono edilizio nel caso in cui l’area sia sottoposta a vincolo di inedificabilità, tanto assoluta quanto relativa. Siffatta interpretazione risulta sia pure implicitamente avallata dalla Corte Costituzionale (cfr. Corte cost. n. 54 del 2009 e n. 150 del 2009 nonchè Sentenza n 290 del 2009). Nella decisione da ultimo citata la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la L.R. Marche n. 11 del 2008, art. unico, il quale, tramite un’asserita interpretazione autentica della L.R. n. 23 del 2004, art. 2, comma 1, lett. a), aveva stabilito che i vincoli previsti dal D.L. n. 269 del 2003, art. 32, comma 27, lett. d) convertito nella L. n. 326 del 2003 impedivano il condono solo se comportavano inedificabiltà assoluta Nella fattispecie nonostante siano trascorsi moltissimi anni dall’ultimazione del manufatto, non è stata ancora concessa la sanatoria.

Per quanto concerne il secondo motivo si osserva che i ricorrenti non sono stati condannati soltanto per la violazione delle disposizioni antisismiche, ma anche per abuso edilizio. Di conseguenza l’ordine di demolizione impartito dall’autorità giudiziaria per abuso edilizio va eseguito dal pubblico ministero presso l’autorità giudiziaria che ha disposto la demolizione e, riguardando l’intero manufatto, assorbe le irregolarità relative alla violazione delle disposizioni antisismiche. D’altra parte i condannati non hanno dedotto nè tanto meno dimostrato di avere un particolare interesse, meritevole di tutela, ad attribuire la competenza a disporre la demolizione all’autorità amministrativa anzichè a quella giudiziaria.

P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p.;

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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