Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-03-2012, n. 4705 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Bologna I.G., premesso di essere titolare dell’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992 chiedeva la condanna del Ministero della Salute, della Regione Emilia Romagna e dell’Azienda USL di Bologna al pagamento della somma conseguentemente maturata a titolo di rivalutazione annuale dell’indennizzo nella parte relativa all’indennità integrativa speciale.

Tutte le parti convenute si costituivano eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, la prescrizione quinquennale del vantato credito e chiedendo, comunque, il rigetto della domanda.

Con sentenza n. 284/2007 il Tribunale di Bologna dichiarava parzialmente prescritto il diritto dell’ I. e condannava il Ministero della Salute al pagamento della somma maturata a titolo di rivalutazione annuale dell’indennizzo nella parte relativa all’indennità integrativa speciale oltre ulteriori interessi legali maturati da tale data al saldo.

Avverso detta decisione proponevano appello il Ministero della Salute e l’ I..

Riuniti i due appelli, con sentenza del 3 marzo-12 ottobre 2009, la Corte d’Appello di Bologna rigettava il gravame del Ministero della Salute mentre accoglieva quello proposto dall’ I..

A sostegno della decisione osservava che la normativa di riferimento portela a ritenere l’indennità integrativa speciale, in quanto facente parte dell’indennizzo, andava rivalutata al pari di questo, anche alla luce di una interpretazione conforme ai principi costituzionali e secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre il Ministero della Salute con un unico motivo.

Resiste l’ I. con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

La Regione Emilia Romagna non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso, il Ministero, denunciando violazione di legge in relazione alla L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 2, commi 1 e 2, come sostituito dalla L. 20 dicembre 1996, n. 641 e successivamente modificato dalla L. 25 luglio 1997, n. 238 ( art. 360 c.p.c., n. 3), censura la decisione della Corte d’appello che ha ritenuto rivalutabile la somma corrispondente alla indennità integrativa speciale.

Il motivo non può trovare accoglimento, alla luce della recente sentenza della Corte Cost. n. 293/2011, sulla base delle considerazioni, che seguono. Giova rammentare che la L. n. 210 del 1992, modificata dalla L. n. 238 del 1997, stabilisce che Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge (art. 1, comma 1). Il medesimo art. 1, comma 3, dispone che I benefici di cui alla presente legge spettano altresì a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali. La citata L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1, (e successive modificazioni) aggiunge che l’indennizzo de quo consiste in un assegno, reversibile per quindici anni, determinato nella misura di cui alla tabella B allegata alla L. 29 aprile 1976, n. 177, come modificata dalla L. 2 maggio 1984, n. 111, art. 8. L’indennizzo è cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito ed è rivalutato annualmente sulla base del tasso d’inflazione programmato.

L’art. 2, comma 2 (primo periodo), della medesima legge prevede che l’indennizzo in questione sia integrato da una somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale, di cui alla L. 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti economici al personale statale in attività ed in quiescenza), e successive modificazioni, contemplata per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato.

La rivalutazione su base annua, secondo il tasso d’inflazione programmato, dell’assegno disciplinato dalla L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1, non era prevista dal testo iniziale di detta disposizione. Essa fu introdotta con la L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 1. Nulla, invece, fu disposto al riguardo per la seconda componente dell’indennizzo, cioè per la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale, ancorchè questa avesse per l’appunto funzione integrativa dell’indennizzo medesimo.

Sulla possibilità di rivalutare o meno la detta somma la giurisprudenza di legittimità si è espressa in modo contrastante (in senso favorevole alla rivalutazione, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze del 27 agosto 2007, n. 18109 e del 28 luglio 2005, n. 15894, secondo cui l’importo bimestrale corrisposto agli aventi diritto all’indennizzo deve essere rivalutato secondo il tasso d’inflazione annualmente programmato, sia con riferimento all’assegno di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1, sia con riferimento alla somma prevista dall’art. 2, comma 2, della medesima legge; in senso contrario, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza del 19 ottobre 2009, n. 22112 e 13 ottobre 2009, n. 21703, secondo le quali la possibilità di rivalutare la somma de qua sarebbe esclusa sia dal dato testuale, sia dal rilievo che l’indennità integrativa speciale avrebbe proprio la funzione di attenuare o impedire gli effetti della svalutazione monetaria, onde sarebbe ragionevole che ne sia esclusa la rivalutabilità).

La giurisprudenza di merito ha in prevalenza seguito il primo orientamento. In questo quadro, è intervenuta la normativa, costituita dal D.L. n. 78 del 2010, art. 11, commi 13 e 14, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010. In particolare, il citato art. 11, comma 13, ha disposto che La L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 2, comma 2 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d’inflazione. Il successivo comma 14 ha stabilito che Fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato, per i periodi da esse definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l’efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Orbene, la Consulta, con la richiamata pronuncia ha ritenuto tale disciplina non conforme al parametro dettato dall’art. 3 Cost., comma 1 in quanto risulta in violazione del principio di uguaglianza.

La Corte delle leggi ha, infatti, con articolata motivazione, ritenuto priva di giustificazione e, per ciò stesso, fonte di una irragionevole disparità di trattamento in contrasto con l’art. 3 Cost., comma 1, la situazione venutasi a creare, a seguito della normativa richiamata, per le persone affette da epatite post- trasfusionale rispetto a quella dei soggetti portatori della sindrome da talidomide, per le quali, sulla base della normativa applicabile, l’intero importo dell’indennizzo, ivi quindi compresa l’indennità integrativa speciale, è soggetto a rivalutazione in base alle variazioni degli indici Istat-, attesa la identità di ratio posta a base del beneficio concesso ad entrambe le categorie di danneggiati.

Conclusivamente, alla stregua delle esposte considerazioni, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 78 del 2010, art. 11, comma 13 e 14, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010, nella parte in cui prevede che la L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 2, comma 2 si interpreta nel senso che la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale, destinato ad integrare l’indennizzo spettante ai soggetti danneggiati da trasfusioni ed emoderivati, non è rivalutata secondo il tasso d’inflazione.

Per quanto precede, il ricorso va rigettato alla stregua anche di quanto enunciato dai giudici di legittimità (Cass. 27 dicembre 2011, n. 29080).

Il recente intervento della Consulta induce a compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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