Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 13-10-2011, n. 36995 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

IL Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, con ordinanza del 7/7/2010, ha rigettato la istanza di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza, emessa nei confronti di T.N. da Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia in data 20/3/06, irrevocabile, il 23/4/06.

Propone ricorso per cassazione il T. a mezzo del proprio difensore, con i seguenti motivi:

– violazione della L. n. 64 del 1974, artt. 23 e 24 e del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 98 e 102, nonchè degli artt. 648 e 650 c.p.p., visto che il giudice di merito ha ritenuto di propria competenza la esecuzione di una sentenza penale che prevede la demolizione anche laddove risultano violate le norma sismiche;

– ha errato il giudice della esecuzione nel non considerare che il manufatto in questione era stato ultimato in data antecedente al 31/3/03 e che per lo stesso era stata presentata domanda di condono, con versamento delle somme per l’oblazione;

– il decidente ha altresì errato nell’anteporre alla vantazione della P.A. competente, non ancora effettuata, un giudizio di inammissibilità della istanza di condono, espressione del potere amministrativo.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti requisitoria scritta nella quale conclude per la inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale. adottata dal decidente, si palesa del tutto logica e corretta.

Preliminarmente si osserva che il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, u.c. attribuisce al giudice penale che pronunzi condanna per la esecuzione di opere edilizie in assenza di permesso di costruire, ovvero in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto il titolo abilitativo rilasciato, il potere-dovere di ordinare la demolizione delle opere stesse, se ancora non sia stata altrimenti eseguita.

Detto ordine costituisce atto dovuto e non si pone in rapporto alternativo con l’ordine di demolizione eventualmente già impartito dalla P.A. poichè, anzi, è finalizzato proprio a rafforzare tale provvedimento, e il giudice non deve accertare previamente che il Comune non abbia provveduto a quanto di sua spettanza, cioè non abbia nè deliberato il mantenimento dell’opera, perchè utile a soddisfare prevalenti interessi pubblici, nè curato l’abbattimento della stessa, essendo sufficiente che, agli atti manchi la prova di un fatto o di un provvedimento amministrativo che renda inutile, in concreto, la emissione dell’ordine.

Il coordinamento con l’azione amministrativa potrà avvenire nella fase dell’esecuzione, ove potrà verificarsi se l’opera abusiva sia stata già demolita, ovvero acquisita al patrimonio comunale.

Il Tribunale ha evidenziato che il manufatto in questione, ricadendo nel Comune di Torio. completamente assoggettato a vincolo paesaggistico, come tutto il territorio dell’isola d’Ischia, sia stato posto in essere in violazione del vincolo stesso, nè l’abuso può farsi rientrare tra quelli per i quali è consentita la sanatoria, D.L. n. 269 del 2003, ex art. 32.

Sul punto si precisa che non sono suscettibili di sanatoria le nuove costruzioni realizzate in difetto di titolo abilitativo edilizio, in area assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici, trattandosi di ipotesi esclusa dal condono dal citato art. 32, comma 26, lett. a) (Cass. 13/9/05, Maggiore).

Nella specie trattasi di opere di nuova costruzione, edificate in zona vincolata, non costituenti restauro o risanamento conservativo, nè manutenzione straordinaria, che hanno comportato un evidente incremento volumetrico, per cui la domanda di condono presentata, in relazione alla tipologia degli abusi posti in essere, appare radicalmente insuscettibile di trovare legittimo accoglimento e, quindi, inidonea a determinare alcuna revoca o sospensione della esecuzione dell’ordine di demolizione.

Il giudice della esecuzione ha, inoltre, rilevato che le opere in questione sono state accertate, in corso di esecuzione, fino al 15/12/04, in un periodo di tempo che pone seriamente in dubbio la astratta possibilità del vaglio di condonabilità delle stesse.

Quanto al contestato potere in capo al giudice di valutare la ammissibilità della istanza di condono, rilevasi che la sospensione della esecuzione dell’ordine di demolizione, impartito con sentenza di condanna, L. n. 47 del 1985, ex art. 7, in attesa della definizione della procedura relativa al rilascio di un provvedimento di sanatoria, può essere disposta solo allorchè sia ragionevolmente e concretamente prevedibile che in un breve lasso di tempo la autorità amministrativa o quella giurisdizionale adottino un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con l’ordine di esecuzione (Cass. 27/6/05, Gentile), circostanza nella specie non ravvisata.

A giusta ragione, di poi, il decidente ha ritenuto non condivisibile la tesi difensiva, secondo la quale la presenza di un ordine D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 98 avrebbe un effetto paralizzante della attività esecutiva, impedendo al p.m. di procedere in executivis, rilevando che la violazione della normativa antisismica non può avere un effetto ostativo sull’ordine di demolizione, determinato dalla più grave violazione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44: trattasi di due distinti poteri esecutivi, solo potenzialmente concorrenti, nel caso di ordini giudiziali promananti da condanne per entrambe le contravvenzioni in questione, non esclusivi, nè gerarchicamente ordinati.

Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il T. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000.00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *